Castrum, la Cassazione annulla: tutto prescritto, niente condanne 

Reato di corruzione riqualificato per l’ex dirigente Mastropietro, il marito e gli imprenditori Scarafoni Il fatto non sussiste per il falso, eliminati tutti i provvedimenti di confisca mantenuti dall’appello 

TERAMO. Non ci fu corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio: così la Cassazione spazza via l’impianto accusatorio di una delle inchieste giudiziarie più complesse mai portate avanti nel Teramano e di Castrum non resta nessuna condanna causa prescrizione.
Perché la Suprema Corte, nell’annullare la sentenza d’appello senza rinvio, riqualifica il reato cardine della maxi inchiesta in corruzione per un atto d’ufficio, la cosiddetta corruzione impropria (pene previste da sei mesi a tre anni), e dichiara il reato estinto per intervenuta prescrizione per l’ex dirigente (ora sospesa) del Comune di Giulianova Maria Angela Mastropietro, il marito, l’imprenditore Stefano Di Filippo, i due fratelli imprenditori Massimiliano e Andrea Scarafoni. Un pronunciamento, quello dei giudici della sesta sezione, che spazza via la sentenza d’appello che nel 2023, con i tempi lunghi della giustizia, dopo tre anni aveva parzialmente riformato quella di primo grado riducendo da cinque a quattro anni e due mesi le condanne per i quattro.
La Procura (inchiesta all’epoca portata avanti dai pm Luca Sciarretta, ora a Pescara, e Andrea De Feis, ora a Bologna) aveva individuato nella Mastropietro, al momento dei fatti contestati dirigente del settore urbanistica del Comune di Giulianova, il dominus di un presunto sistema di appalti e mazzette, pronta a favorire privati nella sua veste di dirigente – ha sempre sostenuto l’accusa – in cambio di consulenze o lavori all’impresa edile Rima del marito Stefano Di Filippo. Fatti che, secondo la ricostruzione della Procura, sarebbero avvenuti tra il 2013 e il 2016. A loro avevano contestato il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (articolo 319 del codice penale). Ipotesi che era stata confermata in Appello con i giudici di secondo grado che in un passaggio delle motivazioni avevano scritto: «Le utilità offerte dai fratelli Scarafoni non sono state rifiutate dai coniugi Di Filippo-Mastropietro, ma sono state accettate e, quindi, tale comportamento concludente ha reso visibile l’accordo corruttivo raggiunto i cui termini non sono incerti ma sin troppo chiari».
Di diverso avviso la Cassazione che così scrive nel dispositivo di sentenza: «Riqualificato il fatto ai sensi dell’articolo 318 codice penale (corruzione per un atto d’ufficio ndr), annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili». Va ricordato che il processo di secondo grado, pur avendo confermato in linea generale l’impianto accusatorio, nel particolare aveva abbattuto due colonne portanti della Pubblica accusa: l’appalto per la messa in sicurezza dei lavori all’ex ospedaletto di corso Porta Romana a Teramo e la lottizzazione del Lido delle Palme a Giulianova. La Cassazione, inoltre, ha annullato la condanna per truffa ai fratelli Scarafoni per intervenuta prescrizione e ha annullato perché il fatto non sussiste la condanna per una ipotesi di falso in relazione a una dichiarazione di piccoli lavori di ristrutturazione edilizia (nello specifico tramezzi) Mastropietro, il marito Di Filippo e il geometra Guerino Di Saverio che per questo in primo e secondo grado era stato condannato a 8 mesi dopo essere stato ritenuto estraneo, dal primo grado, ad ogni ipotesi di corruzione e di concussione. La Cassazione, inoltre, ha annullato anche ogni confisca.
Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Guglielmo Marconi, Alfredo Gaito, Maurizio Giannone (per Mastropietro), Stefano Cappellu (per Di Filippo), Gianfranco Jadecola (per i fratelli Scarafoni), Cataldo Mariano (per Di Saverio). Le motivazioni tra novanta giorni.
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