Pineta distrutta dal fuoco Le associazioni: «Il rogo poteva essere bloccato»  

Il gruppo Foreste italiane presenta le controdeduzioni alla consulenza: c’è un buco temporale in cui non sono stati fatti gli interventi adeguati

PESCARA. Salta per l’indisposizione di uno dei consulenti della procura, l’incidente probatorio programmato ieri per discutere della relazione sulle cause dell’incendio che il primo agosto 2021 si sviluppò lungo il tracciato ferroviario, distruggendo gran parte della Riversa dannunziana. Un’inchiesta che vede coinvolti con l’accusa di incendio colposo, il sindaco Carlo Masci; il responsabile della direzione infrastrutture di Ancona di Rfi, Nicola Aquilani; Pietro Ferrone, quale amministratore della omonima ditta che effettuò per conto di Rfi i lavori di manutenzione nel tratto ferroviario da dove partì l’incendio e il direttore dei lavori, Fabio Canonico (che risponde anche di falso).
Ieri si sarebbe dovuto discutere su quella consulenza: i due esperti nominati dal procuratore Giuseppe Bellelli e dal sostituto Anna Benigni, avrebbero dovuto rispondere alle domande delle parti, per poi consentire alla procura di andare verso la conclusione dell’inchiesta con gli eventuali responsabili. Non si è potuto fare, come detto, in quanto l’ingegnere Enrico De Acetis (che ha stilato la consulenza con il collega Gianluca Ciofani), ha avuto una indisposizione e il gip Fabrizio Cingolani ha rinviato l’udienza al 17 settembre. Una consulenza (depositata a gennaio) che dà delle precise indicazioni sulle eventuali responsabilità, addossandole quasi interamente a Rete Ferroviaria Italiana, e che di fatto “scagiona” il sindaco Masci.
«La prima responsabilità di Rfi», si legge nella consulenza, «risiede nel fatto di non aver gestito, manutenuto, custodito e sorvegliato le proprie aree di pertinenza e di proprietà. La mancanza della recinzione di perimetrazione dell’area di proprietà e di pertinenza di Rfi, nonché di percorsi brecciati di accesso carrabile, simmetrici rispetto al tracciato ferroviario, ha impedito di esercitare la funzione di fasce taglia fuoco per evitare la propagazione dell’incendio ai terreni limitrofi e non solo. La seconda responsabilità riguarda il fatto di non aver esercitato un corretto controllo e sorveglianza della attività di manutenzione appaltate all’impresa Ferrone Pietro & C con particolare riferimento alle attività poste in essere nel tratto ferroviario oggetto di accertamenti peritali».
Ma le associazioni ambientaliste e i liberi cittadini che presentarono anche specifiche denunce per le presunte mancanze organizzative del Comune, ieri, a margine dell’udienza, hanno spiegato le loro controdeduzioni a quella consulenza (che verranno depositate alla prossima udienza), puntando il dito sul Comune e sui supposti ritardi di chi avrebbe dovuto e potuto circoscrivere l’incendio ed evitare l'interessamento della pineta. «La perizia», commenta l’esperto dell’associazione Gufi (Gruppo unitario per le Foreste italiane), Alessandro Bottacci, «non è completa: l’incendio poteva forse essere fermato prima e con meno danni». E incalza il presidente della stessa associazione, Giovanni Damiani: «È passata circa un’ora e mezza prima che l’incendio scavalcasse la ferrovia e attaccasse la pineta: in questo tempo si poteva fare di tutto, ma nella consulenza non è documentato nulla». Interviene anche un altro esperto delle parti offese, Stefano La Sorda: «C’è stato un buco temporale in cui non ci sono stati adeguati interventi antincendio. E poi non c’era prevenzione, il comparto 5 all’epoca era privo di colonnine antincedio. Si doveva agire diversamente». E non mancano le critiche all’operato dell’amministrazione e in particolare del sindaco Masci quale rappresentante della protezione civile e gestore della riserva naturale, per non aver provveduto ad eseguire tutti i passaggi tecnici dettati dalla normativa della protezione civile, soprattutto in quei giorni in cui era stata segnalata la massima allerta per rischio incendi.