Chiodi: centrodestra battuto in Abruzzo dalla crisi
Tagliente: abbiamo perso, ora serve un governo di fine legislatura
PESCARA. «Queste elezioni si sono celebrate in uno dei momenti più difficili della storia repubblicana. Il vincitore unico è stata la crisi, a volte aiutata dagli errori fatti». Gianni Chiodi sintetizza così il bilancio delle elezioni comunali che i risultati dei ballottaggi hanno chiuso, ieri, con un verdetto spietato per il Pdl e il centrodestra. In cinque dei sei comuni al di sopra dei 15 mila abitanti, in cui si votava con il doppio turno, la parte politica del presidente della Regione ha perso: all'Aquila, a Ortona, Avezzano, Montesilvano e Spoltore. Unica vittoria per il centrodestra a San Salvo, una tradizionale roccaforte della sinistra che lì si è presentata spaccata.
La causa decisiva della débâcle del Pdl, secondo Chiodi, è la crisi economica. Ma non è la sola ragione. Questa chiave di lettura è fortemente contestata, però, da chi, come il consigliere regionale Giuseppe Tagliente, da tempo fa il battitore libero nel Pdl e che, anche in questa circostanza, invita all'autocritica i suoi compagni di partito.
«All'Aquila», spiega Chiodi, «si è riconfermato il sindaco uscente, favorito proprio da questa circostanza che spesso premia, al di là delle contingenze politiche, come è accaduto a Verona, e dalla mancanza di un progetto alternativo unitario».
«I risultati del secondo turno, non sorprendono nessuno, confermando di fatto quanto accaduto al primo turno», dice ancora il governatore. «Però, le regionali previste per il 2013 saranno altra cosa. Lì sarà giocata un'altra partita, dove sarà in campo una squadra che ha ridotto il debito pubblico, ridotto le tasse, e ridato dignità all'Abruzzo, mentre, dall'altra parte, ci saranno quelli che l'avevano portato al fallimento. Auspico che tutti noi, cessato questo periodo elettorale, ci si interroghi ora sulle cause della rivoluzione in corso, del montare del voto di protesta, del fatto che metà degli aventi diritto ha disertato le urne e della incapacità della politica di intercettare il voto dei cittadini»
Quale effetto avrà, il voto, sulla maggioranza che sostiene la giunta regionale?
«Nessuno», risponde Chiodi. «Penso piuttosto che questo voto rafforzi la maggioranza, perché i cittadini oggi si rendono sempre più conto che le chance elettorali passano attraverso una classe dirigente percepita come responsabile. E il primo segno di responsabilità sta nel fatto che chi è stato eletto per governare governi. Inoltre, nei momenti di difficoltà, le maggioeranze solitamente si stringono».
L'analisi che Tagliente fa del voto è provocatoria, come nel suo stile.
«Queste elezioni, in realtà, non le ha vinte nessuno», dice l'ex presidente del consiglio regionale. «Certo, il centrodestra le ha perse: sarebbe stupido negarlo oppure tirare in ballo San Salvo, come ho sentito fare da qualcuno nel mio partito. Lì si vince perché il centrosinistra era a pezzi. Così come altrove il centrosinistra vince perché il centrodestra era a pezzi».
«Ma hanno perso tutti e ha perso l'Abruzzo», prosegue Tagliente, «perché non è andato a votare il 50 per cento dei cittadini, un fenomeno che si sta radicando sempre di più in questa regione. Ma hanno perso tutti anche per un'altra ragione. Perché, in Abruzzo come nel resto d'Italia, hanno vinto, per il centrosinistra, non candidati sindaci del Pd ma per lo più quelli che erano, in qualche modo, ribelli oppure alternativi al Partito democratico. «Tutto questo mi convince sempre di più del fatto che siamo alla fine, all'ultimo atto della seconda repubblica, anche in Abruzzo, dove ha pesato sul risultato del voto una scarsa visibilità, per non dire inconcludenza, del governo regionale. Anche se questa non è la sola causa della sconfitta».
«Per tutto questo», aggiunge il consigliere regionale del Pdl, «torno a fare mia una proposta, quella di trovare, da parte del centrodestra, un momento di sussulto e, da parte del centrosinistra, di sensibilità, per ritrovarsi tutti intorno a un tavolo e formare un governo regionale di fine legislatura per risolvere uno o due problemi».
«La giunta regionale? Da domani diventa più debole perché ha un partito che si è indebolito e che era già debole di suo. E' inutile nascondercelo. Questo è il problema vero, perché in un processo, come quello attuale, di rimodulazione della politica, è prevedibile che la maggioranza cominci a entrare in fibrillazione».
«Quindi», conclude Tagliente, «se vogliamo evitare che il sistema politico, che va implodendo, finisca con l'espoldere, cerchiamo di metterci rimedio subito, altrimenti la gente non ci capirà più niente».
La causa decisiva della débâcle del Pdl, secondo Chiodi, è la crisi economica. Ma non è la sola ragione. Questa chiave di lettura è fortemente contestata, però, da chi, come il consigliere regionale Giuseppe Tagliente, da tempo fa il battitore libero nel Pdl e che, anche in questa circostanza, invita all'autocritica i suoi compagni di partito.
«All'Aquila», spiega Chiodi, «si è riconfermato il sindaco uscente, favorito proprio da questa circostanza che spesso premia, al di là delle contingenze politiche, come è accaduto a Verona, e dalla mancanza di un progetto alternativo unitario».
«I risultati del secondo turno, non sorprendono nessuno, confermando di fatto quanto accaduto al primo turno», dice ancora il governatore. «Però, le regionali previste per il 2013 saranno altra cosa. Lì sarà giocata un'altra partita, dove sarà in campo una squadra che ha ridotto il debito pubblico, ridotto le tasse, e ridato dignità all'Abruzzo, mentre, dall'altra parte, ci saranno quelli che l'avevano portato al fallimento. Auspico che tutti noi, cessato questo periodo elettorale, ci si interroghi ora sulle cause della rivoluzione in corso, del montare del voto di protesta, del fatto che metà degli aventi diritto ha disertato le urne e della incapacità della politica di intercettare il voto dei cittadini»
Quale effetto avrà, il voto, sulla maggioranza che sostiene la giunta regionale?
«Nessuno», risponde Chiodi. «Penso piuttosto che questo voto rafforzi la maggioranza, perché i cittadini oggi si rendono sempre più conto che le chance elettorali passano attraverso una classe dirigente percepita come responsabile. E il primo segno di responsabilità sta nel fatto che chi è stato eletto per governare governi. Inoltre, nei momenti di difficoltà, le maggioeranze solitamente si stringono».
L'analisi che Tagliente fa del voto è provocatoria, come nel suo stile.
«Queste elezioni, in realtà, non le ha vinte nessuno», dice l'ex presidente del consiglio regionale. «Certo, il centrodestra le ha perse: sarebbe stupido negarlo oppure tirare in ballo San Salvo, come ho sentito fare da qualcuno nel mio partito. Lì si vince perché il centrosinistra era a pezzi. Così come altrove il centrosinistra vince perché il centrodestra era a pezzi».
«Ma hanno perso tutti e ha perso l'Abruzzo», prosegue Tagliente, «perché non è andato a votare il 50 per cento dei cittadini, un fenomeno che si sta radicando sempre di più in questa regione. Ma hanno perso tutti anche per un'altra ragione. Perché, in Abruzzo come nel resto d'Italia, hanno vinto, per il centrosinistra, non candidati sindaci del Pd ma per lo più quelli che erano, in qualche modo, ribelli oppure alternativi al Partito democratico. «Tutto questo mi convince sempre di più del fatto che siamo alla fine, all'ultimo atto della seconda repubblica, anche in Abruzzo, dove ha pesato sul risultato del voto una scarsa visibilità, per non dire inconcludenza, del governo regionale. Anche se questa non è la sola causa della sconfitta».
«Per tutto questo», aggiunge il consigliere regionale del Pdl, «torno a fare mia una proposta, quella di trovare, da parte del centrodestra, un momento di sussulto e, da parte del centrosinistra, di sensibilità, per ritrovarsi tutti intorno a un tavolo e formare un governo regionale di fine legislatura per risolvere uno o due problemi».
«La giunta regionale? Da domani diventa più debole perché ha un partito che si è indebolito e che era già debole di suo. E' inutile nascondercelo. Questo è il problema vero, perché in un processo, come quello attuale, di rimodulazione della politica, è prevedibile che la maggioranza cominci a entrare in fibrillazione».
«Quindi», conclude Tagliente, «se vogliamo evitare che il sistema politico, che va implodendo, finisca con l'espoldere, cerchiamo di metterci rimedio subito, altrimenti la gente non ci capirà più niente».
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