Chiodi: con Monti al governo cambierà il Patto per l’Abruzzo

Il governatore parla delle prospettive regionali nel dopo-Berlusconi

PESCARA. Presidente Chiodi, il senatore Piccone chiede un tecnico alla Monti come candidato sindaco all'Aquila per il Pdl: anche in Abruzzo c'è aria di fine della seconda repubblica e di nuove maggioranze?
«In Abruzzo c'è una maggioranza solida. In due anni e mezzo, nessuno può vantare le riforme sui costi della politica che abbiamo realizzato noi. Sindaco alla Monti per L'Aquila? Non so, deciderà il partito. Coordinare il Pdl aquilano non è cosa facile, non vorrei essere nei panni di Piccone».

Dopo le elezioni all'Aquila lascerà la carica di commissario alla Ricostruzione?
«Mi ha amareggiato l'ultima ordinanza del ministero dell'Economia. Avevo fatto una proposta diversa, avallata dalla Protezione civile, concordata con tutti, utilissima per accelerare la Ricostruzione. Il ministero dell'Economia ha mosso dei rilievi, così sono sfuggite alcune norme che avrebbero garantito la velocizzazione. Insisterò con il ministero, ma se l'ostacolo burocratico sarà tale da non permettere l'accelerazione richiesta, credo che valuterò tutto. Se devo fare il commissario, e mi accordo con il Comune, poi non possono esserci bastoni tra le ruote».

Conquistare la proroga delle tasse è stato un lavoro di squadra con i parlamentari abruzzesi di entrambi gli schieramenti?
«Eravano tutti d'accordo, ma è stato un lavoro che mi ha impegnato a fondo. Chi ha dato una mano determinante è stato Gianni Letta in un contesto politico confuso e imprevedibile. Difficilissimo inserire le tasse dell'Aquila in un maxi-emendamento che non doveva far altro che recepire le indicazioni dell'Unione europea. Complicato, in un momento finanziario come questo, prevedere fondi di copertura. La Ragioneria dello Stato è stata molto riottosa a concederli. Poi con Letta abbiamo deciso di lavorare su una decurtazione significativa. Alla fine, l'Abruzzo ha ottenuto molto più di quello che era stato concesso a Marche e Umbria».

Presidente, c'è una doppia lettura degli ultimi dati di Bankitalia sull'economia: lei appartiene alla categoria di chi vede il bicchere mezzo pieno? Se così è, da cosa ricava il suo ottimismo?
«La questione è semplice. L'Europa non cresce, lo stesso accade in Italia, quindi l'Abruzzo non può avere tassi di sviluppo come Turchia e Cina. Premesso tutto questo, una ragione di soddisfazione è che se guardiamo all'economia regionale in termini comparativi, che è poi l'unico modo per valutare correttamente l'operato di una Regione, mi sembra che i dati della gran parte degli Osservatori economici, dallo Svimez all'Istat, Banca d'Italia e Unioncamere, convergano e siano abbastanza coincidenti. I dati dimostrano che l'Abruzzo reagisce alla crisi meglio di molte altre Regioni. In termini di prodotto interno lordo pro-capite, siamo stati secondi nel 2010. Quanto all'occupazione, nel secondo semestre 2011, l'Istat ci dà un tasso di crescita superiore alla media nazionale. Bankitalia conferma la tendenza e, particolarità tutta abruzzese, questo accade in un contesto di riduzione dell'indebitamento e di riequilibrio dei conti sanitari. I bilanci in ordine sono la precondizione per una crescita che si protrae nel tempo. E i dati economici, checché ne dicano i politici di professione, non sono governabili nel breve periodo a livello locale, se non altro perché i processi economici sono globali. In definitiva, non mi attribuisco il merito di una migliore performance dell'Abruzzo, ma certamente di aver posto la precondizione che garantirà una crescita armonica».

Con il riordino dei conti, l'Abruzzo avrà qualche risorsa in più. Finirà nel risanamento del deficit?
«Non c'è deficit perché nel 2010 non lo abbiamo prodotto e nel 2011 ci accingiamo a non produrlo. I soldi li utilizzeremo per gli investimenti nelle tecnologie: i macchinari e le apparacchiature diagnostiche che servono ai medici per poter lavorare bene. Investiremo le risorse sul territorio perché stiamo riducendo i tassi di ospedalizzazione, ma ancora tanto c'è da fare. Esempio: è più comodo assistere gli anziani a casa, assicurando loro maggior conforto anche nell'animo, molto meglio di quanto si possa fare in un ospedale. Poi investiremo sulle professionalità. Abbiamo ottenuto lo sblocco del turnover, quindi possiamo assumere medici giovani, abbassare l'età media degli ospedali e creare una scuola medica abruzzese di qualità. Mi spiace leggere di polemiche insorte sulle scelte politiche dei primari. Le giustifico, perché così fino a oggi è andato il mondo. Soprattutto in Abruzzo. Ma rivendico, senza timore di essere smentito, che i direttori generali delle Asl non sono frutto di spartizione. Dal giorno in cui li ho nominati dico loro che per me contano solo i risultati. Del resto, i livelli essenziali di assistenza non sarebbero cresciuti in Abruzzo senza l'impegno costante sugli obiettivi».

Quando finirà il commissariamento della sanità? Giovanna Baraldi resterà finchè lei sarà commissario?
«Il commissariamento finisce quando le Regioni, i ministeri della Salute e dell'Economia diranno che abbiamo rimosso le cause del commissariamento. Vorrei chiarire che il commissario è stato nominato in Abruzzo perché vi è stata sottrazione di fondi dal bilancio della sanità, c'era squilibrio finanziario e, nonostante i tanti soldi spesi, non venivano garantiti i livelli essenziali di assistenza. Ecco perché quando e come finirà il commissariamento lo deciderà il governo».

Altro grande tema di questi mesi, il Patto per lo sviluppo: sbloccati i 600 e rotti milioni al Cipe si può dire tutto concluso? Cosa succederà nel dopo Berlusconi?
«Con il Patto avevamo programmato altri due passi: l'incontro con il ministro Romani per la questione del Masterplan e l'accordo sulle infrastrutture con Matteoli. La situazione del governo nazionale non ha reso possibile andare avanti, ma ripartiremo non appena avremo un interlocutore, posto che la tenuta finanziaria del Paese consentirà di affrontare questi discorsi. Non sappiamo cosa vorrà fare Monti, sappiamo cosa vuole l'Europa. E se Monti è venuto a fare quello che l'Europa chiede, credo che il Patto per l'Abruzzo dovrà concentrarsi su altre cose».

Per esempio?
«Ho chiesto di aprire la riflessione su un nuovo assetto dell'università. Sono questioni sulle quali c'è bisogno di massima condivisione, anche perché la Regione non ha competenze dirette. Ricordo che con i fondi strutturali liberati per il Sud, l'Europa ha dato priorità a settori come l'istruzione. E a me non sembra che il modello universitario adottato fino a oggi abbia prodotto tanti buoni risultati in Abruzzo. Sì, penso che questo assetto non regga, così come non reggevano più 35 ospedali in Abruzzo».

Gli imprenditori chiedono di liberare risorse, attuare riforme «a costo zero»: dalla semplificazione al riordino della burocrazia.
«Non è che il mio lavoro sia finito qui. Il problema è che le risorse sono quelle che sono. Agli imprenditori dico che faremo del nostro meglio per spenderle nel miglior modo possibile. Quanto allo svecchiamento dei processi burocratici, è uno di qui casi in cui bisogna lavorare profondamente. Lo considero uno dei compiti più difficili da realizzare, ma ci stiamo provando, e siamo vicini alla presentazione di una riforma. Per la semplificazione, molto possiamo fare anche se le norme sono per la gran parte sono comunitarie e uno dei principali ostacoli da superare è proprio l'Europa. Non posso nascondere che la burocrazia dell'Ue provoca disorientamento. A questa si aggiunge la normativa nazionale, a sua volta molto farraginosa, perché va chiarito che i ritardi non si fermano all'Abruzzo. Gli imprenditori sanno bene di cosa parlo, non è un caso che in Italia tutti si lamentano per una cultura della pubblica amministrazione che definire obsoleta è un eufemismo. Ci vorrà almeno una generazione prima di poter venire a capo del problema, non solo in Abruzzo. Non nascondo che sono il primo a essere insoddisfatto dei ritardi burocratici».

È la burocrazia che impedisce la realizzazione della Zona Franca dell'Aquila?
«In questa fase sì, la burocrazia dell'Ue ci fa richieste continue di dettagli. Nulla è mai sufficiente e io stesso mi sento disorientato. La commissaria europea Hubner si era subito dichiarata d'accordo sulla Zona Franca, ma poi mettono un cavillo sopra ogni cosa. E non è la prima volta».

Dalle sue parole traspare una certa insofferenza per l'Europa. È così? Cosa pensa di un eventuale governo Monti?
«Premesso che sono favorevole al governo Monti, va detto che Monti non viene qui a salvare l'Italia ma a salvare l'euro. Viene a difendere il sistema tedesco e francese. Per fare questo, dovrà chiedere lacrime e sangue a un'Italia che oggi paga le inefficienze accumulate in decenni di mancate riforme. Ritengo però che sarà molto difficle per Monti raggiungere questo risultato, perché Germania e Francia dicono: se vuoi che compriamo i titoli di Stato italiani devi fare questo e quello, perché noi non gettiamo via i soldi. Quindi bisognerà fare cose molto dure: riduzione del welfare, patrimoniale, maggiore flessibilità del lavoro, privatizzazioni, beni pubblici che diventeranno oggetto di acquisizione da parte dei più forti, pensioni».

Perché il popolo italiano dovrebbe accettare tutto questo?
«Infatti io farei altre cose. Poi penso che il default è nei fatti. Se lo evitiamo è soltanto perché la Bce sta comprando i nostri titoli di Stato. Sì, per uscire da questa situazione farei altre cose che sarebbe molto lungo e complesso spiegare adesso».

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