Quel glicine che profuma di storia
Piantato nel 1930 dal corridore Di Biase è sopravvissuto alle bombe e al cemento
PESCARA. Il glicine di via Milano profuma di primavera, ma anche di storia, lunga come i rami che dal tronco si sono spinti sempre più in alto, ogni anno di più. Fino a oggi, che a 85 anni di età il glicine, sopravvissuto ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, ha superato ampiamente il terzo piano del palazzetto all’angolo con via Roma, invadendone la terrazza e diventando una meraviglia da fotografare e da ammirare per chiunque passi di lì. Oggi, 85 anni dopo, è ancora la famiglia Di Biase, che lo piantò nel 1930, a curarlo.
Ad occuparsene è rimasta la signora Lillia Di Biase, vedova del ginecologo Primo Di Biase a sua volta figlio di Nicola Di Biase, storico corridore originario di Penne (partecipò a tre Giri d’Italia tra il 1920 e il 1922) che a Pescara aprì uno dei primi negozi di biciclette in corso Vittorio Emanuele, acquistando il terreno tra via Roma e via Milano dove, nel 1930 appunto, fece costruire il villino (progettato dall’ingegner Attilio Giammaria) dove piantò anche il glicine, come racconta la nuora Lillia.
Ma perché proprio il glicine? Non lo so. So solo che l’ha difeso anche dagli espropri che il Comune fece per realizzare la strada e il marciapiede di via Milano. Mio suocero cedette il giardinetto che c’era davanti alla casa con ciclamini, rose, viole e giunchiglie. Accettò di togliere tutto, ma il glicine no. Anche perché la pianta madre stava dove sta ancora adesso, accanto al portoncino d’ingresso, in uno spazio molto ridotto da cui poi si è sviluppato anno dopo anno, superando anche il bombardamento del 1943, quando mezza casa fu sventrata e la famiglia di mio marito andò sfollata a Cappelle.
Da chi era composta la famiglia?
Mio suocero Nicolino, corridore e poi commerciante di biciclette, con un negozio in corso Vittorio Emanuele e poi un altro, dove vendeva anche moto e side-car proprio al piano terra di questa palazzina dov el’aiutava anche la moglie Giovanna, mio marito Primo che qui aveva il suo studio di ginecologo, suo fratello Emidio, titolare dello storico negozio di giocattoli Di Biase, in via Roma, e la sorella Anna, che è poi quella che ha raccolto e messo insieme la storia di questa pianta stupenda, raccontando anche la storia della famiglia. Mia figlia, che abita con me nella palazzina, porta il nome della nonna, Giovanna, mentre mio figlio Paolo, architetto a Bologna, è l’artefice di quello che in tanti ogni giorno fotografano: venti anni fa, quando la pianta si era sviluppata oltre l’immaginabile, mise alla facciata della casa una serie di tralicci che hanno consentito al glicine di svilupparsi in altezza disegnando questo quadro splendido, bello anche quando non è fiorito.
Quand’è che fiorisce?
Qualche tempo fa fioriva a marzo, adesso ad aprile, ma durante l’anno fa due fioriture. La seconda arriva più o meno alla fine dell’estate, dopo che ha perso anche le foglie: sono grappoli più lunghi che poi cadono per lasciare i rami spogli fino alla primavera successiva. Ma quando cade tutto, qui sotto è un macello. C’è anche chi si è lamentato consigliandomi di tagliare la pianta.
Un sacrilegio, considerando anche che il glicine di via Milano era stato inserito dal Comune tra le sei piante monumentali da tutelare.
È vero, se ne parlò nel 2012, con la proposta di Blasioli di sollecitare anche una targa riconoscimento da parte della Regione, ma poi non se n’è fatto più niente.
Come lo cura?
A dire la verità la pianta fa tutto da sola, io mi limito a togliere qualche ramo secco e, questo sì che è un impegno, a potarla ciclicamente, chiamando una ditta che ogni 3, 4, anni, con un carrello elevatore, per una giornata intera la rimette a nuovo. Certo è un lavoro che andrebbe fatto più spesso, ma la spesa è consistente e da sola non riesco. Per questo avevo chiesto, pagando si intende, di poter usufruire dei giardinieri del Comune a una cifra più accessibile.
Convivere con una pianta di questa portata ha qualche controindicazione ?
Qualche lucertola, i gechi. Ogni tanto qualche calabrone, qualche ape, e poi i gatti in amore che si arrampicano lungo il tronco. Ma niente a confronto del profumo che emana quando fiorisce, si sente fino a piazza Sacro Cuore. Ormai questa è conosciuta come la casa del glicine e io per molti sono la signora del glicine.
Per questo suo ruolo di custode, è stata anche premiata.
Nel 2009 sono stata tra le tre donne premiate con il Premio Mila sul tema “Liberare la bellezza”.
La motivazione?
Quella di curare a proprie spese la meravigliosa pianta che ogni primavera trasforma in un angolo di paradiso una strada della città. “Un gesto assolutamente gratuito”, hanno scritto, “privo del senso di possesso e rivolto agli altri”.
Com’era il glicine la prima volta che l’ha visto?
Io sono di Roma, venni per caso in villeggiatura con mia madre a Pescara da una mia cugina e al Gabbiano incontrai quello che poi sarebbe diventato mio marito. Dopo un anno ci sposammo, era il 1958 e la pianta arrivava al primo piano. Quasi non ci feci caso. È negli ultimi venti anni che si è sviluppata in questo modo, con i boccioli che crescono da un giorno all’altro.
Come se lo spiega?
Ha trovato il terreno giusto, le radici sono lunghissime. Quando hanno rifatto la pavimentazione di via Milano gli operai hanno trovato le radici dopo via Trieste, all’incrocio con via Genova.
Lei ha un anno in meno di questo glicine, che cosa gli augura?
Che continui a essere sempre così bello, che continui a crescere, anche quando io non ci sarò più. C’è uno scritto, della francese Simone Weil, che descrive bene quello che provo per questa pianta: «Le cose davvero preziose sono quelle che costruiscono scale protese verso la bellezza del mondo, finestre aperte su di esso».
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