Azienda in rilancio ma senza manodopera
Il titolare della “Stile Italiano” di Corropoli: «Abbiamo bisogno di sarti qualificati e non riusciamo a trovarne»
CORROPOLI. «La manodopera qualificata sta scomparendo: così si blocca il futuro del tessile della Val Vibrata e del suo indotto, sprecando un numero enorme di posti di lavoro che sono a portata di mano». A parlare è uno degli imprenditori della vallata che sta resistendo al declino industriale della zona, Massimo Salvi, titolare della Stile Italiano di Corropoli che realizza abiti per grandi firme, da Versace a Moschino, e che ha una proposta: «Realizzare una scuola di sartoria di eccellenza per i giovani ed un nuovo modello di sviluppo per rilanciare la vallata. Il nostro sogno è quello di creare un "made in Val Vibrata" che affianchi il made in Italy». Per parlarne, Salvi ha aperto le porte della sua fabbrica, isola felice che ricorda i tempi in cui la vallata era motore industriale per l’Abruzzo e caratterizzata da un settore tessile che lavorava freneticamente e a livelli altissimi. Insieme al responsabile commerciale della sua azienda, Diego Vacalebre, l’imprenditore spiega nel dettaglio: «Ci sono grandi marchi da ogni parte del mondo che vogliono tornare a commissionare qui abiti di qualità, dopo aver abbandonato la Val Vibrata 10-15 anni fa. Questo tipo di clienti, però, vuole prodotti di eccellenza di sartoria italiana certificata: il made in Italy, del resto, è un brand di successo praticamente da solo, anche senza il nome di uno stilista o di un marchio accanto. Noi però non riusciamo a reperire la manodopera qualificata di cui necessitiamo per rispondere alla domanda. Per ora siamo costretti a cercare altri laboratori fuori dall’Abruzzo per completare tutte le fasi della lavorazione, ma fra 4 o 5 anni, quando la generazione dei nostri sarti andrà in pensione, rischiamo di rimanere praticamente senza dipendenti. Questo perché non c’è alcun ricambio generazionale nelle figure professionali: negli anni della crisi è scomparsa dalla vallata la cultura della manodopera tessile». Quindi l’accorato appello: «Vogliamo sensibilizzare le istituzioni affinché si impegnino a creare insieme a noi un nuovo metodo e modello di sviluppo per rilanciare il tessile vibratiano, che ha ancora grandi possibilità. Abbiamo bisogno però di un impegno profondo, di una regia e di una volontà seria nel rilancio del settore. Come non bastano le iniziative di singoli imprenditori, non bastano nemmeno le risposte a breve termine degli enti, come alcuni corsi di sartoria attivati in zona. Ci teniamo a precisare che non chiediamo soldi, o almeno non per forza. Se non ci risponderanno, noi procederemo da soli attivando la scuola che abbiamo in mente e cercando più collaborazioni possibili tra gli altri imprenditori del tessile e quelli dell’indotto, ma il rischio è di sprecare un patrimonio enorme in cultura e in posti di lavoro». Il riferimento alle istituzioni è soprattutto diretto alla Regione Abruzzo. A spiegarlo è Domenico Di Matteo, in qualità di presidente del movimento civico Val Vibrata-Monti della Laga, intervenuto nella questione insieme Tito Rubini e Antonio Marsili: «Da un anno bussiamo alle porte della Regione insieme a Salvi. Non ci è mai pervenuta nessuna vera risposta alla nostra richiesta di un impegno della Regione al fianco del tessile vibratiano su un nuovo modello di sviluppo e sulla formazione di una nuova generazione di manodopera qualificata. La questione non è importante solo per il tessile, ma anche per i settori collegati e quelli che puntano sull’eccellenza. Su questo, però, la Regione sembra avere tempi biblici».
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