I costi della sanità, la Baraldi "Troppa mobilità passiva per cure mediche semplici"
Il sub-commissario alla Sanità: i medici di altre regioni portano via i pazienti abruzzesi
LANCIANO. Abbattere le lunghe liste di attesa per effettuare visite ed esami negli ospedali; informare la popolazione sulle eccellenze e sulla qualità dei presidi; evitare che i medici specialisti di altre regioni portino via pazienti dall'Abruzzo e attuare gli accordi di confine. E' la ricetta che, secondo il sub-commissario alla sanità, Giovanna Baraldi, permetterà all'Abruzzo di abbattere la mobilità passiva.
Cioè, per tagliare la spesa che la Regione sostiene per pagare visite e interventi degli abruzzesi che vanno a curarsi in ospedali e cliniche fuori dai confini regionali.
In tailleur nero impeccabile, Giovanna Baraldi ha stilato, con precisione, il suo elenco di cause e rimedi della cosiddetta mobilità passiva, nel convegno organizzato, ieri a Lanciano, dall'Anaao (Associazione medici dirigenti), intitolato «L'ospedale del futuro in Abruzzo». E i motivi che elenca sono psicologici, sociali ed economici.
Inanzitutto, fa notare che la mobilità passiva è cresciuta a partire dal dopo terremoto, nel 2009.
«C'è una lettura psicologica delle catastrofi secondo cui si crea sfiducia nella popolazione verso le strutture mediche del territorio colpito da una catastrofe (come il terremoto) e si preferisce curarsi altrove», dice il sub-commissario. Poi c'è il problema dell'inefficienza, in particolare dell'allungarsi delle liste di attesa che spingono i pazienti ad andare fuori regione per effettuare anche semplici esami.
«Stiamo lavorando per abbatterle», assicura Baraldi, «e il 12 dicembre ne daremo conferma, mostrando i dati relativi alle attese».
Poi, l'attacco ai medici specialisti e di famiglia. «Negli ambulatori dei medici di famiglia», prosegue Baraldi, «operano in modo illegittimo professionisti, specialisti di strutture extraregionali che creano mobilità passiva perché portano fuori, nelle strutture in cui lavorano, i pazienti che visitano in Abruzzo. Occorre maggiore correttezza sia dei medici di famiglia che degli specialisti, che non devono abbandonare il proprio territorio».
E l'elenco delle cause della mobilità passiva che pesa, ogni anno, per 68milioni di euro sulle casse regionali, continuano.
Ci sono ad esempio i flussi migratori di pazienti collegati alla storia, alle eccellenze di un presidio: è il caso del Rizzoli di Bologna attrae ad esempio per l'ortopedia.
«Il problema della mobilità causata dalla bassa complessità degli interventi», riprende Baraldi, «è quella che "infastidisce" di più, perché riguarda ricoveri di pazienti fuori regione per semplici interventi. Ma è recuperabile con l'informazione, la comunicazione. Bisogna comunicare ai pazienti le eccellenze che abbiamo. Ci sono due cardiochirurgie in Abruzzo tra le prime dieci di Italia e abbiamo 200 pazienti che vanno ad operarsi al Nord. Questo è dovuto, sì, alla libertà di curarsi dove si vuole, ma anche alla mancanza di informazione sulla qualità dei presidi che abbiamo».
Per il presidente della Regione e commissario alla Sanità, Gianni Chiodi, anche lui ospite del convegno, la mobilità passiva è, invece, un «falso problema» perché «pesa solo per il 2,5 per cento sulle spese sanitarie», ed è frutto della «scarsa reputazione dei presìdi, o meglio della mancanza di conoscenza delle eccellenze che ci sono».
Cioè, per tagliare la spesa che la Regione sostiene per pagare visite e interventi degli abruzzesi che vanno a curarsi in ospedali e cliniche fuori dai confini regionali.
In tailleur nero impeccabile, Giovanna Baraldi ha stilato, con precisione, il suo elenco di cause e rimedi della cosiddetta mobilità passiva, nel convegno organizzato, ieri a Lanciano, dall'Anaao (Associazione medici dirigenti), intitolato «L'ospedale del futuro in Abruzzo». E i motivi che elenca sono psicologici, sociali ed economici.
Inanzitutto, fa notare che la mobilità passiva è cresciuta a partire dal dopo terremoto, nel 2009.
«C'è una lettura psicologica delle catastrofi secondo cui si crea sfiducia nella popolazione verso le strutture mediche del territorio colpito da una catastrofe (come il terremoto) e si preferisce curarsi altrove», dice il sub-commissario. Poi c'è il problema dell'inefficienza, in particolare dell'allungarsi delle liste di attesa che spingono i pazienti ad andare fuori regione per effettuare anche semplici esami.
«Stiamo lavorando per abbatterle», assicura Baraldi, «e il 12 dicembre ne daremo conferma, mostrando i dati relativi alle attese».
Poi, l'attacco ai medici specialisti e di famiglia. «Negli ambulatori dei medici di famiglia», prosegue Baraldi, «operano in modo illegittimo professionisti, specialisti di strutture extraregionali che creano mobilità passiva perché portano fuori, nelle strutture in cui lavorano, i pazienti che visitano in Abruzzo. Occorre maggiore correttezza sia dei medici di famiglia che degli specialisti, che non devono abbandonare il proprio territorio».
E l'elenco delle cause della mobilità passiva che pesa, ogni anno, per 68milioni di euro sulle casse regionali, continuano.
Ci sono ad esempio i flussi migratori di pazienti collegati alla storia, alle eccellenze di un presidio: è il caso del Rizzoli di Bologna attrae ad esempio per l'ortopedia.
«Il problema della mobilità causata dalla bassa complessità degli interventi», riprende Baraldi, «è quella che "infastidisce" di più, perché riguarda ricoveri di pazienti fuori regione per semplici interventi. Ma è recuperabile con l'informazione, la comunicazione. Bisogna comunicare ai pazienti le eccellenze che abbiamo. Ci sono due cardiochirurgie in Abruzzo tra le prime dieci di Italia e abbiamo 200 pazienti che vanno ad operarsi al Nord. Questo è dovuto, sì, alla libertà di curarsi dove si vuole, ma anche alla mancanza di informazione sulla qualità dei presidi che abbiamo».
Per il presidente della Regione e commissario alla Sanità, Gianni Chiodi, anche lui ospite del convegno, la mobilità passiva è, invece, un «falso problema» perché «pesa solo per il 2,5 per cento sulle spese sanitarie», ed è frutto della «scarsa reputazione dei presìdi, o meglio della mancanza di conoscenza delle eccellenze che ci sono».
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