L’ascesa di Chiodi da «figurante» a primatista
Governatore e leader del partito nella regione più berlusconiana d’Italia. Decisivo il rapporto con il premier saldato dalla tragedia del terremoto e ora dal risultato elettorale
SPECIALE ELEZIONI, TUTTI I RISULTATI - La cronaca dello spoglio
ELEZIONI COMUNALI Pescara | Teramo | Giulianova | Comuni con meno di 15 mila abitanti
ELEZIONI PROVINCIALI Chieti | Pescara | Teramo
EUROPEE 2009 I risultati definitivi del voto in Abruzzo
PESCARA. I dati sono lusinghieri: 44,5% al Pdl alle europee (con uno strabiliante 55% all'Aquila), le Province riconquistate dal centrodestra, i capoluoghi in mani amiche. E oggi il governatore Gianni Chiodi può tranquillamente appendere nell'armadio la casacca del figurante, cucita dal centrosinistra, e indossare la maglia del primatista, spedita direttamente da palazzo Grazioli a Roma. Le tragedie danno nettezza ai caratteri. I successi li rafforzano.
Nei cinque mesi del suo governo, Chiodi ha conosciuto la tragedia del terremoto e il successo delle elezioni, e ne esce trasformato da politico locale, quasi sconosciuto fuori dai confini della provincia di Teramo, a capopartito. Parabola rapida e luminosa, vaticinata dal rapporto sempre più stretto con Silvio Berlusconi. Amicizia fresca, quella tra i due uomini politici, nata pochi mesi prima delle elezioni regionali, quando Chiodi decide di dimettersi da sindaco di Teramo e di proporsi alla candidatura della regione per il centrodestra. Chiodi si muove con prudenza, perché in Forza Italia e An ci sono almeno tre candidature pesanti: i senatori Filippo Piccone e Fabrizio Di Stefano e il consigliere uscente Giuseppe Tagliente. Berlusconi però vuole una faccia nuova, una persona che non abbia avuto a che fare col governo regionale di Del Turco neanche dall'opposizione.
Come prima mossa va a trovare Maria Teresa Letta ad Avezzano. La signora Letta, presidentessa della Croce Rossa abruzzese, è la sorella di Gianni il braccio destro del premier. La mossa si rivela decisiva, perché quando Berlusconi chiede a Letta chi sia questo sconosciuto pretendente alla presidenza della Regione, Gianni chiama la sorella e le chiede una relazione scritta. La professoressa si mette al lavoro e traccia un profilo positivo del candidato. Qualche giorno dopo Berlusconi invita Chiodi a Palazzo Grazioli assieme alla famiglia. A fine cena il cavaliere prende la sua decisione e comunica al neonato Pdl abruzzese che il candidato a Palazzo Centi sarà il sindaco di Teramo.
Cosa ha convinto Berlusconi? Lo dice lui stesso nel comizio di presentazione del candidato all'Aquila il 23 novembre. «Chiodi non è un politico di professione, ha avuto un'esperienza sia all'opposizione che come sindaco della città, dunque ha la preparazione amministrativa ideale. E poi ha equilibrio».
Sono probabilmente gli stessi giudizi espressi nella relazione di Maria Teresa Letta. A questi Berlusconi ne aggiunge un altro, di conio certamente personale: «E poi Gianni è bello».
Per Berlusconi la campagna elettorale abruzzese è qualcosa di più di un fatto locale. Lo scrive Le Monde in un reportage del 3 dicembre titolato "Berlusconi nella battaglia d'Abruzzo". Per il Cavaliere, spiega il quotidiano parigino, il voto abruzzese è un'occasione per sfatare le voci di un premier sofferente in salute e in crisi di consensi politici. E Berlusconi si impegna. Viene quattro volte in Abruzzo. Il 6 dicembre, un sabato, si presenta addirittura all'improvviso a Pescara, spiazzando il suo stesso partito.
Chiodi ne capitalizza la vitalità, si muove abilmente senza forzare i toni della campagna elettorale e alla fine vince le elezioni. Dopo qualche giorno comincia a costruire la squadra di governo cercando di tenere i partiti fuori dalla porta, mentre il rapporto diretto con Berlusconi si rafforza. L'autonomia di Chiodi dai partiti si vede anche dalle provenienze dei suoi assessori. Il presidente si circonda di fedelissimi, quattro assessori sono teramani (uno di loro, Mauro Di Dalmazio, è stato il più votato al Comune di Teramo). Nessun assessore è aquilano. Chiodi teorizza questa scelta: «Se voglio essere credibile non posso essere condizionabile. Devo rendere conto agli abruzzesi e non ai partiti».
Il terremoto salda definitivamente l'asse Berlusconi-Chiodi, anche se mette il governatore in una posizione non facile. L'interventismo del premier (è 13 volte all'Aquila) e il ruolo nella ricostruzione del commissario Guido Bertolaso rischiano di schiacciarlo sullo sfondo (un rischio colto dal Partito democratico che lo tratta da comprimario senza ruolo in commedia). Però quello che per Chiodi è un rischio si rivela una realtà per i dirigenti del Pdl, che scompaiono di fatto dalla scena regionale, mentre l'immagine pubblica di Chiodi cresce. Una immagine sbiadita, come accusano i suoi avversari? Cosa importa? L'immagine viaggia ed è quello che conta. Viaggia anche Chiodi tra L'Aquila e Roma dove strappa accordi importanti, almeno sulla carta (come quello per le infrastrutture da 6 miliardi a pochi giorni dal voto). E comincia a viaggiare anche in campagna elettorale. Per presentare la candidatura di Luigi Albore Mascia a sindaco di Pescara diserta persino una delle tante visite di Berlusconi all'Aquila. Impossibile che tra i due non ci fosse accordo. Qui la saldatura è totale: Berlusconi si muove solo sull'Aquila tenendosi lontano dai comizi elettorali (tranne qualche intervista alle tv locali), Chiodi si muove nel resto della Regione promuovendo incontri elettorali. Il partito? Fa quel che può. Il terremoto ha cambiato la regione, e con la regione ha cambiato la politica e gli assetti dei gruppi dirigenti.
La partita del voto è diventata una partita a due: il ticket Berlusconi-Chiodi contro il centrosinistra. E la notte dell'8 giugno, a urne ancora fumanti, Chiodi fa una dichiarazione che più chiara non può essere: «Gli elettori abruzzesi hanno premiato la politica dei fatti. Segno che ha funzionato al meglio il raccordo che, come in occasione del tragico evento del sisma, c'è stato e continua ad esserci tra giunta regionale, governo centrale ed amministrazioni locali. La gente d'Abruzzo ha percepito la vicinanza dello Stato ed in particolare del premier e del suo governo e le attività che, come giunta regionale, stiamo sviluppando». Il Pdl? In Abruzzo sono io, dice Chiodi. Sommessamente, com'è nel suo stile, ma con decisione da leader.
ELEZIONI COMUNALI Pescara | Teramo | Giulianova | Comuni con meno di 15 mila abitanti
ELEZIONI PROVINCIALI Chieti | Pescara | Teramo
EUROPEE 2009 I risultati definitivi del voto in Abruzzo
PESCARA. I dati sono lusinghieri: 44,5% al Pdl alle europee (con uno strabiliante 55% all'Aquila), le Province riconquistate dal centrodestra, i capoluoghi in mani amiche. E oggi il governatore Gianni Chiodi può tranquillamente appendere nell'armadio la casacca del figurante, cucita dal centrosinistra, e indossare la maglia del primatista, spedita direttamente da palazzo Grazioli a Roma. Le tragedie danno nettezza ai caratteri. I successi li rafforzano.
Nei cinque mesi del suo governo, Chiodi ha conosciuto la tragedia del terremoto e il successo delle elezioni, e ne esce trasformato da politico locale, quasi sconosciuto fuori dai confini della provincia di Teramo, a capopartito. Parabola rapida e luminosa, vaticinata dal rapporto sempre più stretto con Silvio Berlusconi. Amicizia fresca, quella tra i due uomini politici, nata pochi mesi prima delle elezioni regionali, quando Chiodi decide di dimettersi da sindaco di Teramo e di proporsi alla candidatura della regione per il centrodestra. Chiodi si muove con prudenza, perché in Forza Italia e An ci sono almeno tre candidature pesanti: i senatori Filippo Piccone e Fabrizio Di Stefano e il consigliere uscente Giuseppe Tagliente. Berlusconi però vuole una faccia nuova, una persona che non abbia avuto a che fare col governo regionale di Del Turco neanche dall'opposizione.
Come prima mossa va a trovare Maria Teresa Letta ad Avezzano. La signora Letta, presidentessa della Croce Rossa abruzzese, è la sorella di Gianni il braccio destro del premier. La mossa si rivela decisiva, perché quando Berlusconi chiede a Letta chi sia questo sconosciuto pretendente alla presidenza della Regione, Gianni chiama la sorella e le chiede una relazione scritta. La professoressa si mette al lavoro e traccia un profilo positivo del candidato. Qualche giorno dopo Berlusconi invita Chiodi a Palazzo Grazioli assieme alla famiglia. A fine cena il cavaliere prende la sua decisione e comunica al neonato Pdl abruzzese che il candidato a Palazzo Centi sarà il sindaco di Teramo.
Cosa ha convinto Berlusconi? Lo dice lui stesso nel comizio di presentazione del candidato all'Aquila il 23 novembre. «Chiodi non è un politico di professione, ha avuto un'esperienza sia all'opposizione che come sindaco della città, dunque ha la preparazione amministrativa ideale. E poi ha equilibrio».
Sono probabilmente gli stessi giudizi espressi nella relazione di Maria Teresa Letta. A questi Berlusconi ne aggiunge un altro, di conio certamente personale: «E poi Gianni è bello».
Per Berlusconi la campagna elettorale abruzzese è qualcosa di più di un fatto locale. Lo scrive Le Monde in un reportage del 3 dicembre titolato "Berlusconi nella battaglia d'Abruzzo". Per il Cavaliere, spiega il quotidiano parigino, il voto abruzzese è un'occasione per sfatare le voci di un premier sofferente in salute e in crisi di consensi politici. E Berlusconi si impegna. Viene quattro volte in Abruzzo. Il 6 dicembre, un sabato, si presenta addirittura all'improvviso a Pescara, spiazzando il suo stesso partito.
Chiodi ne capitalizza la vitalità, si muove abilmente senza forzare i toni della campagna elettorale e alla fine vince le elezioni. Dopo qualche giorno comincia a costruire la squadra di governo cercando di tenere i partiti fuori dalla porta, mentre il rapporto diretto con Berlusconi si rafforza. L'autonomia di Chiodi dai partiti si vede anche dalle provenienze dei suoi assessori. Il presidente si circonda di fedelissimi, quattro assessori sono teramani (uno di loro, Mauro Di Dalmazio, è stato il più votato al Comune di Teramo). Nessun assessore è aquilano. Chiodi teorizza questa scelta: «Se voglio essere credibile non posso essere condizionabile. Devo rendere conto agli abruzzesi e non ai partiti».
Il terremoto salda definitivamente l'asse Berlusconi-Chiodi, anche se mette il governatore in una posizione non facile. L'interventismo del premier (è 13 volte all'Aquila) e il ruolo nella ricostruzione del commissario Guido Bertolaso rischiano di schiacciarlo sullo sfondo (un rischio colto dal Partito democratico che lo tratta da comprimario senza ruolo in commedia). Però quello che per Chiodi è un rischio si rivela una realtà per i dirigenti del Pdl, che scompaiono di fatto dalla scena regionale, mentre l'immagine pubblica di Chiodi cresce. Una immagine sbiadita, come accusano i suoi avversari? Cosa importa? L'immagine viaggia ed è quello che conta. Viaggia anche Chiodi tra L'Aquila e Roma dove strappa accordi importanti, almeno sulla carta (come quello per le infrastrutture da 6 miliardi a pochi giorni dal voto). E comincia a viaggiare anche in campagna elettorale. Per presentare la candidatura di Luigi Albore Mascia a sindaco di Pescara diserta persino una delle tante visite di Berlusconi all'Aquila. Impossibile che tra i due non ci fosse accordo. Qui la saldatura è totale: Berlusconi si muove solo sull'Aquila tenendosi lontano dai comizi elettorali (tranne qualche intervista alle tv locali), Chiodi si muove nel resto della Regione promuovendo incontri elettorali. Il partito? Fa quel che può. Il terremoto ha cambiato la regione, e con la regione ha cambiato la politica e gli assetti dei gruppi dirigenti.
La partita del voto è diventata una partita a due: il ticket Berlusconi-Chiodi contro il centrosinistra. E la notte dell'8 giugno, a urne ancora fumanti, Chiodi fa una dichiarazione che più chiara non può essere: «Gli elettori abruzzesi hanno premiato la politica dei fatti. Segno che ha funzionato al meglio il raccordo che, come in occasione del tragico evento del sisma, c'è stato e continua ad esserci tra giunta regionale, governo centrale ed amministrazioni locali. La gente d'Abruzzo ha percepito la vicinanza dello Stato ed in particolare del premier e del suo governo e le attività che, come giunta regionale, stiamo sviluppando». Il Pdl? In Abruzzo sono io, dice Chiodi. Sommessamente, com'è nel suo stile, ma con decisione da leader.