Di Marco: pronti a dimetterci
L'assemblea dei sindaci contro la soppressione dei borghi
PESCARA. «Se non verrà cancellato l'articolo 16 della Finanziaria, tutti i sindaci dei piccoli comuni abruzzesi si dimetteranno in massa». Antonio Di Marco è uno di quei sindaci. Il suo paese, Abbateggio, è uno dei dei 105 borghi abruzzesi con meno di mille abitanti, che la manovra finanziaria del governo originariamente sopprimeva e accorpava e che, stando agli ultimi emendamenti presentati in Senato, dovrebbero invece essere accorpati in Unioni di comuni. L'intenzione di sfilarsi la fascia di sindaco, Di Marco l'ha manifesta - a nome anche dei suoi colleghi - ieri mattina, davanti a una platea non molto folta (un centinaio di persone) dell'auditorium De Cecco a Pescara dove era stata convocata un'assemblea dei sindaci dei borghi abruzzesi che rischiano di scomparire sotto la scure della Finanziaria attualmente in discussione in commissione Bilancio al Senato.
All'appello hanno risposto una quarantina di sindaci della regione, alcuni poltici e amministratori locali come il presidente della Provincia di Pescara, Guerino Testa, l'assessore regionale al Bilancio, Carlo Masci, i consiglieri comunali del Pd, Marco Alessandrini e Moreno Di Pietrantonio, il segretario abruzzese, il capogruppo regionale e il segretario provinciale pescarese dei democratici, Silvio Paolucci, Camillo D'Alessandro e Antonio Castricone, il consigliere provinciale dell'Udc, Licio Di Biase, l'ex sindaco di Pescara, Luciano D'Alfonso, i presidenti regionali di Anci, Antonio Centi, e Anpci, Mario Crivelli, il presidente regionale di Legambiente, Angelo Di Matteo, Luciano D'Alfonso, e Grazia Francescato, ex segretario nazionale dei Verdi oggi dirigente di Sel.
Nessun parlamentare abruzzese era presente. A farsi vivo per telefono per mettersi a disposizione è stato solo Giovanni Legnini, il senatore abruzzese del Pd, ha detto Di Marco, che è un po' il coordinatore del movimento di protesta.
Al termine della riunione, una delegazione guidata da Di Marco ha attraversato il ponte ed è andata dal prefetto di Pescara, Vincenzo D'Antuono, per chiedergli di trasmettere al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e al premier Silvio Berlusconi, il documento messo a punto dai borghi in cui si chiede l'eliminazione dalla Finanziaria della norma che sopprime i piccoli comuni.
«Al prefetto», racconta il sindaco di Abbateggio, «vista l'assenza dei parlamentari, abbiamo chiesto di parlare con i suoi tre colleghi della regione per organizzare un tavolo di confronto fra noi sindaci e tutti i parlamentari abruzzesi, da tenere probabilmente qui a Pescara».
In sala, tutti quelli che hanno parlato hanno insistito sul fatto che i risparmi che si ricaverebbero dalla cancellazione di assessori e consiglieri comunali sono di poco conto - in media 10 mila euro all'anno per ciascun comune - a fronte dei costi per territori e comunità.
Andrea Di Meo, ex sindaco di Serramonacesca e attuale vice presidente del consiglio provinciale di Pescara, è stato drastico: «Ridurre tutto a un sindaco e 6 consiglieri, come vorrebbe l'ultimo emendamento presentato dal relatore di maggioranza in commissione Bilancio al Senato, Antonio Azzolini, serve solo a sostituire a una morte improvvisa una morte con agonia. I costi della politica non sono nei nostri piccolo comuni ma a Roma. E' lì che bisogna tagliare. A questo punto dobbiamo alzare il livello della protesta».
Lo spirito bipartisan che ispira il movimento dei sindaci è stato confermato da Masci e Testa, entrambi di centrodestra, che hanno offerto il loro appoggio in tutti gli organismi istituzionali.
Grazia Francescato ha sottolineato che i piccoli comuni sono essenziali sia come «presìdi di un territorio sempre più minacciato dal punto di vista idrogeologico» che come «elementi costitutivi dell'identità, della memoria e della storia dei territori e delle comunità».
Un appello alla difesa della natura identitaria dei piccoli comuni è venuto anche da D'Alfonso. Secondo l'ex sindaco di Pesacara, «questa manovra e la norma che sopprime i piccoli municipi sono figlie di una legge elettorale, il Porcellum, che ha tagliato ogni legame fra le comunità locali e quelli siedono in Parlamento obbedendo solo ai loro capi e non ai cittadini».
D'Alfonso, infine, ha invitato i sindaci a mobilitare i cittadini in difesa dei municipi e della loro storia «sacra e non negoziabile».
All'appello hanno risposto una quarantina di sindaci della regione, alcuni poltici e amministratori locali come il presidente della Provincia di Pescara, Guerino Testa, l'assessore regionale al Bilancio, Carlo Masci, i consiglieri comunali del Pd, Marco Alessandrini e Moreno Di Pietrantonio, il segretario abruzzese, il capogruppo regionale e il segretario provinciale pescarese dei democratici, Silvio Paolucci, Camillo D'Alessandro e Antonio Castricone, il consigliere provinciale dell'Udc, Licio Di Biase, l'ex sindaco di Pescara, Luciano D'Alfonso, i presidenti regionali di Anci, Antonio Centi, e Anpci, Mario Crivelli, il presidente regionale di Legambiente, Angelo Di Matteo, Luciano D'Alfonso, e Grazia Francescato, ex segretario nazionale dei Verdi oggi dirigente di Sel.
Nessun parlamentare abruzzese era presente. A farsi vivo per telefono per mettersi a disposizione è stato solo Giovanni Legnini, il senatore abruzzese del Pd, ha detto Di Marco, che è un po' il coordinatore del movimento di protesta.
Al termine della riunione, una delegazione guidata da Di Marco ha attraversato il ponte ed è andata dal prefetto di Pescara, Vincenzo D'Antuono, per chiedergli di trasmettere al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e al premier Silvio Berlusconi, il documento messo a punto dai borghi in cui si chiede l'eliminazione dalla Finanziaria della norma che sopprime i piccoli comuni.
«Al prefetto», racconta il sindaco di Abbateggio, «vista l'assenza dei parlamentari, abbiamo chiesto di parlare con i suoi tre colleghi della regione per organizzare un tavolo di confronto fra noi sindaci e tutti i parlamentari abruzzesi, da tenere probabilmente qui a Pescara».
In sala, tutti quelli che hanno parlato hanno insistito sul fatto che i risparmi che si ricaverebbero dalla cancellazione di assessori e consiglieri comunali sono di poco conto - in media 10 mila euro all'anno per ciascun comune - a fronte dei costi per territori e comunità.
Andrea Di Meo, ex sindaco di Serramonacesca e attuale vice presidente del consiglio provinciale di Pescara, è stato drastico: «Ridurre tutto a un sindaco e 6 consiglieri, come vorrebbe l'ultimo emendamento presentato dal relatore di maggioranza in commissione Bilancio al Senato, Antonio Azzolini, serve solo a sostituire a una morte improvvisa una morte con agonia. I costi della politica non sono nei nostri piccolo comuni ma a Roma. E' lì che bisogna tagliare. A questo punto dobbiamo alzare il livello della protesta».
Lo spirito bipartisan che ispira il movimento dei sindaci è stato confermato da Masci e Testa, entrambi di centrodestra, che hanno offerto il loro appoggio in tutti gli organismi istituzionali.
Grazia Francescato ha sottolineato che i piccoli comuni sono essenziali sia come «presìdi di un territorio sempre più minacciato dal punto di vista idrogeologico» che come «elementi costitutivi dell'identità, della memoria e della storia dei territori e delle comunità».
Un appello alla difesa della natura identitaria dei piccoli comuni è venuto anche da D'Alfonso. Secondo l'ex sindaco di Pesacara, «questa manovra e la norma che sopprime i piccoli municipi sono figlie di una legge elettorale, il Porcellum, che ha tagliato ogni legame fra le comunità locali e quelli siedono in Parlamento obbedendo solo ai loro capi e non ai cittadini».
D'Alfonso, infine, ha invitato i sindaci a mobilitare i cittadini in difesa dei municipi e della loro storia «sacra e non negoziabile».
© RIPRODUZIONE RISERVATA