Poliziotti finiti sotto inchiesta: cinque chiedono il trasferimento 

Lo spostamento temporaneo in altre sedi si rende necessario per recuperare un clima di serenità  E il sindacato Silp Cgil parla di «un clima accusatorio e persecutorio nei confronti degli undici indagati»

PRATOLA PELIGNA. Hanno richiesto il trasferimento in altre sedi e uffici, cinque degli undici agenti della polizia stradale della sottosezione di Pratola Peligna, raggiunti dagli avvisi di garanzia in merito ai proiettili in busta destinati all’ex comandante Luciano Bernardi e al suo braccio destro, Attilio Di Loreto. I poliziotti, almeno alcuni di loro, hanno chiesto di essere spostati temporaneamente in altri uffici per recuperare un clima di serenità, visto che l’inchiesta madre dello scorso giugno, quella sui “furbetti del sonnellino”, è stata portata avanti con indagini condotte proprio dagli agenti che lavorano fianco a fianco agli indagati, prima sospesi e poi riammessi dal Riesame, come ricorda il Silp Cgil della provincia dell’Aquila che parla di «clima accusatorio e persecutorio. Al fine di evitare strumentalizzazioni e false ricostruzioni», spiega il sindacato, «tale scelta (la richiesta di trasferimento) risulta volontaria, sottolineiamo quindi la lucidità e il buon senso dei poliziotti interessati che, per continuare a svolgere il proprio lavoro al servizio della comunità in maniera più serena, rinunciano al consolidato status professionale e familiare nel rispetto del supremo interesse collettivo».
Per quanto riguarda l’inchiesta, coordinata dal pm Stefano Iafolla, le indagini erano state chiuse prima di Pasqua per Paolo Di Loreto, Alessio Imperatore, Gianni Ranieri, Angelo Tarola, Alfonso Bartoli, il sindaco di Rocca Pia Pasquale Bararducci, Beniamino Del Rosso, Luca Madonna, Franco Perna, Dino Petrella e Vincenzo Fiorentino. Tutti accusati, a vario titolo, di truffa e falso ai danni dello Stato, peculato, furto, omissione di soccorso e di atti d’ufficio. Da ieri, quanti ne hanno fatto richiesta, stanno riascoltando le intercettazioni telefoniche nella stanza messa a disposizione dalla Procura in tribunale. Quanto ai proiettili nelle buste, in uso esclusivo alle forze dell’ordine, due poliziotti, Vincenzo Fiorentino e Pasquale Berarducci, hanno impugnato il decreto di perquisizione della Procura al gip, chiedendone l’annullamento. Secondo l’accusa gli undici sarebbero i responsabili dell’atto intimidatorio, volto ad impedire la futura testimonianza nel processo di Bernardi e Di Loreto.
Di tutt’altro avviso i difensori degli indagati, secondo i quali non ricorrono i presupposti «per l’esercizio dei poteri di perquisizione in ordine anche e soprattutto alla stessa attendibilità della notizia di reato».
La Procura aveva ordinato al commissariato di cercare proiettili, buste gialle e normografo, usato per la scritta “questo basta”, tra uffici, veicoli ed abitazione degli undici. Le perquisizioni hanno dato esito negativo e la decisione della Procura è stata impugnata da due agenti della stradale. Resta il “giallo” della consegna dal momento che i proiettili sarebbero arrivati per posta. Le buste non avevano né francobollo né il timbro dell’ufficio postale.
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