Centrosinistra in conclave in vista del voto regionale
Lunedì stati generali dei gruppi consiliari Idv-democratici. Il nodo delle alleanze
PESCARA. La giornata di studio dei gruppi di centrosinistra in Consiglio regionale convocata per lunedì all'hotel Duca D'Aosta (si inizia alle ore 9 e si va avanti fino al pomeriggio) aprirà la campagna elettorale per il voto regionale previsto nella primavera del 2014.
Una campagna tutta interna alla coalizione e ai partiti d'area. I promotori sono i capigruppo in consiglio regionale Carlo Costantini (Idv) e Camillo D'Alessandro (Pd), il primo candidato presidente nel 2008 contro Gianni Chiodi, il secondo candidato in pectore (al momento per autocandidatura) alla prossima tornata. Nel pomeriggio è prevista anche la presenza dei quattro consiglieri del Terzo polo (Pli, Api e Udc) invitati ufficialmente dai due capigruppo.
Per Costantini il conclave dovrà fare «il tagliando» alla legislatura. Per D'Alessandro dovrà «elaborare un lavoro se possibile in comune nell'esclusivo interesse degli abruzzesi». Una riunione programmatica, dunque, sulle cose da fare nei prossimi due anni, centrosinistra e terzo polo insieme, quest'ultimo ancora indeciso sulla direzione da prendere.
La cosa finirebbe lì se qualche settimana fa, all'indomani del voto amministrativo, D'Alessandro non si fosse lasciato sfuggire un commento che somiglia a un dichiarazione di guerra: «Non vorrei che dopo la vittoria dei garabildini arrivasse il Cavour di turno». Tradotto: noi che ci siamo impegnati sul territorio, che abbiamo riportato vittorie significative alle amministrative e al referendum, che abbiamo messo Chiodi con le spalle al muro sulla sanità, sui fondi Fas, sulla ricostruzione post-terremoto, non possiamo ora mettere le coperte ai balconi e accogliere festosi il prossimo candidato alla Regione deciso da Roma.
Ai suoi D'Alessandro ha fatto questo ragionamento: gli ultimi presidenti di Regione del centrosinistra Antonio Falconio e Ottaviano Del Turco, sono stati paracadutati sul seggio di Palazzo Silone dopo aver fatto altro nella vita. Se questo orientamento fosse confermato si aprirebbe la strada a una teoria pericolosa: qualsiasi cosa fai in Consiglio regionale è neutrale, inutile, perché tanto poi decide il partito, il quale decide prevalentemente quello che dice Roma.
Oggi Roma vuol dire due nomi: Giovanni Legnini, senatore del Pd, e Rodolfo De Laurentiis, leader dell'Udc abruzzese e consigliere d'amministrazione Rai.
Legnini ha svolto in questi anni un intenso lavoro al Senato, è uno degli uomini di fiducia del capogruppo Anna Finocchiaro, se decidesse di tornare in Abruzzo per candidarsi alla Regione raccoglierebbe poche obiezioni.
A meno che una ipotetica alleanza col terzo polo non dirotti la scelta del centrosinistra su De Laurentiis.
Nel Pd si è convinti però che questa volta tocchi ai democratici, che mai hanno potuto candidare un proprio uomo alla presidenza dell'Abruzzo (Del Turco entrò nel costituendo Pd quando era già presidente di Regione, ma quando venne candidato veniva dalla Rosa nel Pugno).
Certo, su tutto questo discorso pesa l'incognita delle primarie, che potrebbero aprire scenari imprevisti. Nei giorni scorsi il segretario regionale del Pd Silvio Paolucci ha annunciato alla direzione regionale del partito che le primarie si faranno ovunque, anche per il Parlamento e anche se dovessero esserci ancora le liste bloccate. Ma quello delle primarie non è un tema che preoccupa D'Alessandro. Al capogruppo Pd preoccupa stabilire il principio che il candidato alla Regione non sia deciso a Roma ma all'Aquila.
Una campagna tutta interna alla coalizione e ai partiti d'area. I promotori sono i capigruppo in consiglio regionale Carlo Costantini (Idv) e Camillo D'Alessandro (Pd), il primo candidato presidente nel 2008 contro Gianni Chiodi, il secondo candidato in pectore (al momento per autocandidatura) alla prossima tornata. Nel pomeriggio è prevista anche la presenza dei quattro consiglieri del Terzo polo (Pli, Api e Udc) invitati ufficialmente dai due capigruppo.
Per Costantini il conclave dovrà fare «il tagliando» alla legislatura. Per D'Alessandro dovrà «elaborare un lavoro se possibile in comune nell'esclusivo interesse degli abruzzesi». Una riunione programmatica, dunque, sulle cose da fare nei prossimi due anni, centrosinistra e terzo polo insieme, quest'ultimo ancora indeciso sulla direzione da prendere.
La cosa finirebbe lì se qualche settimana fa, all'indomani del voto amministrativo, D'Alessandro non si fosse lasciato sfuggire un commento che somiglia a un dichiarazione di guerra: «Non vorrei che dopo la vittoria dei garabildini arrivasse il Cavour di turno». Tradotto: noi che ci siamo impegnati sul territorio, che abbiamo riportato vittorie significative alle amministrative e al referendum, che abbiamo messo Chiodi con le spalle al muro sulla sanità, sui fondi Fas, sulla ricostruzione post-terremoto, non possiamo ora mettere le coperte ai balconi e accogliere festosi il prossimo candidato alla Regione deciso da Roma.
Ai suoi D'Alessandro ha fatto questo ragionamento: gli ultimi presidenti di Regione del centrosinistra Antonio Falconio e Ottaviano Del Turco, sono stati paracadutati sul seggio di Palazzo Silone dopo aver fatto altro nella vita. Se questo orientamento fosse confermato si aprirebbe la strada a una teoria pericolosa: qualsiasi cosa fai in Consiglio regionale è neutrale, inutile, perché tanto poi decide il partito, il quale decide prevalentemente quello che dice Roma.
Oggi Roma vuol dire due nomi: Giovanni Legnini, senatore del Pd, e Rodolfo De Laurentiis, leader dell'Udc abruzzese e consigliere d'amministrazione Rai.
Legnini ha svolto in questi anni un intenso lavoro al Senato, è uno degli uomini di fiducia del capogruppo Anna Finocchiaro, se decidesse di tornare in Abruzzo per candidarsi alla Regione raccoglierebbe poche obiezioni.
A meno che una ipotetica alleanza col terzo polo non dirotti la scelta del centrosinistra su De Laurentiis.
Nel Pd si è convinti però che questa volta tocchi ai democratici, che mai hanno potuto candidare un proprio uomo alla presidenza dell'Abruzzo (Del Turco entrò nel costituendo Pd quando era già presidente di Regione, ma quando venne candidato veniva dalla Rosa nel Pugno).
Certo, su tutto questo discorso pesa l'incognita delle primarie, che potrebbero aprire scenari imprevisti. Nei giorni scorsi il segretario regionale del Pd Silvio Paolucci ha annunciato alla direzione regionale del partito che le primarie si faranno ovunque, anche per il Parlamento e anche se dovessero esserci ancora le liste bloccate. Ma quello delle primarie non è un tema che preoccupa D'Alessandro. Al capogruppo Pd preoccupa stabilire il principio che il candidato alla Regione non sia deciso a Roma ma all'Aquila.
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