Borrello, il borgo al femminile Su 25 partite Iva, 9 sono di donne

13 Ottobre 2017

Dagli alimentari alla macelleria, dalla farmacia ai tartufi: la scommessa delle artigiane-imprenditrici «Qui c’è tanto senso di solidarietà tra noi: assicuriamo servizi che in un piccolo centro mancano»

BORRELLO. Antonia, Luciana e Vincenzina, Patrizia, Enza, Angela e Antonietta e Silvana e Vittoria: donne borrellane con esperienze diverse ma un unico coraggio: essere imprenditrici. La notizia, a ben leggerla c’è perché a Borrello, paese con 343 abitanti, conosciuto per le cascate del Rio Verde e per il tartufo bianco e nero, su 25 partite Iva 9 sono al femminile e non solo come prestanome. Ci credono le donne di Borrello e scommettono su questo loro paese mettendoci, come si dice, la faccia, il capitale e l’esperienza. La più anziana imprenditrice è Antonia Poccia, titolare di un alimentari-emporio, la più giovane Luciana Marcovecchio responsabile di una macelleria di carni nostrane. Ci sono poi Vittoria Mosca titolare della Rio Verde Tartufi, uno dei primi laboratori di trasformazione di tartufi abruzzese, attività aperta dalla madre e continuata da lei; Vincenzina Annecchini titolare della trattoria “Lo Shangrilà da Vincenzina” conosciuta per la valorizzazione di piatti della tradizione e presente sulla guida dei ristoranti del Gambero Rosso. Ci sono ancora, Enza Di Fiore che ha una tabaccheria-edicola; Patrizia Cortella, titolare della farmacia Cortella; Angela Palmieri, azienda agricola boschiva; Antonietta Di Giovanni, dell’omonimo alimentari; Silvana Palmieri, bar di “Zi Artur”. Donna è il medico curante, Floriana Massaro, donne sono le operatrici, per la maggior parte borrellane, della casa di riposo Sant’Antonio.
Una piccola realtà che dimostra il grande potere imprenditoriale femminile; il successo è la condivisione di un progetto comune: la vitalità del paese. Non è un caso che la dichiarazione media dell’Irpef, a Borrello, sia passata da 9.174 euro nel 2001 a 13.799 euro del 2015. «Nel nostro paese bisogna venirci apposta e fare imprenditoria da noi vuol dire crederci per davvero. Qui si crea un legame particolare, ci si aiuta soprattutto tra noi donne», dice Vittoria che aggiunge: «C’è un forte senso di solidarietà che va oltre l’amicizia, si tratta di sopravvivenza, avere in un borgo un negozio o un attività vuol dire assicurare servizi in quelle situazioni di emergenza che non mancano mai». Silvana ha rilevato lo storico bar di Zi’ Artur’, chiuso nel 1996 dopo 50 anni di attività. «Lo gestisco con mia figlia», dice, «è stato un passo importante ma ci abbiamo creduto. Da noi si ride se c’è da ridere e si soffre se c’è da soffrire, è un modo di relazionarsi diverso dalla città». Vincenzina, de "Lo Shangrilà", ha le idee chiare: «Se si fa il proprio dovere con passione e serietà, anche se sei donna e stai in un piccolo paese, i riconoscimenti arrivano». C’è un risveglio nei piccoli paesi, una loro riscoperta, tanto che alcune giovani coppie hanno deciso di mettere su casa. Qui dovrebbero esserci due nascite nei prossimi mesi e per le imprenditrici, oltre all’augurio che tutto vada bene, ce n’è un'altro: “Speriamo che siano femmine!”.
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