Il Pd: "Chiodi dimostri di fare sul serio"
I leader dell'opposizione: non andremo a Roma con il cappello in mano
PESCARA. Chiodi cambierà atteggiamento con il governo? Saprà mettersi alla guida di un'intera regione per salvaguardare gli interessi di tutti? Parlamentari e leader dell'opposizione guardano con scetticismo al vertice romano sul Patto per lo sviluppo che sarà convocato a metà luglio. «Sia pure tardivamente, questa volta, Chiodi si è mosso nella direzione giusta ma non si arriverà a nessun risultato se a Roma andremo con il cappello in mano».
Per il deputato aquilano Giovanni Lolli, la parola d'ordine è conflittualità. «Sulle questioni strategiche, tutte le regioni, anche quelle governate dal centrodestra, tendono a fare massa critica. Mettono insieme le forze per far valere le proprie ragioni. In Abruzzo», prosegue Lolli, «abbiamo un governatore che ha sempre cercato di tranquillizzare piuttosto che mettersi alla testa dei problemi. Al contrario di presidenti come Zaia, Polverini, lo stesso Caldoro, che sulle grandi questioni neppure si sognano di fare i pompieri. Adesso c'è questa novità, è vero. Mi auguro che si trasformi in un cambio di atteggiamento politico».
Il rischio è vedere sfumare tutto quel che di buono le forze sociali, il mondo produttivo e del lavoro, hanno saputo fare elaborando una piattaforma programmatica unitaria. Fatto storico per l'Abruzzo. «Chiodi», riprende Lolli, «ha avuto tutto quel che poteva raccogliere, ora deve solo aprire un negoziato serio sul terremoto e le altre emergenze dell'Abruzzo. Non deve far altro che difendere l'impegno di sindacati e Confindustria attorno a proposte serie e ragionevoli».
Qual è la leva per convincere il governo? «In Abruzzo», osserva Lolli, «la crisi non ha prodotto conseguenze diverse che altrove. L'unico argomento è il terremoto. E' il solo capace di darci qualche credito in più». Ma Lolli avverte che il clima non è favorevole. Non solo per le difficoltà del governo nazionale. «Andiamo incontro a una fase in cui si stanno preparando misure draconiane sulla finanza pubblica. Basta questo per comprendere che non c'è trippa per gatti».
Il senatore del Partito democratico Giovanni Legnini punta l'attenzione su un altro aspetto. «Il Patto», dice, «è un contenitore non il contenuto. E a mio modo di vedere sono tre le partite da giocare: una è quella sui Fas e i fondi strutturali, che vanno riprogrammati su obbiettivi strategici, senza disperdersi in mille rivoli come aveva fatto la giunta regionale l'anno scorso con il documento poi bocciato dal governo». Il Pd ha formulato otto mesi fa una proposta articolata su cinque obiettivi: made in Italy (moda), edilizia sostenibile, automotive in Val di Sangro e alcune infrastrutture rilevanti, come le aree dismesse dalla ferrovia lungo la costa teatina e i porti. «Il secondo punto», sottolinea Legnini, «è che da due anni viene agitata in modo inconcludente la questione del masterplan, che è il documento elaborato dalla giunta regionale dopo il terremoto per stabilire misure di crescita dell'economia e dell'occupazione nell'area del cratere e in altre zone dell'Abruzzo. Noi abbiamo detto più volte che con il masterplan non sarebbe arrivato neppure un centesimo, come purtroppo è accaduto, perché obbiettivo del documento è attingere risorse dai fondi del terremoto. Sarebbe stato invece necessario cambiare la legge sulla Ricostruzione».
Il terzo contenuto? «Le infrastrutture. Alcune possono essere finanziate con il Fas, ma ci sono altre risorse disponibili che, da due anni, devono essere programmate dal governo nazionale. La grave responsabilità di Chiodi e della giunta regionale», commenta Legnini, «è quella di aver avuto un atteggiamento plaudente nei confronti del governo senza operare mai una netta distinzione tra fondi disponibili, che non sono sufficienti per la ricostruzione, e quelli che servono a far uscire l'Abruzzo dalla crisi e dal deficit delle infrastrutture. Se tu dici sempre bravo al governo, con quale credibilità poi ti siedi a un tavolo emergenziale?».
Ed è lo stesso interrogativo che ha convinto l'Italia dei valori a rimanere fuori dal Patto per lo sviluppo. «Non consideriamo Chiodi un interlocutore credibile e affidabile», afferma il capogruppo regionale Carlo Costantini, «queste cose funzionano quando non c'è sudditanza. Poi sono venuti meno i presupposti positivi che avevano animato il Patto. Temo che nelle prossime settimane il governo di tutto potrà occuparsi tranne che dei problemi dell'Abruzzo».
Per il deputato aquilano Giovanni Lolli, la parola d'ordine è conflittualità. «Sulle questioni strategiche, tutte le regioni, anche quelle governate dal centrodestra, tendono a fare massa critica. Mettono insieme le forze per far valere le proprie ragioni. In Abruzzo», prosegue Lolli, «abbiamo un governatore che ha sempre cercato di tranquillizzare piuttosto che mettersi alla testa dei problemi. Al contrario di presidenti come Zaia, Polverini, lo stesso Caldoro, che sulle grandi questioni neppure si sognano di fare i pompieri. Adesso c'è questa novità, è vero. Mi auguro che si trasformi in un cambio di atteggiamento politico».
Il rischio è vedere sfumare tutto quel che di buono le forze sociali, il mondo produttivo e del lavoro, hanno saputo fare elaborando una piattaforma programmatica unitaria. Fatto storico per l'Abruzzo. «Chiodi», riprende Lolli, «ha avuto tutto quel che poteva raccogliere, ora deve solo aprire un negoziato serio sul terremoto e le altre emergenze dell'Abruzzo. Non deve far altro che difendere l'impegno di sindacati e Confindustria attorno a proposte serie e ragionevoli».
Qual è la leva per convincere il governo? «In Abruzzo», osserva Lolli, «la crisi non ha prodotto conseguenze diverse che altrove. L'unico argomento è il terremoto. E' il solo capace di darci qualche credito in più». Ma Lolli avverte che il clima non è favorevole. Non solo per le difficoltà del governo nazionale. «Andiamo incontro a una fase in cui si stanno preparando misure draconiane sulla finanza pubblica. Basta questo per comprendere che non c'è trippa per gatti».
Il senatore del Partito democratico Giovanni Legnini punta l'attenzione su un altro aspetto. «Il Patto», dice, «è un contenitore non il contenuto. E a mio modo di vedere sono tre le partite da giocare: una è quella sui Fas e i fondi strutturali, che vanno riprogrammati su obbiettivi strategici, senza disperdersi in mille rivoli come aveva fatto la giunta regionale l'anno scorso con il documento poi bocciato dal governo». Il Pd ha formulato otto mesi fa una proposta articolata su cinque obiettivi: made in Italy (moda), edilizia sostenibile, automotive in Val di Sangro e alcune infrastrutture rilevanti, come le aree dismesse dalla ferrovia lungo la costa teatina e i porti. «Il secondo punto», sottolinea Legnini, «è che da due anni viene agitata in modo inconcludente la questione del masterplan, che è il documento elaborato dalla giunta regionale dopo il terremoto per stabilire misure di crescita dell'economia e dell'occupazione nell'area del cratere e in altre zone dell'Abruzzo. Noi abbiamo detto più volte che con il masterplan non sarebbe arrivato neppure un centesimo, come purtroppo è accaduto, perché obbiettivo del documento è attingere risorse dai fondi del terremoto. Sarebbe stato invece necessario cambiare la legge sulla Ricostruzione».
Il terzo contenuto? «Le infrastrutture. Alcune possono essere finanziate con il Fas, ma ci sono altre risorse disponibili che, da due anni, devono essere programmate dal governo nazionale. La grave responsabilità di Chiodi e della giunta regionale», commenta Legnini, «è quella di aver avuto un atteggiamento plaudente nei confronti del governo senza operare mai una netta distinzione tra fondi disponibili, che non sono sufficienti per la ricostruzione, e quelli che servono a far uscire l'Abruzzo dalla crisi e dal deficit delle infrastrutture. Se tu dici sempre bravo al governo, con quale credibilità poi ti siedi a un tavolo emergenziale?».
Ed è lo stesso interrogativo che ha convinto l'Italia dei valori a rimanere fuori dal Patto per lo sviluppo. «Non consideriamo Chiodi un interlocutore credibile e affidabile», afferma il capogruppo regionale Carlo Costantini, «queste cose funzionano quando non c'è sudditanza. Poi sono venuti meno i presupposti positivi che avevano animato il Patto. Temo che nelle prossime settimane il governo di tutto potrà occuparsi tranne che dei problemi dell'Abruzzo».
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