Di Stefano: via la norma antifascista
Il senatore Pdl vuole abrogare un articolo della Costituzione: anacronistico
PESCARA. Il testo della proposta di legge porta il titolo di «Abrogazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione», è stato depositato al Senato il 29 marzo e annunciato in aula il giorno dopo.
Dietro quel titolo c'è l'intenzione di abrogare la norma che, dal 1948, vieta la ricostituzione in Italia del Partito fascista. Uno dei cinque firmatari è Fabrizio Di Stefano, senatore abruzzese del Popolo della libertà. Con Di Stefano, farmacista di Tollo, cresciuto nelle file del Msi e poi in An, attualmente vice coordinatore regionale del Pdl, hanno firmato la proposta i suoi colleghi di partito, Cristiano De Eccher, Francesco Bevilacqua e Achille Totaro, e il senatore di Futuro e libertà, Egidio Digilio. Insomma, l'iniziativa è riuscita nell'impresa di mettere insieme ex aennini berlusconiani con un ex aennino finiano.
La XII disposizione transitoria della Costituzione vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e, in deroga all'articolo 48, stabilisce con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e all'eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Su quella norma della Carta si fonda il reato di apologia del fascismo introdotto nell'ordinamento italiano nel 1952 con la legge numero 645 (la cosiddetta Legge Scelba) che, all'articolo 4, sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».
Perché abrogare quella norma della Costituzione? «Perché è una norma transitoria», risponde Di Stefano, «e, quindi, è giusto che abbia anche una fine, così come è avvenuto con un'altra disposizione transitoria, quella che vietava l'ingresso in Italia ai Savoia. E' una norma che, se aveva certamente un senso nel secolo scorso, nel terzo millennio non ne ha più. Chi, ancora oggi, pensasse di ricostituire il Partito fascista forse, più che interessare la giustizia, dovrebbe interessare la psichiatria».
Il fatto di provenire dal Movimento sociale italiano ha influito sulla decisione?
«No», risponde il senatore del Pdl. «Qualcuno pensa davvero che, a distanza di tanti anni, ci possa essere ancora un retaggio di quel tipo? E' inconcepibile».
«Con la proposta di abrogazione di quella disposizione», aggiunge Di Stefano, «vogliamo contribuire a creare un clima di distensione per consegnare alla Storia tutta una serie di eventi».
Di Stefano si definirebbe antifascista oggi? «No», conclude il vice coordinatore abruzzzese del Pdl, «né antifascista, né fascista. Il fascismo è un fenomeno storico circoscritto nel tempo, a quel ventennio, che non può ritornare».
Dietro quel titolo c'è l'intenzione di abrogare la norma che, dal 1948, vieta la ricostituzione in Italia del Partito fascista. Uno dei cinque firmatari è Fabrizio Di Stefano, senatore abruzzese del Popolo della libertà. Con Di Stefano, farmacista di Tollo, cresciuto nelle file del Msi e poi in An, attualmente vice coordinatore regionale del Pdl, hanno firmato la proposta i suoi colleghi di partito, Cristiano De Eccher, Francesco Bevilacqua e Achille Totaro, e il senatore di Futuro e libertà, Egidio Digilio. Insomma, l'iniziativa è riuscita nell'impresa di mettere insieme ex aennini berlusconiani con un ex aennino finiano.
La XII disposizione transitoria della Costituzione vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e, in deroga all'articolo 48, stabilisce con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e all'eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Su quella norma della Carta si fonda il reato di apologia del fascismo introdotto nell'ordinamento italiano nel 1952 con la legge numero 645 (la cosiddetta Legge Scelba) che, all'articolo 4, sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».
Perché abrogare quella norma della Costituzione? «Perché è una norma transitoria», risponde Di Stefano, «e, quindi, è giusto che abbia anche una fine, così come è avvenuto con un'altra disposizione transitoria, quella che vietava l'ingresso in Italia ai Savoia. E' una norma che, se aveva certamente un senso nel secolo scorso, nel terzo millennio non ne ha più. Chi, ancora oggi, pensasse di ricostituire il Partito fascista forse, più che interessare la giustizia, dovrebbe interessare la psichiatria».
Il fatto di provenire dal Movimento sociale italiano ha influito sulla decisione?
«No», risponde il senatore del Pdl. «Qualcuno pensa davvero che, a distanza di tanti anni, ci possa essere ancora un retaggio di quel tipo? E' inconcepibile».
«Con la proposta di abrogazione di quella disposizione», aggiunge Di Stefano, «vogliamo contribuire a creare un clima di distensione per consegnare alla Storia tutta una serie di eventi».
Di Stefano si definirebbe antifascista oggi? «No», conclude il vice coordinatore abruzzzese del Pdl, «né antifascista, né fascista. Il fascismo è un fenomeno storico circoscritto nel tempo, a quel ventennio, che non può ritornare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA