Spiagge all’asta, sindaci della costa in campo: «Intervenga Marsilio» 

I diciannove primi cittadini, da Martinsicuro a San Salvo fanno fronte comune per incalzare il Governo Meloni

PESCARA. Spiagge all’asta: i sindaci della costa abruzzese fanno squadra. In diciannove, tra primi cittadini e assessori di altrettanti Comuni che vanno da Martinsicuro a San Salvo, hanno partecipato a una riunione in videoconferenza, due giorni fa, convocata dall’Anci, attraverso il primo cittadino di Fossacesia, Enrico Di Giuseppantonio, delegato dell’associane del Comuni per il demanio marittimo.
I sindaci, stretti tra il martello dell’Autorità Garante per la concorrenza e del Consiglio di Stato che chiedono di indire subito le gare, e l’incudine del Governo, che ha prorogato alla fine del 2024 le vendite all’asta, chiedono un confronto urgente con il governatore, Marco Marsilio.
«Facciamo squadra perché il quadro di riferimento continua ad essere pieno d'incertezze», esordisce Enrico Di Giuseppantonio. «Occorre attendere per capire se il Governo vorrà introdurre finalmente una disciplina specifica della materia, armonizzata con il diritto europeo, oppure come è finora accaduto sarà la giurisprudenza, comunitaria e nazionale, ad individuare i principi in base ai quali i Comuni dovranno avviare le procedure selettive per l'affidamento delle concessioni. In questo ultimo caso», rimarca il primo cittadino di Fossacesia, «saranno i Comuni, purtroppo come al solito, a dover svolgere le proprie funzioni anche in una materia complessa e che si è rivelata piena d'incertezze. E ciò in un contesto socioeconomico in cui ci sarebbe bisogno di certezze per gli operatori del settore, che hanno investito e investono le proprie risorse nel garantire i servizi turistico-balneari».
LA VOCE DELL’ASSOCIAZIONE «Cna Balneari ritiene fondamentale che il Governo intervenga con una norma legislativa per tutelare le imprese balneari attualmente operanti e chiudere una vertenza che da oltre un decennio tiene sulle spine un comparto strategico per il turismo. Ingenti sono stati gli investimenti, in aggiunta agli ordinari, realizzati dai 30mila stabilimenti balneari italiani (617 in Abruzzo, ndr) per apportare al settore innovazione tecnologica, sostenibilità, accessibilità, riqualificazione e digitalizzazione: investimenti di cui non si conoscono tempi e modi di ammortizzamento dal momento che il futuro delle attuali aziende sembra essere destinato alla totale incertezza in assenza di una riforma normativa».
Così afferma Cna Balneari, secondo cui «da sette mesi è stato concluso il lavoro sulla mappatura a cura del tavolo tecnico sulle concessioni istituito a Palazzo Chigi senza che il criterio sulla scarsità si sia tradotto in un provvedimento legislativo contenuto nell'ambito di una più ampia riforma del settore».
Sott’accusa, quindi, finisce il governo Meloni. «Chidiamo un criterio sulla scarsità e una riforma di settore su cui ricercare l'accordo con la Commissione europea per fornire certezze alle imprese attualmente operanti e linee guida ai comuni costieri, in assenza delle quali le amministrazioni sono costrette a ritenere non più in vigore le concessioni esistenti indicendo, senza più possibilità di rinvii, le gare pubbliche», conclude la Cna Balneari presieduta da Sabina Cardinali e coordinata dall'abruzzese Cristiano Tomei.
LE SCELTE DEL GOVERNO
Ma Palazzo Chigi lancia la palla avanti e convoca tra più di una mese una riunione ristretta del tavolo tecnico consultivo sulle concessioni demaniali marittime. L’appuntamento infatti è per il prossimo 12 giugno alle 15.30 ed è stato rivolto alla Conferenza delle Regioni, all’Agenzia del demanio e ai ministeri competenti in materia (infrastrutture, economia e finanze, imprese e made in Italy, ambiente, turismo, politiche del mare, affari regionali, affari europei, sport).
Sono dunque state escluse per la prima volta le associazioni delle imprese balneari e dei porti turistici, che hanno partecipato a tutti i precedenti incontri del tavolo. Non solo. La riunione è stata fissata a dopo le elezioni europee. Per il centrodestra quindi la direttiva Bolkenstein è innanzitutto un terreno di scontro elettorale con l’Europa. Il voto ha priorità su tutto il resto. (l.c.)
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