«Con la mia Rocìo ci capiamo  anche sulla scena» 

L’attore con la compagna stasera a Pescara  con “Love Letters” «in versione movimentata»

PESCARA . Le lettere d’amore di Andy e Melina sono il primo dei due appuntamenti che arricchiscono il PeFest – inseriti nella nuova sezione intitolata Teatro al D’Annunzio – grazie alla collaborazione tra Ente manifestazioni pescaresi (Emp) e Teatri riuniti d’Abruzzo (Tra).
Stasera alle 21.15 sul palco del D’Annunzio di Pescara Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales interpretano “Love Letters”, lo spettacolo di Albert Ramsdell Gurney che nel 1988, anno in cui fu rappresentato per la prima volta, fu finalista al Premio Pulitzer.
Bova è Andy, la compagna Rocío Muñoz Morales veste i panni di Melina. L’altro appuntamento della mini rassegna è previsto per il 17 agosto, “A ruota libera” con Alessandro Haber, Rocco Papaleo, Sergio Rubini e Giovanni Veronesi.
Arriva dunque un volto noto di piccolo e grande schermo, che interpreta «uno spettacolo che parla di una storia d’amore», spiega lo stesso Raoul Bova, «con tutte le cose belle, le contraddizioni e i dolori di una coppia che si capisce al volo, che si perde nel tempo e si ritrova, si riconosce. Il tutto attraverso un rapporto epistolare dietro il quale c’è un rapporto d’amore vero e proprio: un amore impossibile, forte e lontano, che ognuno di noi ha avuto, ha rincorso ma non ha avuto il coraggio di realizzare».
Bova, come è stato il suo approccio con questo testo?
Mi ha subito affascinato. È un lavoro che è stato rappresentato a Broadway, è stato portato in scena da attori molto importanti e di grande spessore.
Chi conosce già “Love Letters” deve aspettarsi qualche novità?
Solitamente lo spettacolo è stato limitato alla lettura delle lettere: la nostra versione invece è un po’ più movimentata, con una bellissima scenografia e la simulazione di un incontro tra i due protagonisti.
Lei va in scena con la sua compagna: più facile o più difficile lavorare con chi divide la vita quotidiana?
Ci sono tanti vantaggi: a volte è più facile trovare l’intesa con uno sguardo o una battuta, in situazioni particolari è più facile capirsi. Il problema è che non puoi arrabbiarti più di tanto se qualcosa non va (ride, ndc): bisogna essere più clementi del solito quando c’è qualche intoppo.
Com’è stare sul palcoscenico per chi è più abituato a set televisivi o cinematografici?
A me piace fare teatro. Aiuta ad avere tempi e ritmi. Tiene in forma come una palestra. Questo testo poi è fatto di letture che mi piacciono e che mi piacerebbe interpretare anche in un film. E comunque, sul palco o davanti alla cinepresa, sono sempre io: con la stessa dedizione e lo stesso impegno. Come ogni storia che interpreto è un viaggio dentro me stesso e dentro il personaggio. E poi fa anche bene cambiare, altrimenti non sorprendi più né il pubblico né te stesso: è un modo per ricercare entusiasmo.
Da giovanissimo era un promettente nuotatore: come è maturato il passaggio nel mondo dello spettacolo?
Non avevo idea di come sarebbe stato passare dalla vita sportiva a quella lavorativa, che per molti è un passaggio molto difficile. E tra l’altro questa è una riflessione che faccio anche in un film di prossima produzione. È iniziato con un regista che cercava un protagonista per un film sportivo e ha visto in me il personaggio che raccoglieva determinate vicissitudini.
E poi?
Be’, all’inizio è un mestiere sul quale non puoi fare affidamento, magari fai due film e poi ti fermi. A 18 anni devi considerarlo un hobby e portate avanti altre cose: una carriera parallela, gli studi. Quando ho visto che i film diventavano tre, quattro e poi cinque… diciamo che hanno preso il sopravvento.
Aveva un modello particolare?
Di attori ne ammiravo tanti nei quali un po’ mi rivedevo e mi immaginavo, ma il mio sogno non era diventare come uno in particolare. Volevo esprimere me stesso, come se avessi fatto il pittore o lo scrittore: in fondo ogni forma d’arte è una maniera per esprimere se stessi.
Poc’anzi citava un film che sta per girare.
Racconto l’essere campione, le privazioni, la non realizzazione di un sogno sportivo con le esperienze di quattro nuotatori con storie diverse, che hanno dato la vita per lo sport e alla fine si confrontano con se stessi e si rendono conto che oltre lo sport c’è ben altro. Sarà girato in più di un anno e pronto nel 2020.
Le piace l’Abruzzo?
È una regione verso la quale nutro un particolare affetto, ho molti amici qui. Associo l’Abruzzo a gentilezza, generosità, passionalità: gli abruzzesi sono persone eccezionali, tra le più gentili che abbia conosciuto.
Il posto che preferisce da queste parti?
Uno dei miei preferiti è la zona intorno al lago del Salto, al confine col Lazio.
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