L’AMARCORD» L’EX PRESIDENTE DEL PESCARA SI RACCONTA

28 Febbraio 2014

PESCARA. È stato protagonista della storia del Pescara Calcio per tre stagioni, da quella del 1988-89 a quella del 1990-91, quasi sicuramente gli anni più belli (prima della cavalcata con Zeman in...

PESCARA. È stato protagonista della storia del Pescara Calcio per tre stagioni, da quella del 1988-89 a quella del 1990-91, quasi sicuramente gli anni più belli (prima della cavalcata con Zeman in panchina) vissuti dai colori biancazzurri. Parliamo di Alberto Di Lena, oggi 78 anni, che nel 1988 entrò, come vicepresidente, nella società allora guidata dal patron Pietro Scibilia. Nei due anni seguenti Di Lena divenne presidente del Pescara prima di cedere il pacchetto azionario di maggioranza della società ai fratelli Fedele del gruppo Ilca Carni.

Presidente Di Lena, come arrivò al mondo del calcio?

«Direi casualmente. Mi coinvolse un amico di Scibilia, che mi disse che il patron era alla ricerca di soci. Io all'epoca ero molto impegnato con le mie aziende che crescevano, per questo risposi che avrei voluto riflettere. Inoltre tutti gli amici mi sconsigliarono dal fare quel passo e io ero intenzionato a dire di no perché sapevo che sarebbe stato impegnativo, anche se mi sarebbe dispiaciuto rifiutare. Poi, invece, andai nella sede della società in via Campania e quando arrivai era pieno di flash, giornalisti e microfoni, insomma mi lasciai coinvolgere ed entrai con Scibilia».

E iniziò questa avventura.

«Sì, per me fu proprio un'avventura. Ricomprai le quote di Marinelli e De Cecco, mentre Scibilia e De Leonardis restarono dentro, poi entrò anche Edmondo. Io fui vicepresidente nel primo anno e poi presidente».

All'epoca, prima di entrare seguiva il calcio?

«Certo, come no. Ero uno sportivo e giocavo a calcio in quarta serie. Venni chiamato anche dal Taranto, che giocava in serie B, per un provino. A livello studentesco ho anche detenuto il record degli ottanta metri a ostacoli».

Quale era la sua idea di calcio per una squadra come il Pescara?

«Ero convito che si dovesse instaurare un rapporto con i grandi club, che erano propensi a dare giovani calciatori in prestito. Oppure ero dell'idea che si dovesse creare un forte vivaio».

Ha qualche ricordo particolare legato a uno dei grandi club della serie A?

«Sì, con Silvio Berlusconi. Lo conobbi a San Siro in occasione di Milan-Pescara quando mi disse di voler conoscere il nostro campione. Io chiesi a chi si riferisse e lui rispose che per lui il campione era Leo Junior. Berlusconi al polso aveva un Rolex d'oro di grande valore e Junior quando lo incontrò ingenuamente gli disse: “Che bell'orologio presidente!”, e Berlusconi rispose: “Perché le piace?” e Junior: “Certo, è bellissimo”. Berlusconi se lo tolse e glielo regalò».

Che ricordo ha del patron Scibilia?

«È stato un grande tifoso, era appassionato per il Pescara. Ricordo che quando comprammo Bergodi dalla Lazio lo accompagnai a Mosciano Sant'Angelo da Scibilia per firmare il contratto. Usciti dalla sua azienda Bergodi mi disse che il presidente era davvero un tipo ruspante».

Avevate un buon rapporto lei e Scibilia?

«Era sicuramente una persona intelligente e andavamo d'accordo. Alla base c'era un forte rispetto reciproco».

Avete avuto momenti nei quali eravate in disaccordo?

«Sì, quando Scibilia decise di fare fuori Galeone. Io non ero d'accordo. Diciamo che era un po' geloso della popolarità di cui godeva il mister in città. Per questo cercava in qualche modo di abbatterlo. Ad esempio, quando qualche calciatore veniva a lamentarsi che il mister non lo faceva giocare, Scibilia gli rispondeva di prendersela con Galeone senza farsi scrupoli. Diciamo che tendeva a istigare i calciatori contro Galeone. Comunque Scibilia era un personaggio positivo da prendere con le molle».

Un aneddoto simpatico di quel periodo?

«Quando Scibilia mise in giro la voce di voler vendere Giacomo Dicara all'Inter per due miliardi di lire. Non era vero niente, l'aveva fatto per far salire la quotazione».

Il ricordo più bello?

«I grandi rapporti avuti sia con i tifosi che con la stampa. Ricordo che c'era entusiasmo in quel periodo, e ogni mese venivo invitato per l'apertura di nuovi club di tifosi, come quello della donne biancazzurre guidato da Nella Grossi».

Le è mai venuto in mente di tornare nel calcio?

«Sinceramente no, ma quella che ho vissuto fu una bella avventura, sono soddisfatto di quanto fatto e se tornassi indietro lo rifarei».

Non le dispiacque uscire da questo mondo?

«Sì, anche se nei primi anni mi allontanai completamente. Come dicevo all'epoca, dietro a quell'ora e mezza di spettacolo c'erano tante grane e molto lavoro».

Loris Zamparelli

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