Il mondo di Mario Sironi in mostra a Pescara
Al Museo Paparella un’esposizione sul grande artista e i suoi contemporanei, da Carrà a De Chirico a Savinio
Non poteva esserci un'occasione migliore di una prestigiosa mostra per riaprire al pubblico la Fondazione Museo Paparella Treccia di Pescara dopo i lavori di restauro della struttura. Così, da oggi, è visitabile la nuova esposizione pittorica "Classicità e romanticismo moderni. Sironi e il suo tempo", curata da Elena Pontiggia, docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Brera e al Politecnico di Milano, che ha illustrato nella preview di venerdì scorso riservata alla stampa il percorso colorato da diciotto lavori di Mario Sironi oltre alle opere di Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, Alberto Savinio, Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Arturo Tosi, Aligi Sassu, Paola Consolo e Rino Battaini.
«Una mostra che riassume attraverso la figura di Sironi e degli altri grandi maestri presenti, la prima metà del Novecento, un grande periodo per l'arte italiana», ha detto Pontiggia che a Villa Urania ha curato anche la fortunata esposizione "Michele Cascella fra de Pisis e Utrillo". «Sono molto soddisfatta di presentare una nuova mostra in questo museo che gode di una stima straordinaria nell'ambiente, per le collezioni certo ma anche per le tante mostre che sono state organizzate negli anni, rigorose e attente».
«Un luogo», ha aggiunto Pontiggia, «accogliente, elegante, familiare che spinge a vedere le opere come se fossi a casa tua, in modo più intimo e più intenso, uno spazio che si presta benissimo a occasioni raccolte di bellezza di alta qualità».
L'esposizione, aperta fino al 26 maggio 2019 (tutti i giorni, festivi inclusi, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30), è accompagnata da un catalogo ragionato.
«Si racconta che il poeta, giornalista e critico d’arte Raffaele Carrieri, durante la sua permanenza a Parigi, incontrò, fra gli altri esponenti del mondo culturale parigino Pablo Picasso, il quale gli disse: “Che fa Sironi? Sta lavorando? Avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”. E, in effetti, Mario Sironi, in Italia, specie nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, non ha avuto il riconoscimento che avrebbe meritato». Così Augusto Di Luzio, presidente della Fondazione Paparella Treccia, presenta questa mostra. «Al contrario, oggi, è universalmente ritenuto sia dalla critica d’arte che dagli appassionati, artista tra i più rappresentativi della pittura italiana del XX secolo. A riprova di ciò, basti considerare il grande numero di esposizioni delle sue opere avvenute in questi ultimi anni in Italia e all’estero».
In mostra sono ammirabili opere testimoni della poliedricità di Sironi, si va dal Divisionismo (Madre che cuce, 1904), al Realismo (Ritratto di Rudolph Klien, 1912-1913), dal Fauvismo di Cocotte (1914-1915) alla classicità (Studio per l’Italia fra le Arti e le Scienze, 1925) fino all’impiego della tecnica del collage (Borghese e macchina, 1926). Oltre alle diciassette opere di Sironi sono presenti lavori di artisti di grande fama ricompresi nel periodo intercorso tra le due guerre mondiali e adiacenti a quel rinnovato concetto di classicità, venato di un non trascurabile afflato romantico, come il Sassu de I Dioscuri (1931), il De Chirico di Ettore e Andromaca (1935) e Guerrieri di ritorno da Troia (1936), il Savinio di Ulisse chez Calypso (1945), oltre allo stile romantico di Carlo Carrà in Marina grande (1942), di Soffici in Sera di primavera (1938), di Rosai in Via Toscanella (1933) e di Arturo Tosi in Natura morta (1935-1940) e Punta di Portofino (1949).
©RIPRODUZIONE RISERVATA
«Una mostra che riassume attraverso la figura di Sironi e degli altri grandi maestri presenti, la prima metà del Novecento, un grande periodo per l'arte italiana», ha detto Pontiggia che a Villa Urania ha curato anche la fortunata esposizione "Michele Cascella fra de Pisis e Utrillo". «Sono molto soddisfatta di presentare una nuova mostra in questo museo che gode di una stima straordinaria nell'ambiente, per le collezioni certo ma anche per le tante mostre che sono state organizzate negli anni, rigorose e attente».
«Un luogo», ha aggiunto Pontiggia, «accogliente, elegante, familiare che spinge a vedere le opere come se fossi a casa tua, in modo più intimo e più intenso, uno spazio che si presta benissimo a occasioni raccolte di bellezza di alta qualità».
L'esposizione, aperta fino al 26 maggio 2019 (tutti i giorni, festivi inclusi, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30), è accompagnata da un catalogo ragionato.
«Si racconta che il poeta, giornalista e critico d’arte Raffaele Carrieri, durante la sua permanenza a Parigi, incontrò, fra gli altri esponenti del mondo culturale parigino Pablo Picasso, il quale gli disse: “Che fa Sironi? Sta lavorando? Avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”. E, in effetti, Mario Sironi, in Italia, specie nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, non ha avuto il riconoscimento che avrebbe meritato». Così Augusto Di Luzio, presidente della Fondazione Paparella Treccia, presenta questa mostra. «Al contrario, oggi, è universalmente ritenuto sia dalla critica d’arte che dagli appassionati, artista tra i più rappresentativi della pittura italiana del XX secolo. A riprova di ciò, basti considerare il grande numero di esposizioni delle sue opere avvenute in questi ultimi anni in Italia e all’estero».
In mostra sono ammirabili opere testimoni della poliedricità di Sironi, si va dal Divisionismo (Madre che cuce, 1904), al Realismo (Ritratto di Rudolph Klien, 1912-1913), dal Fauvismo di Cocotte (1914-1915) alla classicità (Studio per l’Italia fra le Arti e le Scienze, 1925) fino all’impiego della tecnica del collage (Borghese e macchina, 1926). Oltre alle diciassette opere di Sironi sono presenti lavori di artisti di grande fama ricompresi nel periodo intercorso tra le due guerre mondiali e adiacenti a quel rinnovato concetto di classicità, venato di un non trascurabile afflato romantico, come il Sassu de I Dioscuri (1931), il De Chirico di Ettore e Andromaca (1935) e Guerrieri di ritorno da Troia (1936), il Savinio di Ulisse chez Calypso (1945), oltre allo stile romantico di Carlo Carrà in Marina grande (1942), di Soffici in Sera di primavera (1938), di Rosai in Via Toscanella (1933) e di Arturo Tosi in Natura morta (1935-1940) e Punta di Portofino (1949).
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