«Trentamila persone ai nostri incontri e Regione latitante»
Festival della Partecipazione, parlano gli organizzatori Gaudioso: spesi 320-340mila euro grazie anche agli sponsor
L’AQUILA. In più di 30mila, e comunque più dello scorso anno, hanno affollato i tanti incontri della seconda edizione del Festival della Partecipazione, la manifestazione organizzata nei giorni scorsi, con il Comune dell'Aquila, dall'alleanza "Italia, Sveglia!", un patto per il cambiamento attraverso il coinvolgimento delle persone promosso dalle organizzazioni ActionAid, Cittadinanzattiva e Slow Food Italia. A fare i conti è Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, che tira le somme dei quattro giorni di manifestazione.
Quali gli eventi che hanno richiamato più gente?
«A dire la verità quasi tutti: da quello sulla ricostruzione, al concerto di Elio e le storie tese, passando per quello sul finanziamento pubblico dei partiti. Abbiamo avuto 70 eventi, per un totale di circa 300 relatori, tutti molto partecipati». Cosa c'è in programma per il futuro?
«Lo scorso anno ci siamo presi un impegno, che voleva marcare la differenza anche con la politica che parla di futuro e pensa al massimo a sei mesi più in là: abbiamo deciso di fare una programmazione a 10 anni. Vorremmo che il festival diventi un punto di riferimento nazionale per tutte quelle persone che con il loro impegno vogliono contribuire a cambiare l'Italia».
Che ci sia bisogno di partecipazione lo confermano i numeri: oltre 30.000 spettatori in quattro giorni. Cosa volete dire loro?
«Vorremmo che tutti si sentissero parte di una sorta di comunità capace di influenzare l'innovazione e il cambiamento in Italia».
Perché un festival della partecipazione?
«Parlare di partecipazione, in una fase storica in cui c'è un crollo verticale della credibilità delle istituzioni e dei partiti, ha a che fare con un diverso modo di vedere il futuro di questo Paese. La complessità di una fase storica come quella che stiamo vivendo si può superare solo coinvolgendo attivamente le comunità, i cittadini, discutendo sulle scelte che hanno a che fare con il futuro». C'è quindi alla base uno scopo politico?
«È molto forte lo scopo politico perché pensiamo che tutti coloro che si occupano dei beni comuni fanno politica: dal comitato di quartiere, a chi si occupa della sicurezza delle scuole o delle aree interne. Vogliamo perciò prenderci cura delle nostre comunità. I partiti sono un pezzo del governo della nostro Paese, ma non l'unico soggetto».
Quale è stato il messaggio più importante di questi quattro giorni?
«La cosa che mi ha colpito è stato l'entusiasmo bellissimo e contagioso dei 135 giovani volontari che ha permesso la realizzazione del festival».
L'edizione 2017 è costata più di 320.000 euro. Da dove arrivano e a che servono? «Non abbiamo ancora il consuntivo, ma dovremmo aver speso tra 320 e 340mila euro, circa 40-50mila meno dell'anno scorso. Gli sponsor hanno coperto circa la metà dell'importo. Nel comitato promotore c'è anche il Comune che nel complesso si è impegnato per circa 50mila euro. Per 92mila euro abbiamo fatto richiesta del fondo del 4%. Un soggetto latitante, lo scorso anno e quest'anno, è stata la Regione».
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Quali gli eventi che hanno richiamato più gente?
«A dire la verità quasi tutti: da quello sulla ricostruzione, al concerto di Elio e le storie tese, passando per quello sul finanziamento pubblico dei partiti. Abbiamo avuto 70 eventi, per un totale di circa 300 relatori, tutti molto partecipati». Cosa c'è in programma per il futuro?
«Lo scorso anno ci siamo presi un impegno, che voleva marcare la differenza anche con la politica che parla di futuro e pensa al massimo a sei mesi più in là: abbiamo deciso di fare una programmazione a 10 anni. Vorremmo che il festival diventi un punto di riferimento nazionale per tutte quelle persone che con il loro impegno vogliono contribuire a cambiare l'Italia».
Che ci sia bisogno di partecipazione lo confermano i numeri: oltre 30.000 spettatori in quattro giorni. Cosa volete dire loro?
«Vorremmo che tutti si sentissero parte di una sorta di comunità capace di influenzare l'innovazione e il cambiamento in Italia».
Perché un festival della partecipazione?
«Parlare di partecipazione, in una fase storica in cui c'è un crollo verticale della credibilità delle istituzioni e dei partiti, ha a che fare con un diverso modo di vedere il futuro di questo Paese. La complessità di una fase storica come quella che stiamo vivendo si può superare solo coinvolgendo attivamente le comunità, i cittadini, discutendo sulle scelte che hanno a che fare con il futuro». C'è quindi alla base uno scopo politico?
«È molto forte lo scopo politico perché pensiamo che tutti coloro che si occupano dei beni comuni fanno politica: dal comitato di quartiere, a chi si occupa della sicurezza delle scuole o delle aree interne. Vogliamo perciò prenderci cura delle nostre comunità. I partiti sono un pezzo del governo della nostro Paese, ma non l'unico soggetto».
Quale è stato il messaggio più importante di questi quattro giorni?
«La cosa che mi ha colpito è stato l'entusiasmo bellissimo e contagioso dei 135 giovani volontari che ha permesso la realizzazione del festival».
L'edizione 2017 è costata più di 320.000 euro. Da dove arrivano e a che servono? «Non abbiamo ancora il consuntivo, ma dovremmo aver speso tra 320 e 340mila euro, circa 40-50mila meno dell'anno scorso. Gli sponsor hanno coperto circa la metà dell'importo. Nel comitato promotore c'è anche il Comune che nel complesso si è impegnato per circa 50mila euro. Per 92mila euro abbiamo fatto richiesta del fondo del 4%. Un soggetto latitante, lo scorso anno e quest'anno, è stata la Regione».
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