Il Novecento di Fanny Kaufmann, gli ebrei oltre lo sterminio
di Barbara Di Gregorio Sono indecisa. È stata la famiglia Kaufmann ad attraversare la storia, o piuttosto la storia ad attraversare la famiglia Kaufmann trasformandola quasi nel paradigma di un'inter...
di Barbara Di Gregorio
Sono indecisa. È stata la famiglia Kaufmann ad attraversare la storia, o piuttosto la storia ad attraversare la famiglia Kaufmann trasformandola quasi nel paradigma di un'intera razza? Probabilmente è vera la prima opzione, ma Fania Cavalieri mette tanta passione, nel ricostruire le vicende della zia Fanny e delle sue sorelle, che ogni personaggio filtrato dalla sua immaginazione assume la forza di un treno in corsa sui binari del secolo breve. Il Novecento di Fanny Kaufmann, editore Passigli, che verrà presentato alla Feltrinelli di Pescara il 24 novembre (ore 18), nasce dal ritrovamento da parte dell'autrice dei diari della suddetta zia Fanny. Se sulle prime, racconta, aveva pensato di pubblicarli per il loro valore storiografico, poco a poco si è insinuata in lei l'esigenza di sublimarli in quello che è a tutti gli effetti un romanzo. Cos'è a fare la differenza tra una testimonianza autografa e un romanzo storico? Per quanto mi riguarda, oltre ad aver apprezzato la puntualità dei riferimenti, e il lavoro di ricerca di cui è il prodotto, a “fare” il romanzo è la regia di un'autrice capace di organizzare i fatti in modo da trascenderne il senso immediato. Il materiale di partenza è di qualità. La storia prende il via nella Russia degli inizi del secolo: la famiglia Kaufmann, aristocratica, ebrea, comincia ad annusare nell'aria i segnali di antisemitismo ancora prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Assistiamo attraverso di essa alla rivoluzione d'ottobre e al rovesciamento dello Zar Nicola II; viviamo la minaccia delle truppe, rosse e bianche, e l'eco ancora lontana di atteggiamenti xenofobi; scopriamo la Mosca dei cabaret e di Majakovsky, la Roma del ventennio, e allo stesso tempo una vicenda, quella della diaspora dei Kauffman, che racconta gli ebrei senza far sfoggio di quel vittimismo che è il difetto di tanti tentativi al riguardo. Non aspettatevi una storia di campi di concentramento: senza nulla togliere alle tante storie di campi di concentramento che hanno rivoltato la questione da tutti i lati più volte, Il Novecento di Fanny Kaufmann racconta qualcosa di molto meno scontato. La spina dorsale del romanzo, il tema portante, è quello della fuga come stile di vita: un tema che purtroppo racconta la razza ebraica al di là della sua sofferenza nei lager. E non perché nessuno dei personaggi sia stato deportato: la madre di Fanny morirà gasata, portata via sotto gli occhi della sorella Sofia condotta a sua volta ai lavori forzati. Di ritorno, viva, quest'ultima scriverà un dettagliato resoconto dell'intera esperienza: è un pudore ammirevole, una delicatezza che mi ha toccata, oltre che una lezione di stile, i miei complimenti alla Cavaliere, la scelta di relegare questa tragedia al rango di episodio nell'ambito di un affresco molto più vasto e complesso.
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