«Caso Del Turco, intervenga Alfano»

Interrogazione bipartisan in Senato: accerti se sono necessarie misure disciplinari

PESCARA. Le intercettazioni telefoniche hard del processo a Ottaviano Del Turco mettono insieme centrodestra e centrosinistra. Lo fanno con un'interrogazione parlamentare bipartisan presentata ieri da senatori di entrambi gli schieramenti in cui si chiede: «Dopo la lettura in aula delle intercettazioni telefoniche inerenti fatti che appaiono estranei ai capi di imputazione, il ministro della Giustizia ritiene giusto attivare le procedure di responsabilità disciplinare?».

L'interrogazione è stata promossa dal senatore del Pdl, Luigi Compagna, e firmata da senatori di tutti i gruppi. Con Compagna hanno firmato Giampiero D'Alia (Udc), Francesco Rutelli (Api), Franca Chiaromonte, Marco Follini, Achille Passoni, Rita Ghedini, Anna Maria Carloni ed Enrico Morando (Pd); Claudio Fazzone, Diana De Feo, Gianpiero Cantoni, Enzo Ghigo, Ombretta Colli e Paolo Amato (Pdl). Dalla lettura di quelle intercettazioni in aula «ne è derivata», si legge nell'interrogazione al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, «per adoperare l'efficace immagine suggerita dalla senatrice Anna Finocchiaro, una mortificazione della dignità dell'imputato non funzionale a raggiungere la prova della colpevolezza».

«Il procuratore di Pescara», prosegue l'interrogazione, «stando alle ricostruzioni dei giornalisti che seguono il pubblico dibattimento, avrebbe personalmente fornito alla stampa i testi oggetto della lettura in aula». I senatori, quindi, «chiedono al ministro se non ritenga che emergano dalla vicenda profili sufficienti ad attivare procedure di responsabilità disciplinari».

In realtà, lunedì scorso a Pescara, nell'udienza davanti al gup del processo per Sanitopoli, non è stata data lettura della trascrizione delle intercettazioni telefoniche di presunto contenuto erotico dell'ex governatore di centrosinistra della Regione Abruzzo di altri due esponente della sua ex amministrazione. La procura ha, invece, fatto presente la necessità di acquisirle al procedimento penale. Nell'udienza di lunedì prossimo, i magistrati pescaresi Nicola Trifuoggi, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli dovrebbero chiedere l'acquisizione di quelle telefonate al gup, Angelo Zaccagnini, al quale spetterà la decisione.

Intanto, Del Turco, dopo aver abbandonato l'udienza di lunedì scorso con il suo avvocato, Giandomenico Caiazza, è tornato a Roma, dove vive. Ieri mattina, c'è stato anche un breve incontro, nel Transatlantico di Montecitorio, tra l'ex presidente della Regione e Gianfranco Fini. Il presidente della Camera stava per entrare in aula a presiedere i lavori quando ha incontrato prima Del Turco e poi Niccolò Ghedini, deputato del Pdl e avvocato di Silvio Berlusconi. Il presidente della Camera ha salutato Del Turco, poi si è intrattenuto per un paio di minuti con Ghedini. Con Fini, Del Turco ha parlato del suo caso?

«No», racconta al Centro l'ex governatore. «Vado spesso alla Camera per mantenere i rapporti con i miei ex colleghi. Ho troppo rispetto per il ruolo istituzionale di Fini per parlargli di questioni
di questo genere».

Del Turco racconta di aver molto apprezzato l'intervento di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd e sua ex compagna di partito, che ha criticato l'episodio di lunedì scorso. «Quello della senatrice Finocchiaro», dice Del Turco, «è stato un atto di civiltà giuridica tanto più importante in quanto viene da un magistrato, come lei, di lunga carriera. E senza dimenticare che la Finocchiaro, a mio avviso, ha parlato anche a nome del gruppo del Pd al Senato».

Sul caso Del Turco c'è, infine, da registrare un intervento del senatore abruzzese dell'Italia dei Valori, Alfonso Mascitelli, in merito alla deposizione resa, in marzo, ai magistrati della procura di Pescara dal presidente della Regione, Gianni Chiodi, ed emersa nell'udienza di lunedì scorso.

Secondo il coordinatore regionale delll'Idv, le dichiarazioni di Chiodi «sono di fatto un grave atto di accusa verso la sua stessa maggioranza di centro-destra». «Incoscientemente», aggiunge Mascitelli, «Chiodi si fa merito di un risanamento rispetto al passato nel fissare tempestivamente i tetti di spesa rispetto ai ritardi, come accadeva in precedenza, che hanno visto vulnerate in sede di Tar le delibere che fissavano i tetti. Ebbene, dimentica che i contratti scaduti a dicembre 2007 dovevano essere rinnovati da subito e per questo era stato inviato da Berlusconi a settembre 2008, proprio a cavallo delle elezioni regionali e della campagna elettorale, il commissario Redigolo, persona capace ma di ben nota fede politica. Perché Redigolo ha provveduto in ritardo? Perché è saltato tutto il 2009? Forse il centro-destra locale doveva pagare una cambiale pre e post elettorale? E non aveva quindi interesse a muovere le acque da subito, colpendo interessi economici di decine e decine di milioni di euro». 

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