Inchiesta sul caro-pasta perquisite le sedi della De Cecco
Ricarichi del 400% tra il prezzo del grano e il prodotto finito
ROMA. Ieri dalla Guardia di finanza ha perquisito gli uffici di cinque fra i maggiori produttori di pasta: Barilla, Divella, De Cecco, Garofalo e Amato. La perquisizione è stata ordinata dal procuratore aggiunto di Roma, Nello Rossi, e dal Pm Stefano Pesci nell’ambito di un’inchiesta avviata nel 2007 dopo un esposto delle associazioni consumatori sul prezzo della pasta. Finanzieri anche negli uffici dell’Unipi, l’Unione pastai italiani. Nel registro degli indagati ci sarebbe già un nome e altri se ne potrebbero aggiungere anche nei prossimi giorni che verranno.
Aumenti del prezzo della pasta del 50% fra il 2007 e il 2008.
Ricarichi del 400% fra il prezzo del grano duro e quello del prodotto finito (da 18 centesimi al chilo a un euro e 40). Ma, soprattutto, la tendenza ad aumentare il prezzo tutti insieme, allo stesso modo. Un comportanento sospetto fra imprenditori che dovrebbero farsi concorrenza. Tanto sospetto che Federconsumatori, Codacons, Adoc e Adusbef decisero di presentare un esposto. L’Antitrust avviò un’inchiesta che sfociò in una multa da 12 milioni e mezzo di euro a 22 aziende e 2 associazioni di categorie (Barilla più penalizzata con 5 milioni da pagare). Una grossa multa che è stata riconfermata anche dal tribunale del Tar del Lazio il 29 ottobre scorso.
Parallelamente alla indagine dell’Autorità di garanzia del mercato era partita l’inchiesta della Procura di Roma per il reato previsto dall’articolo 501 bis del codice penale che punisce le manovre speculative sulle merci. Secondo quanto hanno scritto i giudici del Tribunale amministrativo regionale del Lazio gli accordi fra le aziende si prendevano nelle riunioni che si tenevano nella sede dell’Unione pastai, a Roma. «Le numerose minute - si legge nella sentenza del 29 ottobre - acquisite agli atti del procedimento condotto dall’Autorità comprovano la preordinazione anticompetitiva delle riunioni all’Unipi». Riunioni - dice ancora il Tar - «nel corso delle quali gli operatori hanno ripetutamente discusso e concordato le politiche sul prezzo».
Ieri i finanzieri hanno acquisito documenti nelle sedi delle aziende che producono pasta, a Parma per la Barilla, a Pescara e Roma per la De Cecco, a Gragnano per la Garofalo, a Salerno per la Amato, a Rutigliano, in provincia di Bari, per la Divella. L’Unipi ha annunciato la massima collaborazione con gli inquirenti, ma il suo presidente, Massimo Menna, titolare della Garofalo, si è rifiutato di fare commenti.
Commentano, invece, alla Divella: «Sono venuti a chiedere le stesse carte che la stessa Guardia di finanza aveva già acquisito circa due anni fa nell’ambito degli accertamenti richiesti dall’Antitrust». «No comment», da Barilla.
«Noi siamo sereni - dicono alla De Cecco - e collaboriamo con la Guardia di finanza. Quanto alla multa dell’Antitrust noi abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato».
La Coldiretti fa notare come il prezzo di spaghetti e maccheroni sia restato pressoché costante da un anno a questa parte mentre al contrario il prezzo del grano duro è calato del anche 30%.
Aumenti del prezzo della pasta del 50% fra il 2007 e il 2008.
Ricarichi del 400% fra il prezzo del grano duro e quello del prodotto finito (da 18 centesimi al chilo a un euro e 40). Ma, soprattutto, la tendenza ad aumentare il prezzo tutti insieme, allo stesso modo. Un comportanento sospetto fra imprenditori che dovrebbero farsi concorrenza. Tanto sospetto che Federconsumatori, Codacons, Adoc e Adusbef decisero di presentare un esposto. L’Antitrust avviò un’inchiesta che sfociò in una multa da 12 milioni e mezzo di euro a 22 aziende e 2 associazioni di categorie (Barilla più penalizzata con 5 milioni da pagare). Una grossa multa che è stata riconfermata anche dal tribunale del Tar del Lazio il 29 ottobre scorso.
Parallelamente alla indagine dell’Autorità di garanzia del mercato era partita l’inchiesta della Procura di Roma per il reato previsto dall’articolo 501 bis del codice penale che punisce le manovre speculative sulle merci. Secondo quanto hanno scritto i giudici del Tribunale amministrativo regionale del Lazio gli accordi fra le aziende si prendevano nelle riunioni che si tenevano nella sede dell’Unione pastai, a Roma. «Le numerose minute - si legge nella sentenza del 29 ottobre - acquisite agli atti del procedimento condotto dall’Autorità comprovano la preordinazione anticompetitiva delle riunioni all’Unipi». Riunioni - dice ancora il Tar - «nel corso delle quali gli operatori hanno ripetutamente discusso e concordato le politiche sul prezzo».
Ieri i finanzieri hanno acquisito documenti nelle sedi delle aziende che producono pasta, a Parma per la Barilla, a Pescara e Roma per la De Cecco, a Gragnano per la Garofalo, a Salerno per la Amato, a Rutigliano, in provincia di Bari, per la Divella. L’Unipi ha annunciato la massima collaborazione con gli inquirenti, ma il suo presidente, Massimo Menna, titolare della Garofalo, si è rifiutato di fare commenti.
Commentano, invece, alla Divella: «Sono venuti a chiedere le stesse carte che la stessa Guardia di finanza aveva già acquisito circa due anni fa nell’ambito degli accertamenti richiesti dall’Antitrust». «No comment», da Barilla.
«Noi siamo sereni - dicono alla De Cecco - e collaboriamo con la Guardia di finanza. Quanto alla multa dell’Antitrust noi abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato».
La Coldiretti fa notare come il prezzo di spaghetti e maccheroni sia restato pressoché costante da un anno a questa parte mentre al contrario il prezzo del grano duro è calato del anche 30%.