Bertolaso, applausi e regali
Dopo la discussa inchiesta su appalti e corruzioni, Bertolaso appare turbato e non si sbilancia sul futuro del capoluogo aquilano: "Macerie? Tempi lunghi ma non c’è politica nelle manifestazioni"
L’AQUILA. «Santo subito». Ci sono più poliziotti (celerini compresi) che residenti ad accogliere, ad Arischia, il capo della Protezione civile che torna dopo un mese e mezzo di assenza. E di bufera. Un salto dal prefetto Gabrielli, poi all’elementare «Tenente Crescenzo Taranta». Una mamma sfila: «Bertolaso non c’interessa». La sua premura è di riportare il figlio a casa. «Salve, sono ancora vivo e vegeto».
PRIMA TAPPA ARISCHIA. Vivo e vegeto, sì, Guido Bertolaso, ma provato dall’inchiesta su appalti e corruzione tanto che gli si legge sul volto. Si sforza di sorridere. «Cerco di portare avanti gli impegni e le promesse», dice, mentre, alle 12,46, stringe le mani di Antonio e Loreto De Santis che gli presentano i piccoli Lorenzo e Giacomo davanti alla scuola provvisoria della frazione, inaugurata in piena bufera giudiziaria. «Forza e coraggio, non ti abbattere», gli dicono. Luigi Barone, poi, lo invita a cena «alle case nuove». «Ce lo deve promettere, eh». «Sì, sì». Abramo Colageo gli regala il libro sul catasto onciario. «Così si ricorda di Arischia».
«Ma io mica me la sono dimenticata», è la risposta dell’ormai ex commissario dell’emergenza Abruzzo. Accanto a lui Elvezio Galanti e Manuela Manenti del suo dipartimento. Varcata la soglia della scuola trova gli alunni ad aspettarlo nell’atrio. «Sono venuto per ringraziarvi. Infatti ho ricevuto un bel grembiule con tanti nomi. Ci ho fatto un quadro e l’ho attaccato nel mio ufficio. Ogni mattina alzo la testa, lo guardo e penso a voi. Ci sono anche le mani bianche, rossa e verde. Chi le ha fatte?».
Noi, i bambini di Prima». Un altro gli dice: «Studia, studia». «Sì, hai ragione, dobbiamo imparare ancora tante cose». «Siamo un po’ di meno oggi perché c’è lo sciopero». Una quarantina di alunni, però, restano ben oltre l’orario e fanno contenta la dirigente Paola Giagnacovo. «Vi piace questa scuola? Spero di avervi fatto dimenticare un po’ quello che avete passato. Le promesse le manteniamo tutte, magari non nel giorno stesso... Ce l’avete le case? Bene, meno male. Abbiamo fatto qualche scuola, qualche casa...». Poi si prenota per una partita a scacchi, visto che lo portano in una sala con tanti tavoli attrezzati. Prima di entrare nel refettorio, Alessandro gli chiede un autografo con la penna a inchiostro cancellabile: «Così il prossimo che viene...». Lo chiamano «presidente». «Sì ma non chiamatemi presidente che con gli epiteti qua bisogna starci attenti...».
CARRIOLE GENUINE. «Mi sento come un aquilano che non ha mai lasciato questa città. Per me è la continuazione di un lavoro iniziato il 6 aprile e che prosegue con le autorità locali. Le carriole? Non c’è nulla di politico, almeno dal punto di vista dell'originalità dell’idea. Vogliono essere di stimolo per le autorità locali perché il lavoro di 10 mesi passati possa continuare con lo stesso impegno e determinazione. Per questi motivi sono al loro fianco. Tuttavia, il lavoro non sarà breve e chi pensa che con una carriola si possa portare via tutto sbaglia. San Guido? I santi sono in Paradiso e lì stanno bene.
Il popolo delle carriole rappresenta un sentimento di disagio e preoccupazione, ma anche di speranza. Il problema, però, è più complesso e per far sì che dall’Aquila spariscano le macerie ci vorrà tempo. L’abbiamo detto dal primo giorno. In mezzo ci sono rifiuti speciali e pezzi di monumenti. Pensare di rimuoverle in tempi brevi non è possibile». Poi, sull’inchiesta in cui è indagato per corruzione: «Resto amareggiato e confuso, ma fino a quando mi manterranno in questo incarico andrò avanti per la mia strada senza guardare in faccia a nessuno, come abbiamo fatto nel passato, con l'unico obiettivo di dare risposte a chi ha dei problemi. All'Aquila, in Abruzzo e in Italia».
ALLA DE AMICIS. C’è il direttore dell’ufficio scolastico Carlo Petracca ad accoglierlo alla «nuova» De Amicis dove gli regalano un segnalibro in tombolo delle «maestre del Comune», un pacco di letterine e un uovo di Pasqua di carta.
ZEPPOLE A PILE. Alle 14,10, zeppole e Lepore rosso scuro lo aspettano nella scuola «Rodari» di Pile dove a un certo punto, dopo farfalle di pasta, fritti e salsiccia fresca spalmata sul pane arriva pure la panna cotta. «Abbiamo fatto tutto noi», dice il dirigente Armando Rossini circondato dalle donne-cuoche della scuola che fanno la fila per una foto. Poi un saluto ai bimbi del tempo pieno. In prima C all’inizio non lo riconoscono. A quelli della lezione di musica promette: «Torno per il saggio». Poi un salto dalle Maestre Pie Filippini.
MENSA DEI POVERI. Scarpe nel fango, Bertolaso alle 15,30 controlla il cantiere della mensa di Celestino di padre Quirino Salomone, che sta nascendo a piazza d’Armi grazie al contributo dei lettori del Centro e ai fondi della Protezione civile. Qui verrà portata proprio la campana prelevata da San Bernardino. Presenti al sopralluogo il direttore responsabile del Centro Luigi Vicinanza e il consigliere preposto alla divisione Centro-Sud della Finegil Domenico Galasso. I lavori, sia nei 13 alloggi per i bisognosi sia nella mensa vanno avanti a spron battuto. E il 19 marzo riapre anche la chiesa delle Anime Sante. Bertolaso invita a fare presto. Prima di lasciare una dedica su un tricolore che viene steso tra due cavalletti. Uscendo, un uomo col casco gli dice: «Mi raccomando, ci aiuti lei da fuori». E lui: «Aiutatemi voi da dentro!». La replica: «Sa, perché a sentire quello che si dice ti girano un po’». E Bertolaso: «A voi? Non sapete quanto mi girano a me che quasi quasi decollo...».
L’AMICA STEFANIA. L’ultimo impegno pubblico del primo giorno all’Aquila post-bufera è per la consegna degli ultimi 55 Map a Barisciano. Anche qui applausi e consensi. E la solidarietà del sindaco Domenico Panone. In 150 entrano nelle nuove case. Taglio del nastro, visita a una famiglia. Qui ritrova e abbraccia «l’amica Stefania», la presidente della Provincia Pezzopane. Assunta Bernardi gli regala pistilli di zafferano. A sera il ritorno a Coppito. Qui il «generale» raduna le truppe ancora di stanza all’Aquila, dove si appresta a passare la notte. E un’altra mezza giornata.
PRIMA TAPPA ARISCHIA. Vivo e vegeto, sì, Guido Bertolaso, ma provato dall’inchiesta su appalti e corruzione tanto che gli si legge sul volto. Si sforza di sorridere. «Cerco di portare avanti gli impegni e le promesse», dice, mentre, alle 12,46, stringe le mani di Antonio e Loreto De Santis che gli presentano i piccoli Lorenzo e Giacomo davanti alla scuola provvisoria della frazione, inaugurata in piena bufera giudiziaria. «Forza e coraggio, non ti abbattere», gli dicono. Luigi Barone, poi, lo invita a cena «alle case nuove». «Ce lo deve promettere, eh». «Sì, sì». Abramo Colageo gli regala il libro sul catasto onciario. «Così si ricorda di Arischia».
«Ma io mica me la sono dimenticata», è la risposta dell’ormai ex commissario dell’emergenza Abruzzo. Accanto a lui Elvezio Galanti e Manuela Manenti del suo dipartimento. Varcata la soglia della scuola trova gli alunni ad aspettarlo nell’atrio. «Sono venuto per ringraziarvi. Infatti ho ricevuto un bel grembiule con tanti nomi. Ci ho fatto un quadro e l’ho attaccato nel mio ufficio. Ogni mattina alzo la testa, lo guardo e penso a voi. Ci sono anche le mani bianche, rossa e verde. Chi le ha fatte?».
Noi, i bambini di Prima». Un altro gli dice: «Studia, studia». «Sì, hai ragione, dobbiamo imparare ancora tante cose». «Siamo un po’ di meno oggi perché c’è lo sciopero». Una quarantina di alunni, però, restano ben oltre l’orario e fanno contenta la dirigente Paola Giagnacovo. «Vi piace questa scuola? Spero di avervi fatto dimenticare un po’ quello che avete passato. Le promesse le manteniamo tutte, magari non nel giorno stesso... Ce l’avete le case? Bene, meno male. Abbiamo fatto qualche scuola, qualche casa...». Poi si prenota per una partita a scacchi, visto che lo portano in una sala con tanti tavoli attrezzati. Prima di entrare nel refettorio, Alessandro gli chiede un autografo con la penna a inchiostro cancellabile: «Così il prossimo che viene...». Lo chiamano «presidente». «Sì ma non chiamatemi presidente che con gli epiteti qua bisogna starci attenti...».
CARRIOLE GENUINE. «Mi sento come un aquilano che non ha mai lasciato questa città. Per me è la continuazione di un lavoro iniziato il 6 aprile e che prosegue con le autorità locali. Le carriole? Non c’è nulla di politico, almeno dal punto di vista dell'originalità dell’idea. Vogliono essere di stimolo per le autorità locali perché il lavoro di 10 mesi passati possa continuare con lo stesso impegno e determinazione. Per questi motivi sono al loro fianco. Tuttavia, il lavoro non sarà breve e chi pensa che con una carriola si possa portare via tutto sbaglia. San Guido? I santi sono in Paradiso e lì stanno bene.
Il popolo delle carriole rappresenta un sentimento di disagio e preoccupazione, ma anche di speranza. Il problema, però, è più complesso e per far sì che dall’Aquila spariscano le macerie ci vorrà tempo. L’abbiamo detto dal primo giorno. In mezzo ci sono rifiuti speciali e pezzi di monumenti. Pensare di rimuoverle in tempi brevi non è possibile». Poi, sull’inchiesta in cui è indagato per corruzione: «Resto amareggiato e confuso, ma fino a quando mi manterranno in questo incarico andrò avanti per la mia strada senza guardare in faccia a nessuno, come abbiamo fatto nel passato, con l'unico obiettivo di dare risposte a chi ha dei problemi. All'Aquila, in Abruzzo e in Italia».
ALLA DE AMICIS. C’è il direttore dell’ufficio scolastico Carlo Petracca ad accoglierlo alla «nuova» De Amicis dove gli regalano un segnalibro in tombolo delle «maestre del Comune», un pacco di letterine e un uovo di Pasqua di carta.
ZEPPOLE A PILE. Alle 14,10, zeppole e Lepore rosso scuro lo aspettano nella scuola «Rodari» di Pile dove a un certo punto, dopo farfalle di pasta, fritti e salsiccia fresca spalmata sul pane arriva pure la panna cotta. «Abbiamo fatto tutto noi», dice il dirigente Armando Rossini circondato dalle donne-cuoche della scuola che fanno la fila per una foto. Poi un saluto ai bimbi del tempo pieno. In prima C all’inizio non lo riconoscono. A quelli della lezione di musica promette: «Torno per il saggio». Poi un salto dalle Maestre Pie Filippini.
MENSA DEI POVERI. Scarpe nel fango, Bertolaso alle 15,30 controlla il cantiere della mensa di Celestino di padre Quirino Salomone, che sta nascendo a piazza d’Armi grazie al contributo dei lettori del Centro e ai fondi della Protezione civile. Qui verrà portata proprio la campana prelevata da San Bernardino. Presenti al sopralluogo il direttore responsabile del Centro Luigi Vicinanza e il consigliere preposto alla divisione Centro-Sud della Finegil Domenico Galasso. I lavori, sia nei 13 alloggi per i bisognosi sia nella mensa vanno avanti a spron battuto. E il 19 marzo riapre anche la chiesa delle Anime Sante. Bertolaso invita a fare presto. Prima di lasciare una dedica su un tricolore che viene steso tra due cavalletti. Uscendo, un uomo col casco gli dice: «Mi raccomando, ci aiuti lei da fuori». E lui: «Aiutatemi voi da dentro!». La replica: «Sa, perché a sentire quello che si dice ti girano un po’». E Bertolaso: «A voi? Non sapete quanto mi girano a me che quasi quasi decollo...».
L’AMICA STEFANIA. L’ultimo impegno pubblico del primo giorno all’Aquila post-bufera è per la consegna degli ultimi 55 Map a Barisciano. Anche qui applausi e consensi. E la solidarietà del sindaco Domenico Panone. In 150 entrano nelle nuove case. Taglio del nastro, visita a una famiglia. Qui ritrova e abbraccia «l’amica Stefania», la presidente della Provincia Pezzopane. Assunta Bernardi gli regala pistilli di zafferano. A sera il ritorno a Coppito. Qui il «generale» raduna le truppe ancora di stanza all’Aquila, dove si appresta a passare la notte. E un’altra mezza giornata.