Il Tar: sì alla mail nei concorsi
Una mail priva di firma digitale può essere considerata alla pari di un’autocertificazione. Una sentenza del Tribunale amministrativo di Pescara sdogana e riqualifica il servizio di posta elettronica. I giudici dribblano la forma e puntano alla sostanza, infliggendo di fatto un colpo alla burocrazia
Pescara. Il casus belli riguarda la graduatoria relativa alla copertura di un posto di dirigente dell’area amministrativa ed economico-finanziaria della Provincia, approvata con atto del 13 febbraio scorso dal direttore generale dell’Ente. Un candidato ne aveva chiesto l’annullamento, ritenendo di essere stato penalizzato da quella mail, ma i giudici amministrativi gli hanno dato torto.
Il concorso risale a un anno fa. Dietro i candidati che occupano i primi due posti, si piazza un terzetto che ottiene lo stesso punteggio. A quel punto, per formulare la graduatoria finale, si rende necessario produrre i titoli di preferenza entro il termine perentorio di cinque giorni. Una dei concorrenti, lo stesso giorno in cui riceve la comunicazione - è la vigilia di Natale 2008 - invia una mail con il titolo di preferenza di figlia di invalido di guerra, riservandosi di spedire il relativo attestato. L’autodichiarazione viene mandata via fax il 21 gennaio successivo. A quel punto, il direttore generale - siamo al 13 febbraio - formula la graduatoria finale e ritiene valido il titolo di preferenza inviato dalla concorrente «essendo», scrive il Tar, «la medesima sostanzialmente in possesso del titolo».
La candidata ottiene così il terzo posto in graduatoria, mentre gli altri due avversari con identico punteggio scivolano al 4º e 5º posto. Di qui, il ricorso per violazione del termine perentorio di 5 giorni stabilito dall’articolo 11 dell’avviso pubblico del concorso per inviare i titoli di preferenza. Secondo il candidato penalizzato, una mail priva di firma digitale e non proveniente da un indirizzo di posta certificata e, comunque, senza neppure l’allegazione di copia del titolo, non è da considerarsi valida ai fini del rispetto del termine perentorio stabilito dal bando, né la mail può essere considerata “autocertificazione” sostitutiva, in quanto l’effettiva autocertificazione è stata poi inviata, ma oltre il termine.
La Provincia, che si è costituita in giudizio assistita dall’avvocato Giulio Cerceo, ha replicato con una memoria in cui chiedeva che il ricorso fosse respinto, essendo consentita anche nei concorsi pubblici la regolarizzazione prevista dalla legge 241/90. La quale prevede, a carico del responsabile del procedimento, di «accertare d’ufficio i fatti, disporre il compimento degli atti all’uopo necessari, e adottare ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria». In particolare, «può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete, può esperire accertamenti tecnici e ispezioni e ordinare esibizioni documentali». Il Tar, però, ha respinto il ricorso e considerato valida la mail spedita dalla funzionaria.
Sostengono, infatti, i giudici: «La mail tempestivamente inviata dalla ricorrente menzionava espressamente il titolo di preferenza di cui era in possesso e, quindi, costituiva pur sempre un principio di prova della sua effettività, senz’altro incompleto ma, da quanto dedotto nel ricorso, niente affatto inesistente o del tutto inidoneo allo scopo, dal momento che ciò che mancava era l’allegazione di una copia del titolo stesso o della sua autocertificazione sostitutiva». Un’interpretazione estensiva della procedura concorsuale che ha reso la mail equivalente a una comunicazione scritta.
Il concorso risale a un anno fa. Dietro i candidati che occupano i primi due posti, si piazza un terzetto che ottiene lo stesso punteggio. A quel punto, per formulare la graduatoria finale, si rende necessario produrre i titoli di preferenza entro il termine perentorio di cinque giorni. Una dei concorrenti, lo stesso giorno in cui riceve la comunicazione - è la vigilia di Natale 2008 - invia una mail con il titolo di preferenza di figlia di invalido di guerra, riservandosi di spedire il relativo attestato. L’autodichiarazione viene mandata via fax il 21 gennaio successivo. A quel punto, il direttore generale - siamo al 13 febbraio - formula la graduatoria finale e ritiene valido il titolo di preferenza inviato dalla concorrente «essendo», scrive il Tar, «la medesima sostanzialmente in possesso del titolo».
La candidata ottiene così il terzo posto in graduatoria, mentre gli altri due avversari con identico punteggio scivolano al 4º e 5º posto. Di qui, il ricorso per violazione del termine perentorio di 5 giorni stabilito dall’articolo 11 dell’avviso pubblico del concorso per inviare i titoli di preferenza. Secondo il candidato penalizzato, una mail priva di firma digitale e non proveniente da un indirizzo di posta certificata e, comunque, senza neppure l’allegazione di copia del titolo, non è da considerarsi valida ai fini del rispetto del termine perentorio stabilito dal bando, né la mail può essere considerata “autocertificazione” sostitutiva, in quanto l’effettiva autocertificazione è stata poi inviata, ma oltre il termine.
La Provincia, che si è costituita in giudizio assistita dall’avvocato Giulio Cerceo, ha replicato con una memoria in cui chiedeva che il ricorso fosse respinto, essendo consentita anche nei concorsi pubblici la regolarizzazione prevista dalla legge 241/90. La quale prevede, a carico del responsabile del procedimento, di «accertare d’ufficio i fatti, disporre il compimento degli atti all’uopo necessari, e adottare ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria». In particolare, «può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete, può esperire accertamenti tecnici e ispezioni e ordinare esibizioni documentali». Il Tar, però, ha respinto il ricorso e considerato valida la mail spedita dalla funzionaria.
Sostengono, infatti, i giudici: «La mail tempestivamente inviata dalla ricorrente menzionava espressamente il titolo di preferenza di cui era in possesso e, quindi, costituiva pur sempre un principio di prova della sua effettività, senz’altro incompleto ma, da quanto dedotto nel ricorso, niente affatto inesistente o del tutto inidoneo allo scopo, dal momento che ciò che mancava era l’allegazione di una copia del titolo stesso o della sua autocertificazione sostitutiva». Un’interpretazione estensiva della procedura concorsuale che ha reso la mail equivalente a una comunicazione scritta.