Dopo gli incendi
Montagne d'Abruzzo: il rimboschimento costerà 300 milioni
Ecco il business. Per ripiantare seimila ettari di pini neri, querce e faggi. La Regione ha già convocato una riunione per il 13 settembre
PESCARA. Se in Abruzzo vanno in fumo seimila ettari di bosco chi ci guadagna e soprattutto quanto ci guadagna? Qual è il business, il grande business, che potrebbe celarsi dietro ai roghi che stanno devastando le nostre montagne? La corsa al rimboschimento è già cominciata. Si parte il 13 settembre con una riunione in Regione voluta dal governatore Luciano D'Alfonso che, naturalmente, si preoccupa per i boschi deturpati ed i parchi distrutti in una regione colpita da dissesto idrogeologico, «già pericolosamente conclamato», dice. Ma rimboscare diventa anche un affarone. Da Fonte Vetica al Morrone, le piante incenerite sono prevalentemente pini neri, querce e faggi. Per i primi, il costo medio per ogni esemplare si aggira sugli 11 euro. Ma può anche arrivare a cinquanta euro. Un esperto spiega che in ogni ettaro, cioè 10mila metri quadrati, è possibile ripiantare tremila pini. Qualcuno però riesce anche a piazzarne cinquemila, diminuendo le distanze tra un albero e l'altro. Moltiplicando questi numeri per l'intera superficie da rimboscare _ seimila ettari che però, secondo una stima dell'assessore alla Protezione civile, Mario Mazzocca, sono destinati ad aumentare _ si ottiene il costo del grande affare del rimboschimento. E' qualcosa che oscilla tra i 200 ed i 300 milioni di euro. Soldi pubblici destinati a imprese private? Perché quelle piante, che prima provenivano dai vivai della Forestale, ora invece vengono acquistate attraverso appalti.
C'è qualcuno che non piange per i roghi che distruggono le bellezze d'Abruzzo. Il grande business del rimboschimento ricorda quello della ricostruzione post-sisma: c'era anche chi brindava in attesa delle gare d’appalto. Nel caso dei roghi in montagna però una legge piazza dei paletti.
Si tratta della legge quadro numero 353 del 2000, in materia di incendi boschivi, che vieta per cinque anni la ripiantumazione dopo un rogo. Ma c'è anche una scappatoia che permette di bandire subito gare d'appalto, anche con incendi spenti da poco o, come si dice, con il morto ancora in casa.
La scappatoia passa attraverso un'autorizzazione che solo il ministero dell'Ambiente può concedere per le aree protette, statali o della Regione "per documentate situazioni di dissesto idreogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici". Proprio quest'ultimo è il passaggio chiave della lettera d'invito per il 13 settembre, alle 16, nella sede regionale di viale Bovio, che D'Alfonso ha spedito il 22 agosto scorso a una serie di portatori di interesse, dall'assessore Mazzocca, al dg Vincenzo Rivera, ai dirigenti regionali Emidio Primavera (governo del territorio), Stefania Valeri (avvocatura), Pasquale Di Meo (tutela degli ecosistemi) e Antonio Iovino (programmazione Protezione civile). «Compete agli Amministratori della cosa pubblica porre in essere azioni, mirate e consentite, capaci di rimarginare le ferite inferte al territorio», scrive il governatore, «occorre quindi programmare specifici interventi di ripiantumazione o rimboschimento, a medio e lungo termine, tali da restituire alle nostre montagne il loro bene più prezioso, ossia il bosco ed il naturale ecosistema che solo esso è in grado di fare crescere».
La lettere si chiude con la frase: «Mi preme convocare un tavolo di lavoro sul tema del rimboschimento delle aree percorse dal fuoco nelle nostra regione, con speciale riferimento a quelle che hanno particolare valore ambientale, come le riserve ed i parchi nazionali». Quelle aree, quindi, per le quali il ministero può concedere una deroga al divieto dei cinque anni a rimboschire. Proprio ieri, il governatore ha parlato con il ministro, Gian Luca Galletti: «Mi ha garantito tutti gli aiuti necessari per le costose operazioni di bonifica di centinaia di tronchi arsi che incombono sulle strade di montagna», spiega D'Alfonso. E alla domanda sul rimboschimento e il business che potrebbe comportare per le imprese private, risponde subito in modo chiaro: «Ascolteremo tutte le componenti, anche quelle ambientaliste e la procura, prima di prendere qualunque decisione».