«Quattro giorni contro le paure»
Intervista alla presidente Chiavacci. Da oggi 530 delegati a Pescara discutono di solidarietà, diritti e migranti
PESCARA . Contesta la «narrazione falsa e strumentale del fenomeno dell’immigrazione e dell’accoglienza come business», e giudica «preoccupanti» le parole contenute nel programma del nuovo Governo a guida Giuseppe Conte, al punto da annunciare che «nei prossimi mesi ci aspettano battaglie da fare e tanto lavoro».
Francesca Chiavacci, classe 1961, presidente nazionale dell’Arci da giugno 2014, interverrà oggi in apertura del XVII congresso nazionale, in programma fino a domenica negli spazi dell’Aurum di Pescara. Il tema scelto per l’appuntamento che chiamerà a raccolta 530 delegati provenienti da tutta Italia è “Agire contro le paure per liberarsene”.
Presidente, perché questo titolo?
«Abbiamo analizzato la nostra società come attraversata da paure su cui qualcuno sta soffiando per agitarle. La prima è quella di chi è diverso da noi, i migranti, ma anche la paura della libertà delle donne. Certamente la crisi economica e sociale ha reso le persone più diffidenti. Chi ha paura è sospettoso, chiuso. Il passo successivo è l’odio. La dimostrazione di tutto questo sta nell’aumento della produzione di armi nel mondo, anche nel nostro Paese, a scopo di difesa personale. Noi vogliamo che si affermi una cultura della solidarietà, che si comprendano le vere cause della crisi e si comprendano culture diverse dalla nostra».
Quali sono stati i punti di forza di questi quattro anni alla guida dell'Arci?
«L’Arci è riuscita, anche in una situazione di frammentazione delle forze progressiste, e di fronte alla crescita di movimenti culturali xenofobi e razzisti, a svolgere il proprio lavoro quotidiano fatto di azioni di solidarietà, di diffusione della cultura, di difesa dei diritti dei più deboli. Forse il nostro punto di forza più importante sta proprio nell’aver sempre fatto corrispondere buone pratiche sociali ai valori che ci contraddistinguono: dall’accoglienza alla socialità, dall’integrazione alla produzione culturale, alla difesa dell’accesso alla cultura per tutti».
Su che cosa invece bisogna continuare a lavorare?
«Di fronte alla crescita delle diseguaglianze e alla diminuzione di sentimenti solidali, occorre riprendere con forza il tema del mutualismo, della diffusione dell’idea attraverso la solidarietà e non nella contrapposizione tra gli ultimi. Bisogna riuscire a rendere le persone più consapevoli e libere, cancellando quella distorsione che nasce dalla narrazione falsa e strumentale che si fa dell’immigrazione, descritta come un’invasione. Sono falsità, così come la descrizione dell’accoglienza come business. È per questo che riteniamo preoccupanti le parole contenute nel programma del nuovo Governo».
Quali esigenze sono emerse dal dibattito sui territori?
«Dopo i risultati elettorali del 4 marzo, che hanno purtroppo certificato la vittoria culturale, prima ancora che politica, dei populismi e di coloro che non hanno una visione solidale, nei territori ci si interroga su come rilanciare un progetto politico nazionale. Bisogna stabilire delle priorità di lavoro attraverso un piano nazionale per lo sviluppo associativo».
Che ruolo ha l'Arci in questo processo?
«Nei prossimi anni arriverà a compimento l’attuazione della riforma del terzo settore, che vedrà impegnata anche la nostra associazione come rete nazionale accreditata, impegnata nella tutela e nella cura del lavoro dei nostri circoli e comitati. Da questo congresso vorremmo uscisse un cambio di passo dell’Arci, proposte di cambiamenti e innovazioni senza perdere però la nostra principale funzione: riallacciare legami di comunità e produrre relazioni sane».
Perché è stata scelta Pescara per il 17° congresso nazionale?
«Abbiamo scelto di stare lontano dalle città considerate “del potere” e di valorizzare quella parte del Paese che non è meno importante, anzi. Abbiamo inoltre trovato una grande disponibilità, oltre che dalle istituzioni, da parte di Arci Pescara, che è per noi luogo di eccellenze visto che si tratta di un comitato in crescita, sia in termini di sviluppo associativo che in termini di progettazione. E siamo molto contenti della bella ospitalità che abbiamo trovato».
Francesca Chiavacci, classe 1961, presidente nazionale dell’Arci da giugno 2014, interverrà oggi in apertura del XVII congresso nazionale, in programma fino a domenica negli spazi dell’Aurum di Pescara. Il tema scelto per l’appuntamento che chiamerà a raccolta 530 delegati provenienti da tutta Italia è “Agire contro le paure per liberarsene”.
Presidente, perché questo titolo?
«Abbiamo analizzato la nostra società come attraversata da paure su cui qualcuno sta soffiando per agitarle. La prima è quella di chi è diverso da noi, i migranti, ma anche la paura della libertà delle donne. Certamente la crisi economica e sociale ha reso le persone più diffidenti. Chi ha paura è sospettoso, chiuso. Il passo successivo è l’odio. La dimostrazione di tutto questo sta nell’aumento della produzione di armi nel mondo, anche nel nostro Paese, a scopo di difesa personale. Noi vogliamo che si affermi una cultura della solidarietà, che si comprendano le vere cause della crisi e si comprendano culture diverse dalla nostra».
Quali sono stati i punti di forza di questi quattro anni alla guida dell'Arci?
«L’Arci è riuscita, anche in una situazione di frammentazione delle forze progressiste, e di fronte alla crescita di movimenti culturali xenofobi e razzisti, a svolgere il proprio lavoro quotidiano fatto di azioni di solidarietà, di diffusione della cultura, di difesa dei diritti dei più deboli. Forse il nostro punto di forza più importante sta proprio nell’aver sempre fatto corrispondere buone pratiche sociali ai valori che ci contraddistinguono: dall’accoglienza alla socialità, dall’integrazione alla produzione culturale, alla difesa dell’accesso alla cultura per tutti».
Su che cosa invece bisogna continuare a lavorare?
«Di fronte alla crescita delle diseguaglianze e alla diminuzione di sentimenti solidali, occorre riprendere con forza il tema del mutualismo, della diffusione dell’idea attraverso la solidarietà e non nella contrapposizione tra gli ultimi. Bisogna riuscire a rendere le persone più consapevoli e libere, cancellando quella distorsione che nasce dalla narrazione falsa e strumentale che si fa dell’immigrazione, descritta come un’invasione. Sono falsità, così come la descrizione dell’accoglienza come business. È per questo che riteniamo preoccupanti le parole contenute nel programma del nuovo Governo».
Quali esigenze sono emerse dal dibattito sui territori?
«Dopo i risultati elettorali del 4 marzo, che hanno purtroppo certificato la vittoria culturale, prima ancora che politica, dei populismi e di coloro che non hanno una visione solidale, nei territori ci si interroga su come rilanciare un progetto politico nazionale. Bisogna stabilire delle priorità di lavoro attraverso un piano nazionale per lo sviluppo associativo».
Che ruolo ha l'Arci in questo processo?
«Nei prossimi anni arriverà a compimento l’attuazione della riforma del terzo settore, che vedrà impegnata anche la nostra associazione come rete nazionale accreditata, impegnata nella tutela e nella cura del lavoro dei nostri circoli e comitati. Da questo congresso vorremmo uscisse un cambio di passo dell’Arci, proposte di cambiamenti e innovazioni senza perdere però la nostra principale funzione: riallacciare legami di comunità e produrre relazioni sane».
Perché è stata scelta Pescara per il 17° congresso nazionale?
«Abbiamo scelto di stare lontano dalle città considerate “del potere” e di valorizzare quella parte del Paese che non è meno importante, anzi. Abbiamo inoltre trovato una grande disponibilità, oltre che dalle istituzioni, da parte di Arci Pescara, che è per noi luogo di eccellenze visto che si tratta di un comitato in crescita, sia in termini di sviluppo associativo che in termini di progettazione. E siamo molto contenti della bella ospitalità che abbiamo trovato».