«Giustizia, sarà un autunno caldo»
De Magistris: è in atto un disegno autoritario. Borsellino: bisogna resistere.
VASTO. Questo sarà l’autunno caldo della giustizia. L’annuncio arriva dall’assemblea dell’Idv che oggi si chiude alle 12 con l’intervento di Antonio Di Pietro.
E sarà un autunno di battaglie per i militanti e i simpatizzanti dell’Italia dei Valori che ieri nel cortile di palazzo D’Avalos hanno salutato con applausi e standing ovation gli interventi di due personaggi che oggi incarnano, per motivi diversi, il conflitto giustizia-potere: Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il giudice antimafia assassinato a Palermo, e Gioacchino Genchi, il consulente dell’autorità giudiziaria, diventato celebre per le intercettazioni nel caso De Magistris-Mastella. Borsellino e Genchi, assieme ai parlamentari europei dell’Idv Sonia Alfano e Gianni De Magistris, giudice in aspettativa, (ma prossimo, ha detto ieri, alle dimissioni), hanno trascinato la platea in un lungo e plurale intervento contro la «deriva autoritaria dello stato».
Borsellino ha ripercorso la vicenda del fratello e gli interrogativi sui mandanti, i cui nomi, sostiene, erano in un’agenda rossa del magistrato, sparita dopo l’attentato; agenda rossa che è diventata il simbolo della «resistenza» di Borsellino e del movimento Società civile, «per liberare le istituzioni» dall’inquinamento mafioso.
Genchi ha denunciato gli attacchi ai magistrati che, ha detto «si inseriscono perfettamente nel piano di rinascita democratica e va anche oltre il sogno di Gelli».
È toccato poi ai deputati Luigi Li Gotti e De Magistris annunciare l’avvio dell’«autunno caldo della giustizia», che passa in particolare per «la battaglia contro il lodo Alfano e le norme antintercettazioni».
Secondo De Magistris esiste un «disegno autoritario complessivo che passa per lo svuotamento del parlamento, ridotto a mero organo di esecuzione delle volontà del governo, per l’aumento della componente politica del Csm, per il conferimento di massimi poteri al capo di stato, per la riduzione della stampa a mera propaganda di regime».
«Noi resisteremo», ha commentato Antonio Di Pietro raccogliendo l’appello di Salvatore Borsellino, «noi vinceremo, perché la società civile non può arrendersi a questo stato mafioso».
E sarà un autunno di battaglie per i militanti e i simpatizzanti dell’Italia dei Valori che ieri nel cortile di palazzo D’Avalos hanno salutato con applausi e standing ovation gli interventi di due personaggi che oggi incarnano, per motivi diversi, il conflitto giustizia-potere: Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il giudice antimafia assassinato a Palermo, e Gioacchino Genchi, il consulente dell’autorità giudiziaria, diventato celebre per le intercettazioni nel caso De Magistris-Mastella. Borsellino e Genchi, assieme ai parlamentari europei dell’Idv Sonia Alfano e Gianni De Magistris, giudice in aspettativa, (ma prossimo, ha detto ieri, alle dimissioni), hanno trascinato la platea in un lungo e plurale intervento contro la «deriva autoritaria dello stato».
Borsellino ha ripercorso la vicenda del fratello e gli interrogativi sui mandanti, i cui nomi, sostiene, erano in un’agenda rossa del magistrato, sparita dopo l’attentato; agenda rossa che è diventata il simbolo della «resistenza» di Borsellino e del movimento Società civile, «per liberare le istituzioni» dall’inquinamento mafioso.
Genchi ha denunciato gli attacchi ai magistrati che, ha detto «si inseriscono perfettamente nel piano di rinascita democratica e va anche oltre il sogno di Gelli».
È toccato poi ai deputati Luigi Li Gotti e De Magistris annunciare l’avvio dell’«autunno caldo della giustizia», che passa in particolare per «la battaglia contro il lodo Alfano e le norme antintercettazioni».
Secondo De Magistris esiste un «disegno autoritario complessivo che passa per lo svuotamento del parlamento, ridotto a mero organo di esecuzione delle volontà del governo, per l’aumento della componente politica del Csm, per il conferimento di massimi poteri al capo di stato, per la riduzione della stampa a mera propaganda di regime».
«Noi resisteremo», ha commentato Antonio Di Pietro raccogliendo l’appello di Salvatore Borsellino, «noi vinceremo, perché la società civile non può arrendersi a questo stato mafioso».