L'AQUILA
Fa chiasso in cella: processo alla brigatista Lioce
L’irriducibile brigatista rossa, accusata anche di oltraggio, sta scontando l’ergastolo nel supercarcere delle Costarelle
L’AQUILA. Ci sarà un processo anche all’Aquila per Nadia Desdemona Lioce, esponente di primo piano delle nuove Brigate Rosse, poi sgominate, condannata all’ergastolo per una serie di atti terroristici legati alla sua militanza. La Lioce, foggiana, 58 anni, è rinchiusa nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila dove sta scontando la pena in regime di 41 bis, il cosiddetto carcere duro.
Le contestazioni, entrambe di natura contravvenzionale, di cui deve rispondere, sono connesse alla sua detenzione all’Aquila. Si tratta di oltraggio a pubblico ufficiale per aver insultato un agente penitenziario e disturbo delle occupazione o del riposo delle persone, episodi avvenuti circa tre anni fa.
Più volte, per l’accusa, l’ergastolana avrebbe battuto per protesta una bottiglia di plastica sulle sbarre di ferro della sua cella causando rumore intollerabile. Comportamenti, forse troppe volte ripetuti, che hanno indotto gli agenti di polizia penitenziaria a inviare gli atti alla Procura che poi ha mandato le carte in tribunale. Ieri era fissata la prima udienza, quella di smistamento, davanti al giudice onorario Angelo Caporale. Il processo, dunque, non è nemmeno cominciato ed è stato aggiornato al 7 luglio davanti a un altro giudice onorario, Quirino Cervellini e pm in au la Rita Di Gennaro. In quell’occasione la detenuta, se lo vorrà, potrà essere ascoltata in videoconferenza. La Lioce è una irriducibile del terrorismo e si è sempre dichiarata una prigioniera politica. Sta scontando tre ergastoli: per gli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona (Roma 20 maggio 1999) e Marco Biagi (Bologna 19 marzo 2002) e per aver ucciso, in occasione della sua cattura, il poliziotto Emanuele Petri (il 2 marzo 2003), su un treno partito da Roma Tiburtina per Firenze. Nel conflitto a fuoco con gli agenti della Polfer morì anche un suo complice.
Il 3 giugno del 2007 ci fu una protesta nazionale contro il carcere duro.
Gli aderenti attraversarono il centro dell’Aquila e poi conclusero la loro manifestazione davanti al carcere inneggiando alla Lioce.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Le contestazioni, entrambe di natura contravvenzionale, di cui deve rispondere, sono connesse alla sua detenzione all’Aquila. Si tratta di oltraggio a pubblico ufficiale per aver insultato un agente penitenziario e disturbo delle occupazione o del riposo delle persone, episodi avvenuti circa tre anni fa.
Più volte, per l’accusa, l’ergastolana avrebbe battuto per protesta una bottiglia di plastica sulle sbarre di ferro della sua cella causando rumore intollerabile. Comportamenti, forse troppe volte ripetuti, che hanno indotto gli agenti di polizia penitenziaria a inviare gli atti alla Procura che poi ha mandato le carte in tribunale. Ieri era fissata la prima udienza, quella di smistamento, davanti al giudice onorario Angelo Caporale. Il processo, dunque, non è nemmeno cominciato ed è stato aggiornato al 7 luglio davanti a un altro giudice onorario, Quirino Cervellini e pm in au la Rita Di Gennaro. In quell’occasione la detenuta, se lo vorrà, potrà essere ascoltata in videoconferenza. La Lioce è una irriducibile del terrorismo e si è sempre dichiarata una prigioniera politica. Sta scontando tre ergastoli: per gli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona (Roma 20 maggio 1999) e Marco Biagi (Bologna 19 marzo 2002) e per aver ucciso, in occasione della sua cattura, il poliziotto Emanuele Petri (il 2 marzo 2003), su un treno partito da Roma Tiburtina per Firenze. Nel conflitto a fuoco con gli agenti della Polfer morì anche un suo complice.
Il 3 giugno del 2007 ci fu una protesta nazionale contro il carcere duro.
Gli aderenti attraversarono il centro dell’Aquila e poi conclusero la loro manifestazione davanti al carcere inneggiando alla Lioce.
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