Abruzzo, l'economia non riparte

L'analisi di Confindustria: il primo semestre del 2011 delude le aspettative e, per il secondo, previsti trend negativi. Il presidente degli industriali Angelucci: le aziende vogliono risposte certe

L'AQUILA. L'indagine semestrale di Confindustria Abruzzo conferma la diagnosi su un sistema economico fortemente condizionato dalla crisi nazionale e mondiale. Se il 2010 si era chiuso con aspettative di leggera crescita, il primo semestre del 2011 le ha deluse. E il secondo semestre non promette bene. Brillano però le esportazioni (l'Abruzzo recupera significativamente quote di mercato rispetto all'export italiano) grazie a settori come auto e motocicli, hi tech e agroalimentare.
Lo studio, il 29º della serie, è stato presentato all'Aquila dal presidente di Confindustria Abruzzo, Mauro Angelucci, assieme a Silvano Pagliuca, consigliere delegato al Centro studi di Confindustria Abruzzo, al presidente di Ance Abruzzo, Giuseppe Girolimetti, all'economista Giuseppe Mauro, e al professore Luciano Fratocchi che con Giuseppe D'Amico e Massimo Parisse ha curato la ricerca.
Preoccupata l'analisi degli industriali. Angelucci ha sottolineato la «situazione grave, ai limiti del sostenibile», del paese «per il quale occorrerebbe senza più ritardi e scusanti uno scatto di responsabilità da parte di tutte le forze politiche». Appello che vale anche per la Regione. «L'Abruzzo attraversa ancora una fase congiunturale che continua ad essere lontana da una vera ripartenza», ha spiegato. «Come noto, del resto, quella dell'Abruzzo è una situazione veramente particolare, accentuata da problemi di assoluta difficoltà, quali quelli legati al sistema sanitario e al devastante evento tellurico dell'aprile 2009». Angelucci ha poi ricordato l'impegno nel Patto per lo sviluppo sottolineando la «assoluta necessità di coesione», per dare «risposte e certezze a una situazione che ormai sta fiaccando le capacità di reazione di imprese e lavoratori».
«Molti sono i temi che ci vedono e ci vedranno impegnati nelle prossime settimane in un confronto che, oltre al Patto per lo Sviluppo, coinvolge anche il Documento di Programmazione Economico Finanziaria Regionale, in discussione in questi giorni», ha aggiunto il presidente, che ha ricordato le priorità dell'associazione: attuazione di riforme strutturali (pubblica amministrazione, legge industria, consorzi industriali); raggiungimento del nuovo obiettivo dei fondi strutturali 2014-2020; apertura di altri tavoli tecnici con il Governo per sbloccare le altre risorse finanziarie, come quelle del Masterplan, e per il reinserimento dell'Abruzzo nel Piano infrastrutturale nazionale; infine la zona franca urbana all'Aquila.
Un elenco che Angelucci definisce «esemplificativo, e assolutamente non esaustivo».
Per quanto riguarda l'indagine, la parte più interessante e nuova, rispetto a studi analoghi come quello di Bankitalia di qualche giorno fa, o rispetto alle ricerche ricche di numeri di Istat e Cresa, riguarda le previsioni degli imprenditori, che sono un indice importante per valutare la fiducia, componente centrale della crescita. Ebbene, gli imprenditori abruzzesi sono apparsi molto cauti. Quasi tutti sono concordi nel descrivere il primo semestre 2011 come «stabile», che in economia non è mai un buon segno. Ma soprattutto solo un quarto degli imprenditori ha dichiarato di avere investito.
Il secondo semestre mostra sempre il barometro fermo sullo «stabile», con qualche piccolo movimento in positivo per la provincia di Teramo che nel primo semestre aveva registrato una tendenza alla flessione. Per quanto riguarda i settori, meglio di tutti andrà la farmaceutica che prevede aumenti sia nel fatturato che negli investimenti che saranno effetutati dalla maggior parte delle imprese. Stabile con tendenza alla diminuzione il settore delle costruzioni.
Preoccupante l'andamento del mercato del lavoro. Il 75% delle aziende non prevede un aumento di personale, il 27,4% prevede addirittura una riduzione, il 27,4% un ricorso alla cassa integrazione ordinaria, il 7,8% un ricorso alla cassa integrazione straordinaria. Solo il 23,5% conta di aumentare il personale. Una previsione che riguarda soprattutto il settore farmaceutico (66,6%) e l'agroalimentare (58,3%).

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