ESTATE
Anche in Abruzzo è già emergenza siccità
Il report e i dati di Anbi (associazione Consorzi di tutela): "Anche in zone dove l’acqua non è mai mancata, ora ci sono razionamenti e limitazioni". Rimedi e burocrazia
PESCARA. In Abruzzo stanno emergendo criticità, che fanno temere per le disponibilità idriche in vista della stagione più calda. E alla vigilia dell'estate già si parla di siccità. A delineare il quadro sul fronte dell'acqua con un focus particolare sulla nostra regione è l'Anbi (Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) sottolineando come vi sia "un’allarmante similitudine" su quanto si sta registrando nell’Italia centrale e quanto accadde nel 2021, quando dalla tarda primavera iniziò un periodo di drammatica sofferenza per le regioni adriatiche dal fiume Reno alla Puglia, costringendo alla sospensione del servizio irriguo.
Nel report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche viene messo in luce come, dopo un inverno con scarso innevamento sull’Appennino ed una primavera povera di pioggia, i sintomi di questo grave trend sono evidenti soprattutto in Abruzzo: "Dalle colline teatine alla costa pescarese, dalla Val Pescara fino al confine con le Marche, le precipitazioni nell’anno idrologico sono ai minimi". Con qualche eccezione riferita alla piana del Fucino e alla costa vastese, "dove", rileva Anbi, " le piogge sono rimaste nella media".
Questi i dati: a maggio la fascia collinare litoranea, soprattutto quella centro-meridionale, ha registrato un deficit pluviometrico fino a -87,7% sulla costa pescarese mentre, per paradossale contrappasso, le piogge sono state superiori alla media (+93%) nelle zone montane della provincia aquilana (fonte: Regione Abruzzo). Il perdurare di questa situazione idrologica “a macchia di leopardo” fin dall’estate 2023", rileva Anbi, "comporta che anche zone dove l’acqua non è mai mancata, ora si trovino alle prese con razionamenti e limitazioni: nella Valle Peligna, zona idricamente ricca, si sta sperimentando per la prima volta l’interruzione delle erogazioni per 3 giorni a settimana, consentendo alla vasca per l’irrigazione (“Sulmona”, che serve metà valle) di riempirsi, nonostante le esigue portate del fiume Gizio; qualora le temperature dovessero mantenersi più alte della media e le piogge a latitare, tale provvedimento dovrà essere esteso ad altre 13 vasche del comprensorio con pesanti ripercussioni sulle produzioni agricole della zona".
Come caso esemplare della gravità della situazione, che si va delineando, viene indicato lo stato del bacino di Penne, che a fine maggio era riempito solo per il 33% della sua capacità, registrando un livello idrico, inferiore di oltre 10 metri all’anno scorso e sceso di un ulteriore metro nei primi 12 giorni di giugno: "Normalmente in questo periodo, grazie alla fusione nivale ed alle piogge di maggio, l’invaso contiene volumi pari a circa 8 milioni di metri cubi, mentre attualmente è al di sotto dei 3 milioni. In assenza di significative precipitazioni, già a luglio non ci sarà acqua per le campagne".
“Il ripetersi di una forte differenziazione idrica fra zone di una stessa regione in conseguenza di una crescente localizzazione degli eventi meteo evidenzia la necessità non solo di un maggior numero di invasi per raccogliere l’acqua quando c’è, ma di infrastrutture capaci di spostare risorse idriche da un territorio all’altro”, indica Francesco Vincenzi, presidente Anbi.
“Bisogna avviare urgentemente interventi di adattamento dei territori alle conseguenze della crisi climatica. E’ necessario, ad esempio, iniziare a finanziare il Piano Invasi e dare seguito concreto a quanto previsto dal Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la Sicurezza del settore idrico, accelerando gli iter burocratici, pur nel pieno rispetto delle norme: 11 anni di media per realizzare un’opera pubblica, di cui 8 per procedure formali, è un tempo insostenibile di fronte alle conseguenze della crisi climatica” aggiunge Massimo Gargano, direttore generale Anbi. L'esempio è con la vicina regione delle Marche, dove la stagione irrigua di quest’anno sarà garantita solo grazie ai quasi 52 milioni di metri cubi d’acqua ancora trattenuti dalle dighe regionali. "In questo caso a preoccupare è la condizione di siccità estrema (così classificata da Amap - Agenzia Marche agricoltura pesca), in cui versano, dopo oltre un anno di piogge scarse, alcuni comuni costieri pesaresi ed i territori meridionali al confine con l’Abruzzo: da gennaio 2023, a livello regionale mancano all’appello oltre 170 millimetri di pioggia, avvicinando il bilancio idrico dei fiumi marchigiani a quello dell’ “annus horribilis” 2021. E anche nelle altre regioni centrali stanno emergendo criticità, che fanno temere per le disponibilità idriche in vista della stagione più calda.