Bertolaso: me ne vado in pensione
Il capo della Protezione civile: resto al lavoro fino alla fine dell’anno
L’AQUILA. Che il capo di uno dei dipartimenti più attivi in Italia vada in pensione con la legge «anti-fannulloni», pare quasi una battuta. Ma Bertolaso non sembra in vena di scherzi nel confermare l’intenzione di mollare la Protezione Civile. «Non si tratta di dimissioni», ha spiegato, «mi sto solo avvalendo di una legge che consente ai funzionari di anticipare la pensione».
La notizia era nell’aria, anticipata dal Mattino e poi rilanciata dall’Unità. Ieri, poi, è stata la volta del Giornale di Feltri che riportava in prima pagina «Bertolaso si è stufato è pronto a lasciare per colpa dei giudici». È proprio questo titolo che ha spinto il sottosegretario Guido Bertolaso a prendere le distanze da chi sostiene che questa scelta sia dovuta a problemi con la magistratura. «Se, come auspico, potrò lasciare questo incarico», ha detto ieri all’Aquila, «non lo faccio certo in contrasto con quelle che sono le azioni della magistratura, nei confronti della quale ho il massimo rispetto.
Bertolaso ha ribadito che i rapporti con i giudici «sono eccellenti e se c’è stato un episodio a Napoli, questo non deve pregiudicare in alcun modo il rispetto e la fiducia reciproca». Del resto, è stato lo stesso Bertolaso a ripetere più volte: «sono un medico e quando mi chiamano perché ci sono dei feriti, io cerco di salvare loro la vita e se è necessario passo anche con il rosso e vado contromano». Per il momento, Bertolaso si è solo limitato a fare domanda di pre-pensionamento, appellandosi proprio a quella legge, voluta dal ministro Brunetta, che consente ai funzionari dello stato di andare in pensione con anticipo rispetto alla scadenza naturale. Nato 59 anni fa a Roma, due figlie, medico specializzato in malattie tropicali, Bertolaso se ne va principalmente perché ha capito che dopo tante battaglie vinte è impossibile portare a casa quella a cui teneva di più, la messa in sicurezza dell’intero territorio italiano. Certo, in otto anni ha ottenuto la classificazione sismica di tutti i comuni. Ed è riuscito anche ad imporre il catasto degli incendi e i piani di protezione civile comunali, ma non quella cultura di prevenzione che avrebbe consentito di realizzare un vero piano di interventi. Il perché lo ha spiegato lui stesso, decine di volte: «Ho detto a tutti i sindaci che è ora di finirla con le sagre della salsiccia e di utilizzare i fondi per la messa in sicurezza. Ma con le sagre si vincono le elezioni, con la prevenzione no». Con Bertolaso che esce, si apre la partita per la guida del Dipartimento: ai nomi circolati in questi giorni - quello del prefetto dell’Aquila Franco Gabrielli e di Mario Morcone del Viminale - si sono aggiunti quelli dell’ex direttore del Sismi Nicola Pollari e l’ex commissario della Croce Rossa, il sulmonese Maurizio Scelli. Ma cosa farà il sottosegretario? Nei palazzi romani c’è chi lo dà per certo ministro della Sanità, chi candidato governatore del Pdl alla Campania, chi alla guida della Protezione Civile europea. C’è chi lo vede in squadra con Francesco Rutelli. Possibile, comunque, che decida di prendersi una pausa, magari per tornare al suo vecchio lavoro di medico, in Africa.
La notizia era nell’aria, anticipata dal Mattino e poi rilanciata dall’Unità. Ieri, poi, è stata la volta del Giornale di Feltri che riportava in prima pagina «Bertolaso si è stufato è pronto a lasciare per colpa dei giudici». È proprio questo titolo che ha spinto il sottosegretario Guido Bertolaso a prendere le distanze da chi sostiene che questa scelta sia dovuta a problemi con la magistratura. «Se, come auspico, potrò lasciare questo incarico», ha detto ieri all’Aquila, «non lo faccio certo in contrasto con quelle che sono le azioni della magistratura, nei confronti della quale ho il massimo rispetto.
Bertolaso ha ribadito che i rapporti con i giudici «sono eccellenti e se c’è stato un episodio a Napoli, questo non deve pregiudicare in alcun modo il rispetto e la fiducia reciproca». Del resto, è stato lo stesso Bertolaso a ripetere più volte: «sono un medico e quando mi chiamano perché ci sono dei feriti, io cerco di salvare loro la vita e se è necessario passo anche con il rosso e vado contromano». Per il momento, Bertolaso si è solo limitato a fare domanda di pre-pensionamento, appellandosi proprio a quella legge, voluta dal ministro Brunetta, che consente ai funzionari dello stato di andare in pensione con anticipo rispetto alla scadenza naturale. Nato 59 anni fa a Roma, due figlie, medico specializzato in malattie tropicali, Bertolaso se ne va principalmente perché ha capito che dopo tante battaglie vinte è impossibile portare a casa quella a cui teneva di più, la messa in sicurezza dell’intero territorio italiano. Certo, in otto anni ha ottenuto la classificazione sismica di tutti i comuni. Ed è riuscito anche ad imporre il catasto degli incendi e i piani di protezione civile comunali, ma non quella cultura di prevenzione che avrebbe consentito di realizzare un vero piano di interventi. Il perché lo ha spiegato lui stesso, decine di volte: «Ho detto a tutti i sindaci che è ora di finirla con le sagre della salsiccia e di utilizzare i fondi per la messa in sicurezza. Ma con le sagre si vincono le elezioni, con la prevenzione no». Con Bertolaso che esce, si apre la partita per la guida del Dipartimento: ai nomi circolati in questi giorni - quello del prefetto dell’Aquila Franco Gabrielli e di Mario Morcone del Viminale - si sono aggiunti quelli dell’ex direttore del Sismi Nicola Pollari e l’ex commissario della Croce Rossa, il sulmonese Maurizio Scelli. Ma cosa farà il sottosegretario? Nei palazzi romani c’è chi lo dà per certo ministro della Sanità, chi candidato governatore del Pdl alla Campania, chi alla guida della Protezione Civile europea. C’è chi lo vede in squadra con Francesco Rutelli. Possibile, comunque, che decida di prendersi una pausa, magari per tornare al suo vecchio lavoro di medico, in Africa.