Idv, Mascitelli rieletto coordinatore
«Chiodi si deve dimettere. Il Pd? Vorremmo capire con chi parlare»
MONTESILVANO. Il senatore Alfonso Mascitelli è stato riconfermato coordinatore regionale dell'Italia dei valori al termine del congresso del partito al Serena Majestic. Un risultato scontato già dalla vigilia.
Il congresso ha votato una mozione unitaria e ha accolto con una standing ovation l'arrivo del senatore sul palco. La cui riconferma è nei numeri. Il partito abruzzese di Antonio Di Pietro è cresciuto impetuosamente negli ultimi 5 anni, passando dal 2,43% delle regionali 2005 con 17.861 voti di lista, al 15,3% del 2008 con 81.557 voti di lista e 5 seggi, in una consultazione dove ha votato poco più della metà degli aventi diritto. Un dato che il capogruppo in consiglio regionale Carlo Costantini non riferisce all'effetto trascinamento della sua candidatura al governo della Regione, ma a «una operazione verità» su tutte le questioni: dall'emergenza morale al nucleare. La conferma, dice Costantini, è il successivo voto europeo del giugno 2009 in cui l'Idv abruzzese è solo leggermente arretrato, toccando la percentuale del 13,75%, guadagnando in termini assoluti con 89.430 voti di lista.
Senatore Mascitelli, un successo personale, questo terzo congresso regionale.
«La cosa più importante che vorrei sottolineare è che il partito in un momento così difficile ha dimostrato unitarietà. E' la giusta sintesi del lavoro svolto dalle quattro province».
«Quali sono i punti programmatici del suo mandato?
«Al primo posto c'è l'emergenza morale e la riconferma da parte nostra della richiesta di dimissioni del presidente Gianni Chiodi».
Con quale motivazione?
«Sulla base del fallimento di Chiodi. Il governatore ha fallito innanzitutto nella sua missione di moralizzare la vita pubblica. Il secondo fallimento è sull'obiettivo di riconquistare la fiducia degli abruzzesi. Ebbene, questa politica vergognosa ha disgustato ancora di più gli abruzzesi. Come dimostrano le parole di un nostro grande vescovo che ha capito il sentimento di questa terra (il riferimento è a monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto che si è detto disgustato dal teatrino della politica, ndr). Il terzo fallimento è sui risultati del governo Chiodi».
Quali in particolare?
«La situazione dell'Aquila, dove la ricostruzione non è ferma, piuttosto non è mai iniziata. Poi c'è la sanità, dove per rattoppare il bilancio vengono spostati i fondi Fas. E poi le riforme strutturali, come quella sui trasporti, che sono al palo. Chiodi deve trarre le conseguenze dai suoi fallimenti, dimettersi e ripresentarsi agli elettori senza quella emotività che gli ha permesso di vincere nel 2008».
Quali sono i punti di attacco dell'Idv abruzzese rispetto ai problemi della regione?
«Il lavoro, la ricostruzione, la riforma dell'assistenza socio-sanitaria. Sul lavoro ricordo che l'Abruzzo ha la maglia nera nell'indice di disoccupazione, che colpisce soprattutto donne e giovani. Un lavoratore su quattro vive una condizione di precarietà. Finora non sono state date risposte in termini di politiche industriali o di politiche attive del lavoro. La ricostruzione dell'Aquila è un problema di impegno sociale e civile. Se l'Aquila deve diventare una questione nazionale allora la cosa più importante da fare è dare trasparenza alla ricostruzione. Per Chiodi questo vuol dire soprattutto spegnere il telefonino in modo da evitare di rispondere alle telefonate di Verdini».
Come sono i rapporti col Pd il vostro maggiore alleato?
«Il Pd dice di voler essere protagonista di un nuovo riformismo del centrosinistra. Però fa un errore di fondo: non ha fatto un'analisi seria del perché il centrosinistra ha perso in Abruzzo. Loro credono che sia stato l'effetto Trifuoggi. Io penso che i problemi c'erano già prima, quando Quarta e Cesarone sono andati in Regione e hanno contribuito ad allontanare i cittadini dalla politica. Ma c'è un'altra difficoltà col Pd».
Quale?
«Spesso non sappiamo con chi parlare, perché sentiamo discorsi che si contraddicono. Il Pd ci dica con chi dobbiamo parlare nelle varie realtà municipali. Loro dicono che dobbiamo ricercare un'alleanza la più larga possibile. Io dico che la cosa più importante è la massima chiarezza sulle questioni».
E l'Udc?
«L'Udc chiede cosa pensa l'Italia dei valori. Io dico: cosa pensa l'Udc? Non riusciamo a capire qual è la funzione che vuole svolgere. A Roma fa una cosa, in altre realtà ne fa altre».
Il congresso ha votato una mozione unitaria e ha accolto con una standing ovation l'arrivo del senatore sul palco. La cui riconferma è nei numeri. Il partito abruzzese di Antonio Di Pietro è cresciuto impetuosamente negli ultimi 5 anni, passando dal 2,43% delle regionali 2005 con 17.861 voti di lista, al 15,3% del 2008 con 81.557 voti di lista e 5 seggi, in una consultazione dove ha votato poco più della metà degli aventi diritto. Un dato che il capogruppo in consiglio regionale Carlo Costantini non riferisce all'effetto trascinamento della sua candidatura al governo della Regione, ma a «una operazione verità» su tutte le questioni: dall'emergenza morale al nucleare. La conferma, dice Costantini, è il successivo voto europeo del giugno 2009 in cui l'Idv abruzzese è solo leggermente arretrato, toccando la percentuale del 13,75%, guadagnando in termini assoluti con 89.430 voti di lista.
Senatore Mascitelli, un successo personale, questo terzo congresso regionale.
«La cosa più importante che vorrei sottolineare è che il partito in un momento così difficile ha dimostrato unitarietà. E' la giusta sintesi del lavoro svolto dalle quattro province».
«Quali sono i punti programmatici del suo mandato?
«Al primo posto c'è l'emergenza morale e la riconferma da parte nostra della richiesta di dimissioni del presidente Gianni Chiodi».
Con quale motivazione?
«Sulla base del fallimento di Chiodi. Il governatore ha fallito innanzitutto nella sua missione di moralizzare la vita pubblica. Il secondo fallimento è sull'obiettivo di riconquistare la fiducia degli abruzzesi. Ebbene, questa politica vergognosa ha disgustato ancora di più gli abruzzesi. Come dimostrano le parole di un nostro grande vescovo che ha capito il sentimento di questa terra (il riferimento è a monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto che si è detto disgustato dal teatrino della politica, ndr). Il terzo fallimento è sui risultati del governo Chiodi».
Quali in particolare?
«La situazione dell'Aquila, dove la ricostruzione non è ferma, piuttosto non è mai iniziata. Poi c'è la sanità, dove per rattoppare il bilancio vengono spostati i fondi Fas. E poi le riforme strutturali, come quella sui trasporti, che sono al palo. Chiodi deve trarre le conseguenze dai suoi fallimenti, dimettersi e ripresentarsi agli elettori senza quella emotività che gli ha permesso di vincere nel 2008».
Quali sono i punti di attacco dell'Idv abruzzese rispetto ai problemi della regione?
«Il lavoro, la ricostruzione, la riforma dell'assistenza socio-sanitaria. Sul lavoro ricordo che l'Abruzzo ha la maglia nera nell'indice di disoccupazione, che colpisce soprattutto donne e giovani. Un lavoratore su quattro vive una condizione di precarietà. Finora non sono state date risposte in termini di politiche industriali o di politiche attive del lavoro. La ricostruzione dell'Aquila è un problema di impegno sociale e civile. Se l'Aquila deve diventare una questione nazionale allora la cosa più importante da fare è dare trasparenza alla ricostruzione. Per Chiodi questo vuol dire soprattutto spegnere il telefonino in modo da evitare di rispondere alle telefonate di Verdini».
Come sono i rapporti col Pd il vostro maggiore alleato?
«Il Pd dice di voler essere protagonista di un nuovo riformismo del centrosinistra. Però fa un errore di fondo: non ha fatto un'analisi seria del perché il centrosinistra ha perso in Abruzzo. Loro credono che sia stato l'effetto Trifuoggi. Io penso che i problemi c'erano già prima, quando Quarta e Cesarone sono andati in Regione e hanno contribuito ad allontanare i cittadini dalla politica. Ma c'è un'altra difficoltà col Pd».
Quale?
«Spesso non sappiamo con chi parlare, perché sentiamo discorsi che si contraddicono. Il Pd ci dica con chi dobbiamo parlare nelle varie realtà municipali. Loro dicono che dobbiamo ricercare un'alleanza la più larga possibile. Io dico che la cosa più importante è la massima chiarezza sulle questioni».
E l'Udc?
«L'Udc chiede cosa pensa l'Italia dei valori. Io dico: cosa pensa l'Udc? Non riusciamo a capire qual è la funzione che vuole svolgere. A Roma fa una cosa, in altre realtà ne fa altre».
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