I ballottaggi ultima chanche per l'unità del Pdl in Abruzzo
Dibattito nel partito dopo la deludente prova del primo turno. Di Stefano: "Ripartiamo dallo spirito di San Salvo". Si discute l'appoggio a De Matteis
PESCARA. Gianni Chiodi affida a un twitt la sua analisi del voto del 6 e 7 maggio: «Insomma il Pdl crolla, il Pd non sta tanto bene (nel teramano malissimo), il Terzo Polo un ectoplasma e il vero vincitore è Beppe Grillo, un comico. Anche in Italia, come in Francia e in Grecia, ha votato la crisi». E ancora: «La crisi, le difficoltà finanziarie degli Enti locali, le tasse alte, sono la causa della insoddisfazione verso chi governa. Stessa tendenza registrata in Francia, Grecia, Spagna, Olanda, Inghilterra e Germania. Si confondono però gli effetti con le cause che sono risalenti nel tempo».
L'AUDIO-COMMENTO Attenti, il Pdl non è finito di Sergio Baraldi
Già, e quali sono le cause? Secondo Giuseppe Tagliente (vedi intervista di lato) la politica non intercetta più i bisogni e le speranze del popolo dei moderati. Tagliente non ne fa solo un fatto ideale, invita infatti la giunta a cambiare passo e uomini. E a non seguire gli spiriti animali che hanno portato alle divisioni dell'Aquila, dove il Pdl si è fermato all'8,12% lasciando la sfida dei ballottaggi al terzista Giorgio De Matteis.
Il candidato sindaco del centro moderato non farà apparentamenti ufficiali, ma avrà bisogno dei voti del Pdl per avere speranza di superare il sindaco uscente Massimo Cialente non all'apice dei consensi.
«Dobbiamo lavorare per fare in modo che l'area moderata si ricompatti», esorta il senatore Pdl Fabrizio Di Stefano, vicecoordinatore regionale del partito. «Per questo siamo disponibili su un'alternativa a Cialente».
Il ricompattamento dell'area impedirà anche che si faccia seguito alle parole dette dal segretario Angelino Alfano in chiusura di campagna elettorale: «Chi non vota Properzi è un ex del Pdl». Il problema è che, come dimostrano i numeri, Properzi non è stato votato dal 90% del partito, che ha preferito orientarsi su De Matteis. Dunque non accadrà nulla. E probabilmente non ci saranno neanche le dimissioni del coordinatore regionale Filippo Piccone in caso di sconfitta ad Avezzano (una provocazione, si dice nel partito).
Il senatore Piccone invita dunque alla calma e alla riflessione: «È chiaro che in Abruzzo abbiamo pagato anche l'appoggio che il partito sta dando alla politica di Monti, appoggio che non è molto apprezzato in alcune fasce del nostro elettorato. Poi, certo, a livello locale paghiamo l'incapacità di non essere riusciti, salvo eccezioni, ad andare al voto in maniera compatta. Nel partito si deve aprire dunque una riflessione», dice Di Stefano, «ma questo non significa che debba riguardare la Regione come istituzione. Dobbiamo riflettere, concentrarci sul turno di ballottaggio, perché in tutte le realtà abbiamo la possibilità di giocarci il risultato a partire da San Salvo dove siamo in testa al primo turno».
Però aspettando i «passaggi chiave» annuncianti dal segretario nazionale, a Di Stefano sembra opportuno anche «capire la linea nazionale e se continuare a sostenere Monti». Perché «ritengo che questo voto possa avere avvicinato le elezioni anticipate. Vediamo infatti che soffrono tutti i partiti che stanno sostenendo Monti. Anche il Pd che oggi canta vittoria, mi pare che abbia festeggiato una vittoria di Pirro».
Allarga l'analisi il portavoce del Pdl in Consiglio regionale Riccardo Chiavaroli riferendosi al blocco sociale che dal 1953 a oggi (l'anno in cui Remo Gaspari scese in politica con la Dc) ha mantenuto l'Abruzzo nell'area politica moderata: «In termini sostanziali l'area politica di centrodestra al netto dei personalismi è ancora maggioritaria in questa regione», dice Chiavaroli, «tuttavia dobbiamo immediatamente capire come canalizzare questa forza, altrimenti come in Francia, con una destra maggioritaria di fatto vince la sinistra. Mi pare che Piccone abbia colto nel segno quando dice che è l'intero scenario politico ad essere in crisi e che il sistema dovrà necessariamente cambiare».
Ieri in Consiglio regionale si parlava di politica solo nei corridoi. In aula la maggioranza cercava di portare in porto almeno uno dei provvedimenti all'ordine del giorno. Da troppo tempo l'assemblea dell'Emiciclo è paralizzata dai veti non solo della minoranza ma anche dalle divisioni della maggioranza. Le divisioni elettorali vengono infatti da lontano, come ha scritto Chiodi nel suo twitt. Nell'ultimo vertice di maggioranza, pochi giorni prima del voto, si era stabilito che proprio l'assemblea di ieri dovesse segnare un energico cambio di marcia.
Chiodi vuole un programma di fine legislatura e riforme certe e condivise. Altrimenti potrebbe anche rivedere la sua idea di ricandidarsi nel 2013.
L'AUDIO-COMMENTO Attenti, il Pdl non è finito di Sergio Baraldi
Già, e quali sono le cause? Secondo Giuseppe Tagliente (vedi intervista di lato) la politica non intercetta più i bisogni e le speranze del popolo dei moderati. Tagliente non ne fa solo un fatto ideale, invita infatti la giunta a cambiare passo e uomini. E a non seguire gli spiriti animali che hanno portato alle divisioni dell'Aquila, dove il Pdl si è fermato all'8,12% lasciando la sfida dei ballottaggi al terzista Giorgio De Matteis.
Il candidato sindaco del centro moderato non farà apparentamenti ufficiali, ma avrà bisogno dei voti del Pdl per avere speranza di superare il sindaco uscente Massimo Cialente non all'apice dei consensi.
«Dobbiamo lavorare per fare in modo che l'area moderata si ricompatti», esorta il senatore Pdl Fabrizio Di Stefano, vicecoordinatore regionale del partito. «Per questo siamo disponibili su un'alternativa a Cialente».
Il ricompattamento dell'area impedirà anche che si faccia seguito alle parole dette dal segretario Angelino Alfano in chiusura di campagna elettorale: «Chi non vota Properzi è un ex del Pdl». Il problema è che, come dimostrano i numeri, Properzi non è stato votato dal 90% del partito, che ha preferito orientarsi su De Matteis. Dunque non accadrà nulla. E probabilmente non ci saranno neanche le dimissioni del coordinatore regionale Filippo Piccone in caso di sconfitta ad Avezzano (una provocazione, si dice nel partito).
Il senatore Piccone invita dunque alla calma e alla riflessione: «È chiaro che in Abruzzo abbiamo pagato anche l'appoggio che il partito sta dando alla politica di Monti, appoggio che non è molto apprezzato in alcune fasce del nostro elettorato. Poi, certo, a livello locale paghiamo l'incapacità di non essere riusciti, salvo eccezioni, ad andare al voto in maniera compatta. Nel partito si deve aprire dunque una riflessione», dice Di Stefano, «ma questo non significa che debba riguardare la Regione come istituzione. Dobbiamo riflettere, concentrarci sul turno di ballottaggio, perché in tutte le realtà abbiamo la possibilità di giocarci il risultato a partire da San Salvo dove siamo in testa al primo turno».
Però aspettando i «passaggi chiave» annuncianti dal segretario nazionale, a Di Stefano sembra opportuno anche «capire la linea nazionale e se continuare a sostenere Monti». Perché «ritengo che questo voto possa avere avvicinato le elezioni anticipate. Vediamo infatti che soffrono tutti i partiti che stanno sostenendo Monti. Anche il Pd che oggi canta vittoria, mi pare che abbia festeggiato una vittoria di Pirro».
Allarga l'analisi il portavoce del Pdl in Consiglio regionale Riccardo Chiavaroli riferendosi al blocco sociale che dal 1953 a oggi (l'anno in cui Remo Gaspari scese in politica con la Dc) ha mantenuto l'Abruzzo nell'area politica moderata: «In termini sostanziali l'area politica di centrodestra al netto dei personalismi è ancora maggioritaria in questa regione», dice Chiavaroli, «tuttavia dobbiamo immediatamente capire come canalizzare questa forza, altrimenti come in Francia, con una destra maggioritaria di fatto vince la sinistra. Mi pare che Piccone abbia colto nel segno quando dice che è l'intero scenario politico ad essere in crisi e che il sistema dovrà necessariamente cambiare».
Ieri in Consiglio regionale si parlava di politica solo nei corridoi. In aula la maggioranza cercava di portare in porto almeno uno dei provvedimenti all'ordine del giorno. Da troppo tempo l'assemblea dell'Emiciclo è paralizzata dai veti non solo della minoranza ma anche dalle divisioni della maggioranza. Le divisioni elettorali vengono infatti da lontano, come ha scritto Chiodi nel suo twitt. Nell'ultimo vertice di maggioranza, pochi giorni prima del voto, si era stabilito che proprio l'assemblea di ieri dovesse segnare un energico cambio di marcia.
Chiodi vuole un programma di fine legislatura e riforme certe e condivise. Altrimenti potrebbe anche rivedere la sua idea di ricandidarsi nel 2013.
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