«Vessazioni in carcere per la Lioce»
L’avvocato dell’ergastolana denuncia: ben settanta provvedimenti disciplinari a suo carico in soli tre mesi
L’AQUILA. «C’è un atteggiamento vessatorio in carcere nei confronti di Nadia Desdemona Lioce». Non ha usato mezzi termini l’avvocato della terrorista ergastolana, Caterina Calia, in occasione della seconda udienza, poi rinviata, del processo a carico della Lioce: è accusata di oltraggio a pubblico ufficiale per aver insultato un agente e di disturbo del riposo: più volte l’ergastolana avrebbe battuto una bottiglia di plastica sulle sbarre di ferro della sua cella causando rumore intollerabile. Fu una protesta contro le nuove direttive carcerarie del Dap con ulteriori restrizioni per i reclusi.
Un esordio, quello dell’avvocato, certamente finalizzato a segnalare un presunto comportamento persecutorio verso l’imputata, ma anche a contestare le modalità del “carcere duro” cui la sua assistita è sottoposta da anni nel carcere delle Costarelle di Preturo. L’avvocato ha presentato una memoria nella quale, a sostegno della sua tesi, ha denunciato altri aspetti. «In soli tre mesi», ha detto, «ci sono stati 70 provvedimenti disciplinari a suo carico e ci sono anche le discutibili ragioni di queste sanzioni». Questo, a suo dire, potrebbe consentire, in sede di discussione, di valutare se l’utilizzo di una bottiglia di plastica battuta sul cancello sia stato davvero un atteggiamento grave rispetto ai fatti esposti. L’avvocato, insieme alla collega Ludovica Formoso, ha poi depositato un’interrogazione parlamentare del senatore Luigi Manconi su alcuni sequestri fatti in carcere alla Lioce. Nell’atto di Manconi si afferma, tra le altre cose, che all’imputata è stata sottratta la immediata disponibilità di materiale cartaceo in suo possesso (atti giudiziari, lettere, un quaderno, una rivista e articoli di giornale) trasferito in locali adibiti a magazzino, accessibili soltanto a giorni alterni.
Il processo si è svolto tramite videoconferenza dal carcere ma la Lioce, che nella precedente udienza si era detta disponibile a essere processata pur in mancanza di notifiche, non ha fatto dichiarazioni.
La prosecuzione dell’istruttoria è stata rinviata dal giudice onorario Quirino Cervellini, d’intesa con il pm Rita Di Gennaro, al 24 novembre. Data nella quale la difesa proporrà altri elementi a tutela della posizione dell’imputata Lioce.
Ieri mattina un presidio di “Soccorso rosso internazionale” si è formato a Torino davanti ai cancelli del palazzo di giustizia proprio in concomitanza con la seconda udienza a carico della Lioce. Gli attivisti hanno appeso uno striscione e distribuito volantini.
Alla conclusione dell’udienza negli uffici giudiziari aquilani, un’attivista del Movimento femminista proletario rivoluzionario ha diffuso un volantino nel quale la Lioce è definita «prigioniera politica» e viene messa in evidenza la sua condizione detentiva.
Una petizione contro il regime del 41 bis, corredata da 1500 firme, già inoltrata al presidente della Repubblica, è stata depositata anche al tribunale dell’Aquila.
«La sezione femminile del carcere dell’Aquila», si legge nel volantino, «è tristemente nota per le condizioni detentive, e riserva alle donne perquisizioni corporali quando si esce dalla cella nell’unica ora quotidiana, totale divieto di comunicare tra detenute, corrispondenza con l’esterno praticamente inesistente per la forte censura». Più in particolare, in analogia con quanto denunciato dall’avvocato in udienza, si sostiene che alla Lioce non vengono consegnati i libri e nemmeno i vaglia per poterli acquistare tramite il carcere, ribadendo che in Abruzzo non c’è un garante per i detenuti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Un esordio, quello dell’avvocato, certamente finalizzato a segnalare un presunto comportamento persecutorio verso l’imputata, ma anche a contestare le modalità del “carcere duro” cui la sua assistita è sottoposta da anni nel carcere delle Costarelle di Preturo. L’avvocato ha presentato una memoria nella quale, a sostegno della sua tesi, ha denunciato altri aspetti. «In soli tre mesi», ha detto, «ci sono stati 70 provvedimenti disciplinari a suo carico e ci sono anche le discutibili ragioni di queste sanzioni». Questo, a suo dire, potrebbe consentire, in sede di discussione, di valutare se l’utilizzo di una bottiglia di plastica battuta sul cancello sia stato davvero un atteggiamento grave rispetto ai fatti esposti. L’avvocato, insieme alla collega Ludovica Formoso, ha poi depositato un’interrogazione parlamentare del senatore Luigi Manconi su alcuni sequestri fatti in carcere alla Lioce. Nell’atto di Manconi si afferma, tra le altre cose, che all’imputata è stata sottratta la immediata disponibilità di materiale cartaceo in suo possesso (atti giudiziari, lettere, un quaderno, una rivista e articoli di giornale) trasferito in locali adibiti a magazzino, accessibili soltanto a giorni alterni.
Il processo si è svolto tramite videoconferenza dal carcere ma la Lioce, che nella precedente udienza si era detta disponibile a essere processata pur in mancanza di notifiche, non ha fatto dichiarazioni.
La prosecuzione dell’istruttoria è stata rinviata dal giudice onorario Quirino Cervellini, d’intesa con il pm Rita Di Gennaro, al 24 novembre. Data nella quale la difesa proporrà altri elementi a tutela della posizione dell’imputata Lioce.
Ieri mattina un presidio di “Soccorso rosso internazionale” si è formato a Torino davanti ai cancelli del palazzo di giustizia proprio in concomitanza con la seconda udienza a carico della Lioce. Gli attivisti hanno appeso uno striscione e distribuito volantini.
Alla conclusione dell’udienza negli uffici giudiziari aquilani, un’attivista del Movimento femminista proletario rivoluzionario ha diffuso un volantino nel quale la Lioce è definita «prigioniera politica» e viene messa in evidenza la sua condizione detentiva.
Una petizione contro il regime del 41 bis, corredata da 1500 firme, già inoltrata al presidente della Repubblica, è stata depositata anche al tribunale dell’Aquila.
«La sezione femminile del carcere dell’Aquila», si legge nel volantino, «è tristemente nota per le condizioni detentive, e riserva alle donne perquisizioni corporali quando si esce dalla cella nell’unica ora quotidiana, totale divieto di comunicare tra detenute, corrispondenza con l’esterno praticamente inesistente per la forte censura». Più in particolare, in analogia con quanto denunciato dall’avvocato in udienza, si sostiene che alla Lioce non vengono consegnati i libri e nemmeno i vaglia per poterli acquistare tramite il carcere, ribadendo che in Abruzzo non c’è un garante per i detenuti.
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