Confesercenti, economia ferma nel 2009
Consumi in calo e fallimenti raddoppiati: «Serve una svolta da parte della Regione».
PESCARA. Consumi in calo, tredicesime usate per pagare bollette e mutui, bilanci appena in pareggio e fallimenti raddoppiati. È il quadro che emerge dal rapporto Confesercenti sull’economia abruzzese. Quadro sul quale pesa l’aumento della disoccupazione e la sfiducia dei consumatori.
L’allarme è stato lanciato ieri dal centro studi dell’associazione di categoria che ha presentato un rapporto elaborato incrociando stime e statistiche di diverse banche dati. E i dati segnalano non solo che la crisi non è finita, ma che le prospettive future non sono rosee. Per questo il presidente di Confesercenti Beniamino Orfanelli chiede una svolta: «Non è più possibile aspettare. Serve ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie per dare una boccata d’ossigeno alle partite Iva e far ripartire i consumi».
L’unico dato positivo di un anno da dimenticare è quello relativo alle piccole e medie imprese nate durante i primi nove mesi del 2009. In tutto l’Abruzzo sono state avviate 2140 nuove attività, mentre le cessazioni sono 1429. L’incremento è dovuto a due fattori: la registrazione di imprese gestite da immigrati e da persone che sono uscite dal mondo del lavoro, in particolare dall’industria manifatturiera.
Letto insieme al dato dei posti di lavoro persi, che l’Inps stima in 18 mila 153 nei primi nove mesi del 2009, il boom delle nuove piccole e medie imprese è tutt’altro che positivo. È la crisi a spingere molte persone a scegliere di tentare la strada del lavoro autonomo. E, spesso, sulle nuove attività pesa l’incubo fallimento.
Nei primi 9 mesi del 2008 le aziende che portarono i libri in tribunale furono 21. Nello stesso periodo del 2009, le attività dichiarate fallite sono 42. Un incremento del 100% che conferma un trend: le piccole e medie imprese sono viste come un ammortizzatori sociale, ma la loro vita media si riduce sempre di più.
Del resto tutto il quadro economico è negativo. I consumi in Abruzzo continuano a scendere. Confesercenti segnala una ripresa rispetto al crollo registrato nel primo semestre del 2009. Ma fa notare anche come ci sia un calo in quasi tutti settori compreso quello degli alimentari che, nel novembre 2009, segna un -2% di consumi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il calo dei consumi ha costretto le piccole e medie imprese a ricorrere alla cassa integrazione. Solo nel mese di ottobre sono state autorizzate 1 milione 565 mila ore di cassa integrazione, pari a circa 9 mila 103 dipendenti. Anche perché neanche le tredicesime sembrano in grado di rilanciare i consumi. Gli abruzzesi le destineranno per i due terzi al pagamento di mutui e bollette.
Così le aziende guardano con preoccupazione al futuro. Secondo i dati di Unioncamere il 61 per cento delle piccole e medie imprese del centro sud avrà un volume d’affari uguale al 2008, quando la crisi era già cominciata, mentre il 27 per cento andrà peggio.
Un caso a parte è poi quello dell’Aquila e della sua provincia, dove la crisi economica e occupazionale assume caratteri cronici. Dopo il 6 aprile, quasi 2 mila imprese hanno chiuso i battenti. Di queste circa il 40% ha riaperto, ma ora serve un sostegno.
Sostegno che, secondo il direttore regionale di Confesercenti, deve arrivare dalla regione e dalle sue scelte. «Occorre una svolta decisa» sottolinea Enzo Giammarino, «Il bilancio ordinario della Regione non può continuare ad essere appannaggio del debito sanitario, mentre le imprese stanno affondando. Occorre spostare i fondi dalla rete ospedaliera: quella di oggi è un lusso che l’Abruzzo non può permettersi».
L’allarme è stato lanciato ieri dal centro studi dell’associazione di categoria che ha presentato un rapporto elaborato incrociando stime e statistiche di diverse banche dati. E i dati segnalano non solo che la crisi non è finita, ma che le prospettive future non sono rosee. Per questo il presidente di Confesercenti Beniamino Orfanelli chiede una svolta: «Non è più possibile aspettare. Serve ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie per dare una boccata d’ossigeno alle partite Iva e far ripartire i consumi».
L’unico dato positivo di un anno da dimenticare è quello relativo alle piccole e medie imprese nate durante i primi nove mesi del 2009. In tutto l’Abruzzo sono state avviate 2140 nuove attività, mentre le cessazioni sono 1429. L’incremento è dovuto a due fattori: la registrazione di imprese gestite da immigrati e da persone che sono uscite dal mondo del lavoro, in particolare dall’industria manifatturiera.
Letto insieme al dato dei posti di lavoro persi, che l’Inps stima in 18 mila 153 nei primi nove mesi del 2009, il boom delle nuove piccole e medie imprese è tutt’altro che positivo. È la crisi a spingere molte persone a scegliere di tentare la strada del lavoro autonomo. E, spesso, sulle nuove attività pesa l’incubo fallimento.
Nei primi 9 mesi del 2008 le aziende che portarono i libri in tribunale furono 21. Nello stesso periodo del 2009, le attività dichiarate fallite sono 42. Un incremento del 100% che conferma un trend: le piccole e medie imprese sono viste come un ammortizzatori sociale, ma la loro vita media si riduce sempre di più.
Del resto tutto il quadro economico è negativo. I consumi in Abruzzo continuano a scendere. Confesercenti segnala una ripresa rispetto al crollo registrato nel primo semestre del 2009. Ma fa notare anche come ci sia un calo in quasi tutti settori compreso quello degli alimentari che, nel novembre 2009, segna un -2% di consumi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il calo dei consumi ha costretto le piccole e medie imprese a ricorrere alla cassa integrazione. Solo nel mese di ottobre sono state autorizzate 1 milione 565 mila ore di cassa integrazione, pari a circa 9 mila 103 dipendenti. Anche perché neanche le tredicesime sembrano in grado di rilanciare i consumi. Gli abruzzesi le destineranno per i due terzi al pagamento di mutui e bollette.
Così le aziende guardano con preoccupazione al futuro. Secondo i dati di Unioncamere il 61 per cento delle piccole e medie imprese del centro sud avrà un volume d’affari uguale al 2008, quando la crisi era già cominciata, mentre il 27 per cento andrà peggio.
Un caso a parte è poi quello dell’Aquila e della sua provincia, dove la crisi economica e occupazionale assume caratteri cronici. Dopo il 6 aprile, quasi 2 mila imprese hanno chiuso i battenti. Di queste circa il 40% ha riaperto, ma ora serve un sostegno.
Sostegno che, secondo il direttore regionale di Confesercenti, deve arrivare dalla regione e dalle sue scelte. «Occorre una svolta decisa» sottolinea Enzo Giammarino, «Il bilancio ordinario della Regione non può continuare ad essere appannaggio del debito sanitario, mentre le imprese stanno affondando. Occorre spostare i fondi dalla rete ospedaliera: quella di oggi è un lusso che l’Abruzzo non può permettersi».