il parco
Costa teatina, i sindaci vogliono più poteri
I Comuni del no, San Vito, Rocca San Giovanni e Villalfonsina chiedono più poteri nella gestione dell’area protetta
PESCARA. «E se facessimo un’area marina protetta?». Questo l’estremo tentativo dei sindaci che si oppongono al Parco nazionale della Costa teatina per rimandare a data da destinarsi o cambiare integralmente l’istituzione dell’area protetta, allungando ancora i quasi 15 anni già trascorsi dalla legge istitutiva del Parco.
Se ne è parlato ieri in un vertice in Regione al quale hanno partecipato il presidente Luciano D’Alfonso, il commissario del parco Pino De Dominicis e i sindaci dei dieci comuni interessati dalla perimetrazione: Ortona, San Vito, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino Di Sangro, Casalbordino, Villalfonsina, Pollutri, Vasto e San Salvo.
Probabilmente l’area marina non è ipotesi realizzabile, ma il presidente D’Alfonso ha potuto dare garanzie su una seconda questione sollevata, e non da ora, dai sindaci: un maggiore coinvolgimento dei Comuni nella gestione dell’area protetta, che da organo sovraordinato ai Comuni, temono i sindaci, rischia diridurne i poteri. Un appello che D’Alfonso ha potuto raccogliere impegnando la Regione ad approfondire la questione dal punto di vista normativo.
Una rassicurazione viene però dallo stesso commissario: «Per quanto riguarda la gestione futura del Parco», spiega De Dominicis, «la riforma della 394 in materia di aree protette ha ridotto da 12 a 8 il numero dei componenti dei comitati direttivi dei parchi, quattro dei quali sono espressione del territorio. E questi quattro componenti non possono che essere amministratori comunali. D’Altra parte le ultime nomine del ministro dell’Ambiente che hanno riguardato il Parco del Gran Sasso sono state nomine di quattro amministratori comunali».
Ma sulle altre questioni il commissario della Costa teatina non arretra: «Per quanto riguarda il mio compito non vedo novità. Resto fedele al lavoro fatto. Ho tutto pronto: perimetrazione e norme sono state discusse e ridiscusse, non li rimetto certo in campo ora. Aspetto solo la chiamata dalla Presidenza del Consiglio».
L'area, così come l’ha disegnata De Dominicis, si estende su un territorio di 10.528 ettari (all'inizio erano circa 30 mila gli ettari) e abbraccia dieci comuni. Il tutto suddiviso in tre tipi di zone, a seconda del livello di antropizzazione, con regole diverse da zona a zona.
Una volta presa visione della documentazione, il governo dovrebbe emanare un decreto in modo da blindare il lavoro del commissario e farlo passare in tempi brevi alla firma della presidenza della Repubblica.
Prima però che il parco venga istituito, scatta un interregno in cui valgono misure di salvaguardia transitorie scritte dal commissario. (a.d.f.)
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