Terchi Nocentini una pianista oltre l’oceano
Fa parte dello staff del Chicago Vocal Arts Consortium Ha 37 anni e ha inseguito e realizzato il suo sogno musicale
L’AQUILA. «Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare».
Capita spesso che Roberta Terchi Nocentini si trovi a prendere in prestito le parole di Alessandro Baricco in “Novecento” per parlare di sé e della sua passione per la musica. Una vicenda, quella del Pianista sull’Oceano, che ha di fatto accompagnato la sua carriera, «anticipandone profeticamente» una sua evoluzione che dall’Aquila l’ha condotta prima a Londra e poi a Chicago, negli Stati Uniti, dall’altra parte dell’Atlantico. Dove sta continuando la carriera come pianista e come vocal coach ed è pronta a realizzare, ad aprile, uno spettacolo dedicato alla sua città natale, a 10 anni da quel terremoto che ha costretto molti a rivedere i propri piani. Sarà ospite dell’Istituto di cultura italiana. Trentasette anni, con in bacheca un Master alla Royal Academy of Music, nella capitale britannica, esercita all’estero una professione che dalle nostre parti non sempre ha il giusto riconoscimento.
«In tanti dall’Italia continuano a chiedermi cosa faccio per vivere», confessa, «ignorando che la mia è una professione di riferimento anche per chi vuole intraprendere studi sull’opera italiana». Fa parte dello staff del Chicago Vocal Arts Consortium, il cui portale ufficiale riconosce a Roberta Terchi Nocentini un repertorio esteso sia dal punto di vista vocale, sia dello strumento. Vanta concerti a Strasburgo, Bucarest e, naturalmente, Londra (ha suonato anche a St. James a Piccadilly, alla Wigmore Hall, e alla David Josefowitz Recital Hall). Ha lavorato a lungo anche come répétiteur, quella figura professionale che, con l’utilizzo del pianoforte, si occupa dell’istruzione dei cantanti solisti, o del coro, durante la preparazione di un’opera lirica. Questo ruolo è di essenziale importanza nella preparazione di ogni rappresentazione e si estende spesso oltre le prove di canto. Suonando il pianoforte, guida e prepara i cantanti, sia individualmente che in ensemble. Aiutando il solista ad approfondire lo spartito, il répétiteur è inoltre fondamentale nella crescita e nella carriera di un cantante.
In passato, ha lavorato all’anfiteatro romano di Terni per l’allestimento della Carmen (2006) e col Teatro Verdi nella Traviata (2007), collaborando anche con la Barattelli e l’Istituzione Sinfonica Abruzzese. Si propone anche come coach linguistico, come nel caso dell’opera “Il Tabarro” insieme alla Melos Sinfonia, sotto la direzione artistica di Oli Zeffman. Ha iniziato a insegnare alla JazzOn Music School in Italy.
A Chicago vive con il marito Pierpaolo, italiano anche lui, chiururgo specialista in trapianti addominali (reni, pancreas, fegato, intestino) e col figlio Christian, nato a Londra 5 anni fa.
«Ci mancano molto le nostre famiglie», spiega, «così come i nostri amici, anche se siamo felici di avere avuto la fortuna di trovare tantissime persone gentili, sia qui che a Londra, una città di cui sono profondamente innamorata. Rientrare in Italia ora come ora mi spaventerebbe, dal punto di vista professionale».
Certo, a Chicago c’è anche da fare i conti con temperature minime che in questa settimana sono attese anche intorno ai -30° e le persone vanno in giro per strada vestite come ninja. Altro che giorni della merla.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Capita spesso che Roberta Terchi Nocentini si trovi a prendere in prestito le parole di Alessandro Baricco in “Novecento” per parlare di sé e della sua passione per la musica. Una vicenda, quella del Pianista sull’Oceano, che ha di fatto accompagnato la sua carriera, «anticipandone profeticamente» una sua evoluzione che dall’Aquila l’ha condotta prima a Londra e poi a Chicago, negli Stati Uniti, dall’altra parte dell’Atlantico. Dove sta continuando la carriera come pianista e come vocal coach ed è pronta a realizzare, ad aprile, uno spettacolo dedicato alla sua città natale, a 10 anni da quel terremoto che ha costretto molti a rivedere i propri piani. Sarà ospite dell’Istituto di cultura italiana. Trentasette anni, con in bacheca un Master alla Royal Academy of Music, nella capitale britannica, esercita all’estero una professione che dalle nostre parti non sempre ha il giusto riconoscimento.
«In tanti dall’Italia continuano a chiedermi cosa faccio per vivere», confessa, «ignorando che la mia è una professione di riferimento anche per chi vuole intraprendere studi sull’opera italiana». Fa parte dello staff del Chicago Vocal Arts Consortium, il cui portale ufficiale riconosce a Roberta Terchi Nocentini un repertorio esteso sia dal punto di vista vocale, sia dello strumento. Vanta concerti a Strasburgo, Bucarest e, naturalmente, Londra (ha suonato anche a St. James a Piccadilly, alla Wigmore Hall, e alla David Josefowitz Recital Hall). Ha lavorato a lungo anche come répétiteur, quella figura professionale che, con l’utilizzo del pianoforte, si occupa dell’istruzione dei cantanti solisti, o del coro, durante la preparazione di un’opera lirica. Questo ruolo è di essenziale importanza nella preparazione di ogni rappresentazione e si estende spesso oltre le prove di canto. Suonando il pianoforte, guida e prepara i cantanti, sia individualmente che in ensemble. Aiutando il solista ad approfondire lo spartito, il répétiteur è inoltre fondamentale nella crescita e nella carriera di un cantante.
In passato, ha lavorato all’anfiteatro romano di Terni per l’allestimento della Carmen (2006) e col Teatro Verdi nella Traviata (2007), collaborando anche con la Barattelli e l’Istituzione Sinfonica Abruzzese. Si propone anche come coach linguistico, come nel caso dell’opera “Il Tabarro” insieme alla Melos Sinfonia, sotto la direzione artistica di Oli Zeffman. Ha iniziato a insegnare alla JazzOn Music School in Italy.
A Chicago vive con il marito Pierpaolo, italiano anche lui, chiururgo specialista in trapianti addominali (reni, pancreas, fegato, intestino) e col figlio Christian, nato a Londra 5 anni fa.
«Ci mancano molto le nostre famiglie», spiega, «così come i nostri amici, anche se siamo felici di avere avuto la fortuna di trovare tantissime persone gentili, sia qui che a Londra, una città di cui sono profondamente innamorata. Rientrare in Italia ora come ora mi spaventerebbe, dal punto di vista professionale».
Certo, a Chicago c’è anche da fare i conti con temperature minime che in questa settimana sono attese anche intorno ai -30° e le persone vanno in giro per strada vestite come ninja. Altro che giorni della merla.
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