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Acqua del Ruzzo contaminata, scatta l’inchiesta

La Procura apre un fascicolo per accertare il caso dello sversamento di un solvente dal laboratorio del Gran Sasso

TERAMO. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Antonio Guerriero, magistrato di prima linea nella Terra dei fuochi nei tanti anni in cui è stato prima ad Avellino e poi a capo della Procura di Sant’Angelo dei Lombardi.

E’ un fascicolo per reati ambientali quello che la Procura teramana ha aperto su una presunta contaminazione delle acque captate dai pozzetti che insistono nell'area dei laboratori nazionali del Gran Sasso e finite nella rete del Ruzzo. Dopo che ad agosto le analisi dell'Arta avevano rilevato la presenza di diclorometano nell'acqua, in valori inferiori ai limiti di legge per quel che riguarda le acque potabili ma superiori ai limiti per le acque sotterranee, sul tavolo della Procura sono arrivati diversi esposti. Da qui l’inchiesta, aperta già da qualche tempo, e con le indagini delegate agli uomini della Forestale. L’obiettivo è quello di ricostruire con esattezza tutta la vicenda dello sversamento dai laboratori nella rete del Ruzzo e fare chiarezza su eventuali responsabilità. Per ora il fascicolo è senza indagati.

Nei giorni scorsi il Forum H20 e la stazione ornitologica abruzzese hanno rilanciato la questione sicurezza dopo l’incidente di agosto, annunciando la presentazione di un esposto alle procure di Teramo e L’Aquila e alla Corte dei Conti. I punti su cui si basa l’esposto sono molteplici. Intanto quelli relativi all’ultimo incidente che ha evidenziato la presenza di diclorometano nell’acqua di un pozzetto. «L'attività che ha comportato la contaminazione dell'acqua (pulizia di cristalli con l'uso del solvente) è stata avviata il 24 agosto, cioè», ha detto nel corso di una conferenza stampa Augusto De Santis del Forum, «proprio quando lo spettrometro è andato in manutenzione. Il primo monitoraggio utile dell'Arta con riscontro della sostanza è avvenuto il 30 agosto (il precedente era del 16 agosto). Pertanto per una settimana il punto di prelievo non è stato monitorato dalla Asl. E l’acqua è finita nella rete». Con valori decisamente più bassi rispetto a quelli stabiliti dall’Oms, c’è da sottolinearlo. Ma, si chiedono gli ambientalisti, visto che in queste situazioni si deve agire solo sulla prevenzione, se fosse accaduto per altre sostanze e in proporzioni maggiori, che sarebbe accaduto? (d.p.)

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