Usura bancaria, per la Cassazione l’inchiesta non va archiviata
Annullato il decreto del gip del tribunale di Teramo in seguito al ricorso di un’imprenditrice La sentenza è dell’ex pm di Mani pulite, Piercamillo Davigo. Soddisfatta l’associazione Sos Utenti
TERAMO. Il pubblico ministero aveva presentato la richiesta di archiviazione e il gip l’aveva accolta. Sembrava dunque finita in un nulla di fatto l’inchiesta su una presunta usura bancaria da parte della Bnl, avviata in seguito alla denuncia di un’imprenditrice teramana che sosteneva di aver dovuto pagare tassi di interesse superiori alla soglia di legge per l’accensione di due mutui ipotecari. L’imprenditrice però ha presentato un ricorso in Cassazione contro il decreto di archiviane e la seconda sezione penale della Suprema corte, presieduta dall’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo, le ha dato ragione annullando senza rinvio il provvedimento del gip di Teramo e disponendo «la trasmissione degli atti al tribunale per l’ulteriore corso».
L’imprenditrice che aveva presentato la denuncia circa il presunto tasso di interesse usurario applicato dalla banca si era basata su un perizia – redatta da Gennaro Baccile, presidente onorario dell’associazione Sos Utenti – secondo la quale la banca aveva erroneamente conteggiato il tasso di mora con la conseguenza che nel complesso il tasso di interesse pagato dalla donna sarebbe stato superiore alla soglia di legge. Nel corso delle indagini il pm aveva disposto un’altra perizia che aveva invece escluso l’usura bancaria e per questo motivo aveva chiesto l’archiviazione. La denunciante si era opposta, chiedendo al gip ulteriori indagini, anche sulla base della perizia di parte che attesterebbe l’effettivo superamento del tasso soglia, ma il giudice rileva che tale perizia «non è sta prodotta né nel corso delle indagini preliminari né in sede di opposizione alla richiesta abdicativa». La donna non si è persa d’animo e contro il decreto di l’archiviazione – assistita dall’avvocato Luigi Iosa, penalista di Sos Utenti – ha presentato ricorso in Cassazione, che ha osservato, tra l’altro, che la perizia di parte era presente negli atti. «Il gip», si legge nella sentenza della Cassazione, «non poteva, pur a fronte dell’indicazione dell’investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova (come la ctp del dott. Baccile che risultava allegata alla denuncia) emettere il decreto di archiviazione de plano, adducendo una motivazione apparente attraverso un mero rinvio alle argomentazioni del pubblico ministero senza confrontarsi con le deduzioni difensive». «Da sempre purtroppo», commenta Baccile, «in molti ambienti giudiziari si fa fatica a far valere i diritti degli utenti, specialmente in ambito penale, contro il sistema bancario». E Teramo, a suo giudizio, «è uno degli ambienti più ostici». La pronuncia della Cassazione non entra nel merito della presunta usura bancaria, la cui eventuale esistenza dovrà essere accertata da una nuova inchiesta, come disposto dalla Suprema corte.
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L’imprenditrice che aveva presentato la denuncia circa il presunto tasso di interesse usurario applicato dalla banca si era basata su un perizia – redatta da Gennaro Baccile, presidente onorario dell’associazione Sos Utenti – secondo la quale la banca aveva erroneamente conteggiato il tasso di mora con la conseguenza che nel complesso il tasso di interesse pagato dalla donna sarebbe stato superiore alla soglia di legge. Nel corso delle indagini il pm aveva disposto un’altra perizia che aveva invece escluso l’usura bancaria e per questo motivo aveva chiesto l’archiviazione. La denunciante si era opposta, chiedendo al gip ulteriori indagini, anche sulla base della perizia di parte che attesterebbe l’effettivo superamento del tasso soglia, ma il giudice rileva che tale perizia «non è sta prodotta né nel corso delle indagini preliminari né in sede di opposizione alla richiesta abdicativa». La donna non si è persa d’animo e contro il decreto di l’archiviazione – assistita dall’avvocato Luigi Iosa, penalista di Sos Utenti – ha presentato ricorso in Cassazione, che ha osservato, tra l’altro, che la perizia di parte era presente negli atti. «Il gip», si legge nella sentenza della Cassazione, «non poteva, pur a fronte dell’indicazione dell’investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova (come la ctp del dott. Baccile che risultava allegata alla denuncia) emettere il decreto di archiviazione de plano, adducendo una motivazione apparente attraverso un mero rinvio alle argomentazioni del pubblico ministero senza confrontarsi con le deduzioni difensive». «Da sempre purtroppo», commenta Baccile, «in molti ambienti giudiziari si fa fatica a far valere i diritti degli utenti, specialmente in ambito penale, contro il sistema bancario». E Teramo, a suo giudizio, «è uno degli ambienti più ostici». La pronuncia della Cassazione non entra nel merito della presunta usura bancaria, la cui eventuale esistenza dovrà essere accertata da una nuova inchiesta, come disposto dalla Suprema corte.
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