Interessi non dovuti: imprenditore vince il ricorso, casa salva 

L’abitazione pignorata dalla banca per un debito di 300mila euro Ma i giudici di secondo grado annullano il decreto ingiuntivo

PESCARA. Una famiglia di noti imprenditori pescaresi riesce a ottenere giustizia, anche se dopo ben 9 anni e due gradi di giudizio: una lunga ed estenuante battaglia legale, tutto per riuscire ad evitare un tracollo finanziario e soprattutto che un loro immobile venisse ingiustamente aggiudicato all’asta.
Tutto nasce nel 2015 con un decreto ingiuntivo con il quale la banca con cui intrattenevano rapporti pretendeva un credito di 300mila euro. Con il primo grado della causa, portata avanti dall’avvocato Emanuele Argento, i ricorrenti chiedevano la restituzione di tutte le somme di denaro versate illegittimamente alla stessa banca per anatocismo, commissione massimo scoperto, interessi non regolarmente pattuiti: insomma, tutti quei meccanismi che, nonostante le tante sentenze contrarie, molte banche continuano a praticare. Il tribunale di Pescara in prima istanza rigettava la richiesta dell’imprenditore pescarese (con sentenza del giugno 2021), anche se rivedeva al ribasso la cifra del presunto credito vantato dalla banca, abbassandola a circa 160 mila euro a fronte dei 300mila richiesti. È stato così necessario avviare il ricorso davanti ai giudici della Corte d'Appello che si sono espressi in maniera favorevole al ricorrente il 15 aprile scorso.
Ma nelle more del giudizio di secondo grado, sia la banca sia la società cessionaria, che nel frattempo aveva acquistato i crediti dell’istituto, procedevano con l’esecuzione immobiliare e quindi con il pignoramento della casa del garante-imprenditore. A questa faceva seguito la procedura della vendita all’asta dell’immobile. E per non vedersi portar via la casa, l’imprenditore si è trovato costretto a procedere con la conversione del pignoramento, iniziando a pagare a rate l’intero debito: migliaia di euro ogni mese che avevano creato non pochi problemi all’attività del titolare della società finita in questo vortice, come spesso accade in casi del genere. Ma mentre questi pagamenti erano in corso ormai da anni, l’avvocato Argento vedeva accolte tutte le sue richieste dai giudici di secondo grado, che ritenevano illegittimo il decreto ingiuntivo che aveva dato origine al contenzioso: veniva quindi accolto il ricorso in favore del ricorrente e revocato il decreto ingiuntivo con la condanna della banca anche al pagamento delle spese.
Nulla era dunque dovuto alla banca e alla cessionaria.
Importante il principio affermato in questa causa, e soprattutto il fatto che il presidente del collegio civile, Ciro Marsella (nonché relatore ed estensore della sentenza), ha tenuto in debito conto i principi espressi dal consulente tecnico contabile, accertando così che il rapporto bancario non era a debito, ma addirittura a credito dell’impresa ex correntista. Ma nonostante tutto, per chiudere definitivamente la vicenda, l'avvocato Argento ha dovuto fare un ulteriore passaggio tecnico, perché la banca e la cessionaria adesso dovranno restituire al ricorrente tutte le ingenti somme versate dal garante negli anni: una cifra che sfiora i 200mila euro.
Adesso, per chiudere il cerchio, è necessario che sia il giudice, con uno specifico provvedimento, a disporre l'immediata estinzione della procedura esecutiva ancora in atto e quindi ordinare alla parte creditrice di restituire tutte le somme percepite, così come sentenziato dai giudici d'appello.