OMICIDIO AD ALBA ADRIATICA
I rom hanno paura, fuggono tutti
Ricercato in Umbria uno degli assassini. Fadani ucciso per una battuta. Sabato pomeriggio i funerali in una piazza blindata. Identificati dieci partecipanti all’assalto delle abitazioni degli zingari . I nomadi abbandonano le abitazioni prese d’assalto per due notti di seguito
ALBA ADRIATICA. I primi ad andarsene sono stati i Levakovic, in fuga già da mercoledì sera quando davanti alla loro casa di via Bafile in cinquecento hanno lanciato sassi e rovesciato auto. Dopo l’assalto di giovedì sono scappati anche gli altri: via gli Spinelli, via i Guarnieri. Via i rom, con i loro bambini e i loro anziani. Le case di via Battisti e via Regina Margherita da ieri sono vuote. Restano i vetri a terra, i cancelli spalancati, le auto devastate.
Ad Alba non ci sono campi nomadi. I rom, circa un centinaio, abitano in centro, a pochi metri dal municipio, nelle vie che si srotolano tra la stazione e piazza IV Novembre. Giovedì mattina, il giorno dopo il primo assalto, c’erano ancora. Quel giorno il nostro viaggio è iniziato da via Battisti. Ecco la cronaca.
I BIMBI. Nella casa di Dora Guarnieri i vetri delle finestre del piano terra non ci sono più: li hanno mandati in frantumi con pietre e pezzi di travertino lanciati dalla strada. Uno ha sfiorato un bimbo di pochi mesi. «Sentivamo le urla che venivano da fuori, i piccoli piangevano», racconta Dora, «siamo saliti al secondo piano e hanno cominciato a tirare le pietre. Sembrava una guerra. Dicono che noi siamo incivili, ma questa è la civiltà degli altri? Se un pezzo di travertino avesse colpito un bambino? Chi ha sbagliato deve pagare e nessuno deve uccidere. Ma noi che cosa c’entriamo? Qui ci conoscono tutti. Noi non abbiamo fatto male a nessuno».
Ivana Di Giorgio prima di uscire dalla sua di casa per fare la spesa ha chiuso all’interno il figlio di dieci anni a letto con l’influenza. «Dopo quello che è successo ha paura», racconta, «teme che spacchino la porta per entrare. L’altra sera abbiamo chiesto aiuto alle forze dell’ordine, ma nessuno ci ha difeso. Sono rimasti a guardare e questo non si fa. I familiari del giovane ucciso hanno tutti i diritti e chi ha sbagliato deve pagare, ma la violenza genera solo violenza. Non è pace, non è giustizia, è solo vendetta e la vendetta non serve a nessuno, genera solo odio». E qui l’odio ora si tocca con mano. «Non ci dovete stare, non vi vogliamo» grida una donna dal finestrino dell’auto mentre rallenta davanti al gruppetto di rom che parla davanti casa. «La gente ora se la prende con noi», dice Alberto Guarnieri, «ma noi che cosa abbiamo fatto? A Garlasco sono andati a bruciare la casa di Alberto Stasi? Chi ha sbagliato deve pagare perchè non si fanno cose di questo genere, chi è scappato ora deve avere il coraggio di costituirsi e chiedere perdono per quello che ha fatto. Io conosco il fratello del ragazzo ucciso, l’ultima volta ci ho parlato qualche giorno fa. Sono vicino a lui e quando ho saputo quello che era successo è stato un grande dolore. Ma noi con quei tre non c’entriamo niente, con i Levakovic non abbiamo nulla da spartire, non possiamo pagare per colpe che non abbiamo commesso. Noi siamo nati ad Alba Adriatica, siamo andati a scuola qui, la gente ci conosce e sa che non abbiamo mai fatto male a nessuno».
GLI ANZIANI. Qualche metro più in la, all’angolo di via Battisti, c’è la casa in cui mercoledì sera hanno tirato razzi incendiari. Ci abitano solo due anziani rom di 80 anni. «I figli sono andati via», racconta ancora Dora, «sono rimasti solo due vecchi ormai malati. Ieri sono morti di paura nel vedere il razzo entrato in casa». C’è un continuo andirivieni in via Battisti. Da Giulianova sono arrivati altri rom. Parla Ferdinando Di Rocco. «Chi ha sbagliato deve pagare», dice, «e ora deve avere il coraggio di presentarsi davanti alla giustizia. Noi non difendiamo nessuno».
Ad Alba non ci sono campi nomadi. I rom, circa un centinaio, abitano in centro, a pochi metri dal municipio, nelle vie che si srotolano tra la stazione e piazza IV Novembre. Giovedì mattina, il giorno dopo il primo assalto, c’erano ancora. Quel giorno il nostro viaggio è iniziato da via Battisti. Ecco la cronaca.
I BIMBI. Nella casa di Dora Guarnieri i vetri delle finestre del piano terra non ci sono più: li hanno mandati in frantumi con pietre e pezzi di travertino lanciati dalla strada. Uno ha sfiorato un bimbo di pochi mesi. «Sentivamo le urla che venivano da fuori, i piccoli piangevano», racconta Dora, «siamo saliti al secondo piano e hanno cominciato a tirare le pietre. Sembrava una guerra. Dicono che noi siamo incivili, ma questa è la civiltà degli altri? Se un pezzo di travertino avesse colpito un bambino? Chi ha sbagliato deve pagare e nessuno deve uccidere. Ma noi che cosa c’entriamo? Qui ci conoscono tutti. Noi non abbiamo fatto male a nessuno».
Ivana Di Giorgio prima di uscire dalla sua di casa per fare la spesa ha chiuso all’interno il figlio di dieci anni a letto con l’influenza. «Dopo quello che è successo ha paura», racconta, «teme che spacchino la porta per entrare. L’altra sera abbiamo chiesto aiuto alle forze dell’ordine, ma nessuno ci ha difeso. Sono rimasti a guardare e questo non si fa. I familiari del giovane ucciso hanno tutti i diritti e chi ha sbagliato deve pagare, ma la violenza genera solo violenza. Non è pace, non è giustizia, è solo vendetta e la vendetta non serve a nessuno, genera solo odio». E qui l’odio ora si tocca con mano. «Non ci dovete stare, non vi vogliamo» grida una donna dal finestrino dell’auto mentre rallenta davanti al gruppetto di rom che parla davanti casa. «La gente ora se la prende con noi», dice Alberto Guarnieri, «ma noi che cosa abbiamo fatto? A Garlasco sono andati a bruciare la casa di Alberto Stasi? Chi ha sbagliato deve pagare perchè non si fanno cose di questo genere, chi è scappato ora deve avere il coraggio di costituirsi e chiedere perdono per quello che ha fatto. Io conosco il fratello del ragazzo ucciso, l’ultima volta ci ho parlato qualche giorno fa. Sono vicino a lui e quando ho saputo quello che era successo è stato un grande dolore. Ma noi con quei tre non c’entriamo niente, con i Levakovic non abbiamo nulla da spartire, non possiamo pagare per colpe che non abbiamo commesso. Noi siamo nati ad Alba Adriatica, siamo andati a scuola qui, la gente ci conosce e sa che non abbiamo mai fatto male a nessuno».
GLI ANZIANI. Qualche metro più in la, all’angolo di via Battisti, c’è la casa in cui mercoledì sera hanno tirato razzi incendiari. Ci abitano solo due anziani rom di 80 anni. «I figli sono andati via», racconta ancora Dora, «sono rimasti solo due vecchi ormai malati. Ieri sono morti di paura nel vedere il razzo entrato in casa». C’è un continuo andirivieni in via Battisti. Da Giulianova sono arrivati altri rom. Parla Ferdinando Di Rocco. «Chi ha sbagliato deve pagare», dice, «e ora deve avere il coraggio di presentarsi davanti alla giustizia. Noi non difendiamo nessuno».