Baiocchi, l’eroe dei Mille
E’ l’unico abruzzese che seguì Garibaldi. Era di Atri e il papà di Città Sant’Angelo, fu ucciso a Palermo per l’unità d’Itali. Capì l’idea della patria in seminario a Teramo Partì per Quarto e cadde in battaglia a 27 anni
ATRI. Chissà se i giovani atriani passando in via Pietro Baiocchi si sono mai chiesti chi fosse questo concittadino così illustre da meritare l’intitolazione di una strada.
Il suo nome ha meritato in effetti molto di più che il ricordo della sua città natale impresso nel nome di una via. Il suo nome è entrato a pieno titolo nella storia di chi ha fatto d’Italia, perchè Pietro Baiocchi è stato l’unico abruzzese a partecipare alla spedizione dei Mille.
Uno dei pochissimi che dall’Italia centrale si unì alla schiera dei 1087 volontari, ai quali, partendo dallo storico scoglio di Quarto, Garibaldi non promise onori o vantaggi ma solo “come tenda il cielo, come letto la terra, come testimonio Iddio”.
Pietro Baiocchi intraprese la sua avventura all’età di 27 anni, con l’ardore e la spinta ideale che solo la gioventù e l’incoscienza sanno regalare.
Dell’Italia unita, però, non vide i primi passi perché in quella eroica esperienza perse la vita, in una battaglia alle porte di Palermo, il 27 maggio 1860.
LA VITA. Era nato ad Atri il 7 maggio 1834, figlio di Andrea Baiocchi di Città Sant’Angelo e di Matilde De Sabatinis, il piccolo Pietro fu battezzato nella cattedrale della città ducale.
La sua vita fin dai primi anni non gli riservò un destino facile: perse presto entrambe i genitori e fu costretto a cavarsela da solo. Fu soprattuto sotto la guida del letterato atriano Gabriello Cherubini e di Ariodante Mambelli, matematico, filosofo e ardente mazziniano, che Pietro Baiocchi ritrovò la forza di andare avanti e di dedicarsi agli studi, inizialmente nel seminario di Atri poi a Teramo.
LA PASSIONE POLITICA. Fu a questo punto che iniziò a crescere in lui l’amore per la patria che sentiva così ingiustamente oppressa e divisa. Fu qui che iniziò a coltivare la sua passione politica, con azioni di propaganda e proselitismo che svolgeva, fin dal 1859, in modo clandestino, per sfuggire alla sospettosa vigilanza della polizia.
«Molte informazioni prese su di me», scriveva allo zio Pasquale De Sabatinis nel febbraio del 1860, «mi danno a sospettare che la polizia possa pigliarmi allo scopo delle sue ricerche. Io però la sto eludendo alla meglio ma, quando non potrò più, saprò pigliare una certissima mia risoluzione».
In quel periodo iniziavano infatti a giungergli notizie di fermenti rivoluzionari in Sicilia e della rapida organizzazione a Genova del generale Garibaldi.
LA PARTENZA COI MILLE. L’entusiasmo giovanile e l’ardore patriottico furono per lui richiami irresistibili, così Pietro Baiocchi decise di disertare l’esercito regolare e di unirsi all’impresa garibaldina.
«Le circostanze vogliono che io abbandoni questi luoghi e mi volga a miglior piaggia», scriveva sempre allo zio il 21 febbraio 1860. «Le vostre benedizioni e quelle degli altri miei parenti scorgano i miei passi. Addio, siate felici; possiamo rivederci a miglior tempo».
Così salutò i parenti prima di partire alla volta di Quarto, non sapendo però che quel “miglior tempo” per lui non sarebbe arrivato.
BATTAGLIE E MORTE. A Calatafimi Baiocchi ebbe il suo battesimo di fuoco quando i Mille di Garibaldi, affiancati da mezzo migliaio di siciliani, si batterono contro i militari borbonici che formavano la brigata al comando del generale Francesco Landi.
Sopravvise a quello storico giorno, la sua ora però era dietro l’angolo. Morì pochi giorni dopo nell’attacco di Palermo, fu l’unico abruzzese che ci ha regalato l’Italia unita.
Il suo nome ha meritato in effetti molto di più che il ricordo della sua città natale impresso nel nome di una via. Il suo nome è entrato a pieno titolo nella storia di chi ha fatto d’Italia, perchè Pietro Baiocchi è stato l’unico abruzzese a partecipare alla spedizione dei Mille.
Uno dei pochissimi che dall’Italia centrale si unì alla schiera dei 1087 volontari, ai quali, partendo dallo storico scoglio di Quarto, Garibaldi non promise onori o vantaggi ma solo “come tenda il cielo, come letto la terra, come testimonio Iddio”.
Pietro Baiocchi intraprese la sua avventura all’età di 27 anni, con l’ardore e la spinta ideale che solo la gioventù e l’incoscienza sanno regalare.
Dell’Italia unita, però, non vide i primi passi perché in quella eroica esperienza perse la vita, in una battaglia alle porte di Palermo, il 27 maggio 1860.
LA VITA. Era nato ad Atri il 7 maggio 1834, figlio di Andrea Baiocchi di Città Sant’Angelo e di Matilde De Sabatinis, il piccolo Pietro fu battezzato nella cattedrale della città ducale.
La sua vita fin dai primi anni non gli riservò un destino facile: perse presto entrambe i genitori e fu costretto a cavarsela da solo. Fu soprattuto sotto la guida del letterato atriano Gabriello Cherubini e di Ariodante Mambelli, matematico, filosofo e ardente mazziniano, che Pietro Baiocchi ritrovò la forza di andare avanti e di dedicarsi agli studi, inizialmente nel seminario di Atri poi a Teramo.
LA PASSIONE POLITICA. Fu a questo punto che iniziò a crescere in lui l’amore per la patria che sentiva così ingiustamente oppressa e divisa. Fu qui che iniziò a coltivare la sua passione politica, con azioni di propaganda e proselitismo che svolgeva, fin dal 1859, in modo clandestino, per sfuggire alla sospettosa vigilanza della polizia.
«Molte informazioni prese su di me», scriveva allo zio Pasquale De Sabatinis nel febbraio del 1860, «mi danno a sospettare che la polizia possa pigliarmi allo scopo delle sue ricerche. Io però la sto eludendo alla meglio ma, quando non potrò più, saprò pigliare una certissima mia risoluzione».
In quel periodo iniziavano infatti a giungergli notizie di fermenti rivoluzionari in Sicilia e della rapida organizzazione a Genova del generale Garibaldi.
LA PARTENZA COI MILLE. L’entusiasmo giovanile e l’ardore patriottico furono per lui richiami irresistibili, così Pietro Baiocchi decise di disertare l’esercito regolare e di unirsi all’impresa garibaldina.
«Le circostanze vogliono che io abbandoni questi luoghi e mi volga a miglior piaggia», scriveva sempre allo zio il 21 febbraio 1860. «Le vostre benedizioni e quelle degli altri miei parenti scorgano i miei passi. Addio, siate felici; possiamo rivederci a miglior tempo».
Così salutò i parenti prima di partire alla volta di Quarto, non sapendo però che quel “miglior tempo” per lui non sarebbe arrivato.
BATTAGLIE E MORTE. A Calatafimi Baiocchi ebbe il suo battesimo di fuoco quando i Mille di Garibaldi, affiancati da mezzo migliaio di siciliani, si batterono contro i militari borbonici che formavano la brigata al comando del generale Francesco Landi.
Sopravvise a quello storico giorno, la sua ora però era dietro l’angolo. Morì pochi giorni dopo nell’attacco di Palermo, fu l’unico abruzzese che ci ha regalato l’Italia unita.
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