«In Abruzzo tanta violenza giovanile»
Correa: molti casi di bullismo e di aggressione sessuale, più a rischio le aree urbane.
L’AQUILA. Un numero elevato di bambini che hanno subito maltrattamenti anche gravi. Tanti procedimenti aperti per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Sul piano penale i reati più ricorrenti sono le violenze sessuali di gruppo e i reati connessi alla violazione della legge sugli stupefacenti.
E’ «L’Abruzzo che non ti aspetti», quello che scorre sotto gli occhi di Vittoria Correa presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila. Punto nevralgico dove un adolescente può essere riabilitato e aprirsi a nuova vita sociale, oppure, dove si può constatare il fallimento di tutti i sistemi di protezione e recupero sociale.
Il Tribunale dell’Aquila dove lavorano cinque giudici donne, un record al femminile, ha competenze civili e penali vastissime.
Dall’affido dei minori, ai procedimenti contro chi abusa dei bambini, fino a mettere in campo una rete di protezione e recupero sociale di adolescenti incappati in disavventure che tavolta, spiega Vittoria Correa «sono solo atti di ribellione che si spingono troppo avanti».
Vittoria Correa è un giudice che ha una carriera professionale notevole iniziata come assistente dell’ex guardasigilli Giulianno Vassalli,. Venti anni al Tribunale per i minorenni di Roma. Giudice alla direzione nazionale affari penali del Ministero della Giustizia. Giudice al tribunale penale di Nuoro. Consulente per otto anni al ministero degli Esteri.
E’ in Abruzzo dal 12 novembre 2008 come presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila.
Dottoressa Vittoria Correa, come ha trovato l’Abruzzo?
«Le mie aspettative erano diverse, pensavo a un minore numero di reati. Purtroppo ho trovato tanti bambini maltrattati e, in molti casi, anche in modo grave. Anche un numero consistente di procedimenti aperti per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Ci sono molti adolescenti che da anni vivono in istituti. Ho trovato pochissima disponibilità per l’affidamento familiare».
Al Tribunale arrivano casi limite, magari c’è qualcosa che non funziona dal basso. I servizi sociali sono efficienti?
«Ho constatato una efficienza a macchia di leopardo, in alcuni casi i servizi sociali sono molto bravi, in altri pessimi. Spesso non c’è la consapevolezza che il Tribunale è l’ultima ratio, solo per quelle situazioni di emergenza e patologiche. L’intervento sociale assistenziale non è compito del Tribunale».
Per l’infanzia c’è qualcosa che funziona in Abruzzo?
«Ho trovato strutture di accoglienza e case famiglia sia laiche che cattoliche di buon livello. Ne ho visitate diverse ma mi riprometto di visitarle tutte».
Lei in Tribunale ha trovato un numero consistente di carichi pendenti. Come procede il lavoro?
«Oggi abbiamo una pendenza di circa mille procedimenti civili aperti. Nel 2008 ne ho trovati circa 1.600. Valutando il blocco dell’attività per il terremoto, in sei mesi abbiamo fatto un buon lavoro».
Il Tribunale per i minori oltre alla competenza civile ha quella penale. Cosa accade in Abruzzo?
«I reati più ricorrenti sono purtroppo le tantissime violenze sessuali di gruppo e tanti reati connessi alla violazione della legge sugli stupefacenti. Non mi aspettavo di trovare questa situazione».
Questi fenomeni accadono in un ambito sociale particolare?
«Attraversano tutti i ceti sociali. Poi ci sono reati che oggi si definiscono come bullismo, molte aggressioni e tentativi di prevaricazione di ragazzi su altri ragazzi o su persone più deboli. Anche rispetto a questi episodi sono rimasta sorpresa, mi aspettavo più furti e piccole ricettazioni».
In quali realtà? Urbane o nei piccoli centri?
«Più nelle aree urbane o nelle zone limitrofe a quelle urbane. Sono meno, invece, i reati segnalati nelle aree di montane».
Il capitolo più delicato è la competenza del Tribunale su abusi e maltrattamenti sui minori. Anche in questo caso è un fenomeno che attraversa tutti i ceti sociali?
«I dati ci dicono che il maggior numero di casi si verificano nei ceti medio-bassi. Molti episodi, inoltre, riguardano cittadini stranieri che sono di passaggio o radicati sul territorio».
Il Tribunale per i minorenni per sua vocazione non dovrebbe essere punitivo ma in grado di creare condizioni di una riabilitazione e reinserimento sociale. Questo accade?
«Sono i nostri obiettivi, nei procedimenti civili è la tutela del minore, ma anche nei procedimenti penali la finalità è un rapido reinserimento sociale. Il Tribunale svolge fin dove è possibile una funzione di prevenzione. Ogni ragazzo che arriva al penale avendo avuto aperto un procedimento civile è un fallimento di tutta la società che si è interessata a questo giovane»
Cosa spinge un ragazzo a commettere reati? La situazione economica, la condizione famigliare, un malinteso senso della libertà e impunibilità?
«E’ necessario distinguere da un reato frutto della ribellione adolescenziale, che in genere si ferma al primo reato, da quelli che sono inseriti in organizzazioni e in famiglie problematiche con genitori pregiudicati. L’intervento di reinserimento è difficile. Nello stesso tempo il processo penale si celebra molto dopo l’aver commesso il fatto e, in molti casi, l’adolescente è diventato adulto. Spesso accade che ha commesso altri reati e il nostro intervento diventa meramente di repressione e di risposta penale. Nel caso di ragazzi che hanno commesso un solo reato si può intervenire con strumenti diversi avendo riguardo alla sua situazione e cercando, il più possibile, di non pregiudicare il suo futuro».
E’ «L’Abruzzo che non ti aspetti», quello che scorre sotto gli occhi di Vittoria Correa presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila. Punto nevralgico dove un adolescente può essere riabilitato e aprirsi a nuova vita sociale, oppure, dove si può constatare il fallimento di tutti i sistemi di protezione e recupero sociale.
Il Tribunale dell’Aquila dove lavorano cinque giudici donne, un record al femminile, ha competenze civili e penali vastissime.
Dall’affido dei minori, ai procedimenti contro chi abusa dei bambini, fino a mettere in campo una rete di protezione e recupero sociale di adolescenti incappati in disavventure che tavolta, spiega Vittoria Correa «sono solo atti di ribellione che si spingono troppo avanti».
Vittoria Correa è un giudice che ha una carriera professionale notevole iniziata come assistente dell’ex guardasigilli Giulianno Vassalli,. Venti anni al Tribunale per i minorenni di Roma. Giudice alla direzione nazionale affari penali del Ministero della Giustizia. Giudice al tribunale penale di Nuoro. Consulente per otto anni al ministero degli Esteri.
E’ in Abruzzo dal 12 novembre 2008 come presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila.
Dottoressa Vittoria Correa, come ha trovato l’Abruzzo?
«Le mie aspettative erano diverse, pensavo a un minore numero di reati. Purtroppo ho trovato tanti bambini maltrattati e, in molti casi, anche in modo grave. Anche un numero consistente di procedimenti aperti per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Ci sono molti adolescenti che da anni vivono in istituti. Ho trovato pochissima disponibilità per l’affidamento familiare».
Al Tribunale arrivano casi limite, magari c’è qualcosa che non funziona dal basso. I servizi sociali sono efficienti?
«Ho constatato una efficienza a macchia di leopardo, in alcuni casi i servizi sociali sono molto bravi, in altri pessimi. Spesso non c’è la consapevolezza che il Tribunale è l’ultima ratio, solo per quelle situazioni di emergenza e patologiche. L’intervento sociale assistenziale non è compito del Tribunale».
Per l’infanzia c’è qualcosa che funziona in Abruzzo?
«Ho trovato strutture di accoglienza e case famiglia sia laiche che cattoliche di buon livello. Ne ho visitate diverse ma mi riprometto di visitarle tutte».
Lei in Tribunale ha trovato un numero consistente di carichi pendenti. Come procede il lavoro?
«Oggi abbiamo una pendenza di circa mille procedimenti civili aperti. Nel 2008 ne ho trovati circa 1.600. Valutando il blocco dell’attività per il terremoto, in sei mesi abbiamo fatto un buon lavoro».
Il Tribunale per i minori oltre alla competenza civile ha quella penale. Cosa accade in Abruzzo?
«I reati più ricorrenti sono purtroppo le tantissime violenze sessuali di gruppo e tanti reati connessi alla violazione della legge sugli stupefacenti. Non mi aspettavo di trovare questa situazione».
Questi fenomeni accadono in un ambito sociale particolare?
«Attraversano tutti i ceti sociali. Poi ci sono reati che oggi si definiscono come bullismo, molte aggressioni e tentativi di prevaricazione di ragazzi su altri ragazzi o su persone più deboli. Anche rispetto a questi episodi sono rimasta sorpresa, mi aspettavo più furti e piccole ricettazioni».
In quali realtà? Urbane o nei piccoli centri?
«Più nelle aree urbane o nelle zone limitrofe a quelle urbane. Sono meno, invece, i reati segnalati nelle aree di montane».
Il capitolo più delicato è la competenza del Tribunale su abusi e maltrattamenti sui minori. Anche in questo caso è un fenomeno che attraversa tutti i ceti sociali?
«I dati ci dicono che il maggior numero di casi si verificano nei ceti medio-bassi. Molti episodi, inoltre, riguardano cittadini stranieri che sono di passaggio o radicati sul territorio».
Il Tribunale per i minorenni per sua vocazione non dovrebbe essere punitivo ma in grado di creare condizioni di una riabilitazione e reinserimento sociale. Questo accade?
«Sono i nostri obiettivi, nei procedimenti civili è la tutela del minore, ma anche nei procedimenti penali la finalità è un rapido reinserimento sociale. Il Tribunale svolge fin dove è possibile una funzione di prevenzione. Ogni ragazzo che arriva al penale avendo avuto aperto un procedimento civile è un fallimento di tutta la società che si è interessata a questo giovane»
Cosa spinge un ragazzo a commettere reati? La situazione economica, la condizione famigliare, un malinteso senso della libertà e impunibilità?
«E’ necessario distinguere da un reato frutto della ribellione adolescenziale, che in genere si ferma al primo reato, da quelli che sono inseriti in organizzazioni e in famiglie problematiche con genitori pregiudicati. L’intervento di reinserimento è difficile. Nello stesso tempo il processo penale si celebra molto dopo l’aver commesso il fatto e, in molti casi, l’adolescente è diventato adulto. Spesso accade che ha commesso altri reati e il nostro intervento diventa meramente di repressione e di risposta penale. Nel caso di ragazzi che hanno commesso un solo reato si può intervenire con strumenti diversi avendo riguardo alla sua situazione e cercando, il più possibile, di non pregiudicare il suo futuro».