Chiodi punta sull'inceneritore
Il confronto riparte in commissione. In Abruzzo 1.361 siti pericolosi
PESCARA. L'Europa dice che riciclare e recuperare rifiuti è meglio che bruciarli, specie laddove, come in Abruzzo, quantità di pattume e raccolta differenziata sono molto sotto le soglie indicate per l'utilizzo degli inceneritori. Eppure, l'avvio del dibattito sul nuovo sistema regionale integrato dei rifiuti ripropone, come principale approdo, la realizzazione di almeno un impianto di termovalorizzazione che è un altro modo per dire che i rifiuti si bruciano lo stesso, pur avendo la possibilità di ricavarne quantità apprezzabili di energia.
La discussione è ripartita ieri, davanti alle commissioni regionali presiedute da Nicola Argirò e Emiliano Di Matteo, seguendo il filo di un discorso cominciato ai tempi della giunta Del Turco. Come a dire che, tra l'ex governatore del centrosinistra e l'attuale maggioranza di centrodestra, presieduta da Gianni Chiodi, l'approccio è rimasto lo stesso: incenerire i rifiuti come priorità assoluta per non incorrere, anche in Abruzzo, nelle emergenze stile Campania e regioni del Sud.
Contro questa impostazione, per così dire bipartisan, si scagliano gruppi di opposizione e movimenti ambientalisti, in prima fila Rifondazione, Pdci, Italia dei valori e Verdi. Ma l'emergenza è già un fatto conclamato, se è vero - a testimoniarlo è il consigliere dell'Idv, Cesare D'Alessandro - che l'Abruzzo è «in mezzo a un mare di rifiuti incontrollati».
L'ultimo rapporto pubblicato il 4 novembre sul Bollettino ufficiale della Regione spiega con chiarezza qual è oggi lo stato dell'ambiente nella «regione verde d'Europa». Condizione più che allarmante, giacché i siti contaminati sono diverse centinaia, e perché le prime opere di bonifica previste dalla procedura di infrazione comunitaria riguarderanno appena quaranta discariche e cominceranno soltanto l'anno prossimo per completarsi nel 2013.
Così, dalla fotografia più aggiornata sullo stato dei rifiuti in Abruzzo (vedi tabella), si apprende che esistono 1361 siti a rischio, con il massimo della pericolosità segnalato per le discariche dismesse di Colleranesco di Giulianova, Piane San Donato di Castiglione Messer Raimondo, Villa Carmine di Montesilvano, Villa Rossi di Castelli, Zampacorta di Cepagatti, contrada Capocroce di Vacri, Feltrino-Castellana di San Vito Chietino, Cantalupo di Monteodorisio e Vischiona di Castiglione Messer Marino.
«È stato riscontrato», afferma D'Alessandro, «un indice di pericolosità nelle discariche dismesse vicino a grossi centri abitati come Roseto, Vasto, San Salvo, Nereto, Città Sant'Angelo, Atessa, Penne, Pescara e Teramo. Vi sono inoltre molte di più delle 95 aree industriali segnalate con rischio di contaminazione, mentre tra i quasi 700 siti che ospitano rifiuti abbandonati, la stragrande maggioranza è lungo le strade pubbliche, a ridosso di depuratori e in zone produttive dismesse lungo le sponde dei fiumi. Negli ultimi tre anni», chiude D'Alessandro, «la situazione è complessivamente peggiorata. E per dare il via a una credibile opera di bonifica, i fondi dovrebbero almeno essere decuplicati».
Nel Teramano, si assiste invece a un altro fenomeno. Sono sette le nuove discariche, pubbliche e private, quasi del tutto ultimate. Eppure ciascuno di questi impianti, soprattutto la Irgine di Notaresco, riesce sempre a imbattersi in qualche ostacolo o ricorso che ne blocca l'apertura.
Come uscire dall'emergenza? Per la maggioranza regionale, c'è una sola strada: incenerire i rifiuti. «Probabilmente», attacca il capogruppo di Rifondazione, Maurizio Acerbo, «il presidente Chiodi non ha avuto tempo di studiare i tanti articoli della legge comunitaria. La norma sugli inceneritori la consideriamo intrusa e pericolosa, perché la legge non prevede tra le competenze della Regione quella di disegnare un sistema impiantistico omogeneo e improntato anche alla valorizzazione energetica dei rifiuti». Acerbo contesta l'idea di modificare la soglia della raccolta differenziata, che il governatore ha già annunciato di voler abbassare, perché al contrario, come impone l'Europa, andrebbe invece alzata dall'attuale 40% previsto in Abruzzo al 65 per cento.
«Le stesse intercettazioni telefoniche dell'inchiesta Re Mida sui rifiuti in Abruzzo», prosegue Acerbo, «al di là degli aspetti penali, hanno attestato nei dialoghi tra politici e imprenditori che vi sono difficoltà a realizzare in Abruzzo inceneritori su una base comunale e comprensoriale ristretta. In ogni caso, riteniamo che vada cancellata la norma intrusa e che siano bandite anche le norme che aprono la strada all'incenerimento nella normativa vigente».
Oltre alle norme sugli inceneritori e la qualità dell'aria - l'articolo 32 esautora completamente il Consiglio regionale dalla pianifificazione della qualità dell'aria - all'articolo 24 viene cancellato l'obbligo di realizzare impianti per le attività di smaltimento e il recupero dei rifiuti soltanto nelle zone industriali e artigianali. I Comuni potranno quindi autorizzare impianti persino nelle zone agricole.
La discussione è ripartita ieri, davanti alle commissioni regionali presiedute da Nicola Argirò e Emiliano Di Matteo, seguendo il filo di un discorso cominciato ai tempi della giunta Del Turco. Come a dire che, tra l'ex governatore del centrosinistra e l'attuale maggioranza di centrodestra, presieduta da Gianni Chiodi, l'approccio è rimasto lo stesso: incenerire i rifiuti come priorità assoluta per non incorrere, anche in Abruzzo, nelle emergenze stile Campania e regioni del Sud.
Contro questa impostazione, per così dire bipartisan, si scagliano gruppi di opposizione e movimenti ambientalisti, in prima fila Rifondazione, Pdci, Italia dei valori e Verdi. Ma l'emergenza è già un fatto conclamato, se è vero - a testimoniarlo è il consigliere dell'Idv, Cesare D'Alessandro - che l'Abruzzo è «in mezzo a un mare di rifiuti incontrollati».
L'ultimo rapporto pubblicato il 4 novembre sul Bollettino ufficiale della Regione spiega con chiarezza qual è oggi lo stato dell'ambiente nella «regione verde d'Europa». Condizione più che allarmante, giacché i siti contaminati sono diverse centinaia, e perché le prime opere di bonifica previste dalla procedura di infrazione comunitaria riguarderanno appena quaranta discariche e cominceranno soltanto l'anno prossimo per completarsi nel 2013.
Così, dalla fotografia più aggiornata sullo stato dei rifiuti in Abruzzo (vedi tabella), si apprende che esistono 1361 siti a rischio, con il massimo della pericolosità segnalato per le discariche dismesse di Colleranesco di Giulianova, Piane San Donato di Castiglione Messer Raimondo, Villa Carmine di Montesilvano, Villa Rossi di Castelli, Zampacorta di Cepagatti, contrada Capocroce di Vacri, Feltrino-Castellana di San Vito Chietino, Cantalupo di Monteodorisio e Vischiona di Castiglione Messer Marino.
«È stato riscontrato», afferma D'Alessandro, «un indice di pericolosità nelle discariche dismesse vicino a grossi centri abitati come Roseto, Vasto, San Salvo, Nereto, Città Sant'Angelo, Atessa, Penne, Pescara e Teramo. Vi sono inoltre molte di più delle 95 aree industriali segnalate con rischio di contaminazione, mentre tra i quasi 700 siti che ospitano rifiuti abbandonati, la stragrande maggioranza è lungo le strade pubbliche, a ridosso di depuratori e in zone produttive dismesse lungo le sponde dei fiumi. Negli ultimi tre anni», chiude D'Alessandro, «la situazione è complessivamente peggiorata. E per dare il via a una credibile opera di bonifica, i fondi dovrebbero almeno essere decuplicati».
Nel Teramano, si assiste invece a un altro fenomeno. Sono sette le nuove discariche, pubbliche e private, quasi del tutto ultimate. Eppure ciascuno di questi impianti, soprattutto la Irgine di Notaresco, riesce sempre a imbattersi in qualche ostacolo o ricorso che ne blocca l'apertura.
Come uscire dall'emergenza? Per la maggioranza regionale, c'è una sola strada: incenerire i rifiuti. «Probabilmente», attacca il capogruppo di Rifondazione, Maurizio Acerbo, «il presidente Chiodi non ha avuto tempo di studiare i tanti articoli della legge comunitaria. La norma sugli inceneritori la consideriamo intrusa e pericolosa, perché la legge non prevede tra le competenze della Regione quella di disegnare un sistema impiantistico omogeneo e improntato anche alla valorizzazione energetica dei rifiuti». Acerbo contesta l'idea di modificare la soglia della raccolta differenziata, che il governatore ha già annunciato di voler abbassare, perché al contrario, come impone l'Europa, andrebbe invece alzata dall'attuale 40% previsto in Abruzzo al 65 per cento.
«Le stesse intercettazioni telefoniche dell'inchiesta Re Mida sui rifiuti in Abruzzo», prosegue Acerbo, «al di là degli aspetti penali, hanno attestato nei dialoghi tra politici e imprenditori che vi sono difficoltà a realizzare in Abruzzo inceneritori su una base comunale e comprensoriale ristretta. In ogni caso, riteniamo che vada cancellata la norma intrusa e che siano bandite anche le norme che aprono la strada all'incenerimento nella normativa vigente».
Oltre alle norme sugli inceneritori e la qualità dell'aria - l'articolo 32 esautora completamente il Consiglio regionale dalla pianifificazione della qualità dell'aria - all'articolo 24 viene cancellato l'obbligo di realizzare impianti per le attività di smaltimento e il recupero dei rifiuti soltanto nelle zone industriali e artigianali. I Comuni potranno quindi autorizzare impianti persino nelle zone agricole.
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