Collelongo, la dura vita dei pastori che resistono agli Iper

La famiglia Alonzi alleva ovini e produce formaggi: "Un mercato difficile: la gente preferisce i centri commerciali"

COLLELONGO. Enrico sgambetta con la sua testolina di capelli neri intorno alla callara fumante di ricotta, rispondendo «no» a qualsiasi domanda o sollecitazione, come tutti i bambini di 5 anni un po' timidi e un po' ribelli. Se ne va da una parte all'altra della struttura rosso mattone che è l'ovile di 400 capi tra capre e pecore di papà Domenico (più 12 cani perché lupi e orsi sono sempre in agguato e ogni tanto manca all'appello un animale - e allora vuol dire che è passato l'orso - o si ritrova qualche carcassa - e allora è stato il lupo) come se fosse il salotto di casa.

Intanto nella callara bollono decine di litri di latte (ne può contenere fino a 105) da cui fra poco uscirà ricotta di capra e pecora morbida e profumata, e ti viene voglia di affondarci le mani e mangiarla così. «Senti? E' il profumo delle erbe», spiega Domenico porgendo un mestolo di ricotta bollente. Spostandosi in continuazione, spiega, il gregge si nutre di erbe differenti che danno un aroma ogni giorno diverso al latte e al formaggio. Il piccolo Enrico ha 5 anni ed è l'ultimo figlio di una famiglia di sei persone, pastori da generazioni. Allevatore lui, Domenico Alonzi, che è anche pronipote del brigante Luigi Alonzi detto “Chiavone”, figlia di contadini e pastori lei, Stefania Rea, entrambi originari di Sora, nella Ciociaria. Tutti lavorano come in una perfetta catena di montaggio e soprattutto con quella spinta di collaborazione che c'è nelle famiglie rurali. Un carattere millenario, in cui si fa squadra non per vincere una partita, ma per quella cosa nobile che è l'aiutarsi a vicenda.

Nell'Azienda agricola Casaline gli animali allevati crescono di anno in anno: erano 120 nel 2008, sono 400 oggi proprio grazie all'aiuto che un po' per gioco un po' sul serio danno i figli. In ordine cronologico sono Lucia (18 anni), la più brava a scuola, Lorenzo (17), Alessandro (14) ed Enrico, la piccola peste. Ognuno in qualche modo dà una mano: sveglia all'alba. Alle 7 c'è da mungere almeno un centinaio di capi tutte le mattine. Poi da portarli tutti quanti al pascolo sul monte Jannarumma percorendo 10-12 chilometri al giorno, ai bordi del bel paese di Collelongo, nella Marsica. Paese famoso più per essere la "patria" di Ottaviano Del Turco, l'ex presidente della Regione dimessosi in seguito all’inchiesta Sanitopoli, che per i suoi scorci incantevoli.

Lavoro, quest'ultimo, che si accollano soprattutto i tre uomini (eccetto Enrico, che però a «ciccicollo» li segue spesso e volentieri) e all'occorrenza coinvolgendo le donne. Stefania e Lucia, per lo più, si occupano delle faccende in azienda: la più importante è la produzione dei formaggi rigorosamente con procedura artigianale. C'è da sbizzarrirsi nella scelta delle caciotte speziate con pepe nero, mandorle, noci, rucola e peperoncino. La cura dell'orto è una passione soprattutto per Alessandro: «Ha acquisito sicurezza, è più bravo del padre», dice orgogliosa Stefania.

Intanto la ricotta è pronta, è stata posta in piccoli cestelli di plastica predisposti per la vendita. Dal siero caldo ancora dentro alla callara escono fumenti profumati: «Sono ottimi per fare i suffumigi in caso di raffreddore», giura Stefania. «Questo è un lavoro pesante», spiega Domenico, rassegnato alla giungla di norme, divieti della Asl, limitazioni legislative che frenano gli entusiasmi e ai quali si aggiungono i danni degli animali selvatici al gregge. «Il nostro futuro sono i figli, spero che vorranno continuare questo lavoro dopo avere studiato ed essersi specializzati in discipline legate al mondo agrario o veterinario», dice papà Domenico.

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Si vende quasi nulla. «E' una lotta impari contro la grande distribuzione. Abbiamo i nostri clienti di sempre ma il difficile è allargare il mercato, perché la gente preferisce fare la spesa nei centri commerciali».

Non è come in passato, «quando si vendeva proprio tutto: uova, lana, foraggio, ortaggi», ricorda Stefania, «non si arrivava a soddisfare tutte le richieste». Non che si fosse ricchi, ma almeno il lavoro fruttava. «Insomma, è ancora lontana la valorizzazione del mondo agrario, dei prodotti a chilometro zero di cui si fa un gran parlare e della pastorizia, la cui riscoperta è più che altro legata a un fattore di moda», conclude Domenico. E si rimette a lavoro.

Dal bosco poco distante stanno scendendo le capre. Le riconosci dal suono delle campane, precedute dai cani sotto la guida di Lorenzo.

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