Maxi condanna anche per Di Gennaro 

L’ex vice presidente dovrà risarcire 176 milioni alla Popolare di Bari, un po’ meno dei 192 milioni chiesti a Di Matteo

TERAMO. Stessi giudici, stessa sentenza. Dopo l’ex direttore generale della Tercas Antonio Di Matteo, condannato a pagare un maxi risarcimento di 192 milioni di euro, il tribunale civile dell’Aquila infligge un’altra condanna all’ex vice presidente Claudio Di Gennaro, e anche in questo caso la cifra è da capogiro: 176 milioni 251mila euro da risarcire alla Banca Popolare di Bari, attuale proprietaria della banca. A tanto ammonta il danno che avrebbe causato Di Gennaro, chiamato in giudizio, insieme agli altri ex amministratori, ex sindaci ed ex dirigenti della Tercas, dall’azione di responsabilità promossa dall’allora commissario della Banca d’Italia Riccardo Sora, al quale è poi subentrata la Popolare di Bari quando ha rilevato l’istituto di credito teramano. Come per Di Matteo il tribunale dell’Aquila – composto da Roberto Ferrari (presidente), Daria Lombardi e Mario Cervellino – ha ravvisato gravi irregolarità in varie operazioni di concessione del credito a imprenditori e società che non solo non offrivano adeguate garanzie, ma erano già pesantemente esposti verso la Tercas; in alcuni casi, rilevano i giudici, gli affidamenti venivano concessi per consentire alle società di ricoprire l’indebitamento precedente.
«Nello sviluppo dei rapporti di credito», si legge nella sentenza, «è mancato un pronto rilevamento dei dati idonei a evidenziare i sintomi di deterioramento del credito ovvero la rilevazione dei rischi, più dolosamente che negligentemente». Anche la vendita di azioni proprie viene addebitata a Di Gennaro – come già a Di Matteo – non in quanto abbia determinato una perdita diretta, ma in quanto ha generato un contenzioso che ha a sua volta causato una consistente perdita. Nella sentenza vengono elencate numerose operazioni, dall’acquisizione della Smib, la banca di San Marino, alla concessione di crediti alle società degli imprenditori introdotti presso la Tercas dall’ex direttore generale Di Matteo, come l’avvocato e imprenditore modenese Giampiero Samorì, l’imprenditore televisivo avezzanese Francescantonio Di Stefano, l’immobiliarista molisano ed ex re del mattone Raffaele Di Mario, l’imprenditore edile ed ex presidente della Fortitudo Bologna Gilberto Sacrati. Tutti nomi che, insieme a molti altri, ricorrono in tutte le vicende giudiziarie seguite al crac della ex Tercas, sia in sede civile che penale. Nell’azione di responsabilità si chiedeva la condanna di Di Gennaro in solido con gli altri ex amministratori, ma per il tribunale non ci sono «i presupposti per l’individuazione di un vincolo di solidarietà». La richiesta di risarcimento riguarda un danno «derivante da operazioni compiute in periodi diversi» per cui manca «la precisa esposizione dei fatti nei quali ravvisare il concorso di determinati amministratori e sindaci in relazione ad ogni singola operazione produttiva di danno».
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