La rianimazione scoppia e chiede rinforzi
«Ci servono più infermieri, mandateci quelli dell’Aquila rimasti senza reparto»
TERAMO. E’ uno dei reparti ospedalieri che più ha dato, in termini di energie, nell’emergenza sisma. E’ la rianimazione dell’ospedale di Teramo che fino a pochi giorni fa ha assistito 9 pazienti gravissimi schiacciati dalle macerie. E per far questo in pratica il personale ha svolto turni doppi.
Adesso i pazienti provenienti dall’Aquilano sono rimasti in quattro, ma l’emergenza non è passata. «I nove posti di questo reparto», spiega Domenico Cimini, caposala della rianimazione, «sono sempre occupati. D’altronde questo è un ospedale con molte specialistiche chirurgiche. La “pressione” non è destinata ad allentarsi: infatti andiamo incontro all’estate, in cui purtroppo il numero di traumi, statisticamente, aumenta. Non solo: dovremo sopperire alle esigenze di parte del territorio aquilano, visto che la rianimazione del San Salvatore è inagibile e presumibilmente lo resterà per altro tempo. Approntare un reparto di rianimazione, infatti, è molto complesso». In tutto questo ragionamento si inserisce la carenza di personale.
In teoria ci sono 4 infermieri per turno. «Ma dopo il tour del force e in imminenza dell’estate ho dovuto mandare un infermiere per turno in ferie. Quindi in teoria», spiega il caposala, «ogni infermiere deve assistere tre pazienti in condizioni critiche. I quattro pazienti terremotati, peraltro, hanno traumi da schiacciamento per cui devono essere sottoposti a dialisi. Un esempio: per cambiare le fasciature ai loro arti sono necessari due infermieri, per un’ora e mezza». Si tratta di malati che hanno bisogno di mille attenzioni. Non potrebbe essere altrimenti, ad esempio, con la donna con un grave trauma da schiacciamento rimasta sola perchè ha perso il marito e la figlia nel terremoto. O quella giovane rimasta tetraplegica, che ha perso una bimba di tre anni sotto le macerie e ha il resto della famiglia sparso in altri reparti e ospedali.
E se poi c’è un’urgenza o una consulenza in un altro reparto, cosa abbastanza frequente, la situazione collassa. «Finora abbiamo lavorato a ritmi infernali, saltando i riposi e raddoppiando le notti. Ora cerchiamo di dare a ognuno qualche giorno di ferie, ma è difficilissimo: rischiamo professionalmente tutti i giorni», incalza Cimini.
Una soluzione per ovviare al problema che attanaglia un reparto considerato il cuore dell’ospedale ci sarebbe. E il personale della rianimazione l’ha pure segnalata alla Asl, finora senza esito. «Ci sono tanti infermieri teramani che lavoravano all’ospedale dell’Aquila, ora inagibile», propone Cimini, «e tanti altri infermieri aquilani sfollati sulla costa teramana. Si tratta di persone che tornerebbero volentieri al lavoro all’ospedale di Teramo. Si potrebbe fare un avviso di mobilità verso la Asl teramana, in modo da rimpinguare il personale infermieristico. In rianimazione servirebbero almeno due infermieri in più, ma cinque sarebbero l’ottimale, tenendo conto che abbiamo un collega in malattia per una frattura».
Adesso i pazienti provenienti dall’Aquilano sono rimasti in quattro, ma l’emergenza non è passata. «I nove posti di questo reparto», spiega Domenico Cimini, caposala della rianimazione, «sono sempre occupati. D’altronde questo è un ospedale con molte specialistiche chirurgiche. La “pressione” non è destinata ad allentarsi: infatti andiamo incontro all’estate, in cui purtroppo il numero di traumi, statisticamente, aumenta. Non solo: dovremo sopperire alle esigenze di parte del territorio aquilano, visto che la rianimazione del San Salvatore è inagibile e presumibilmente lo resterà per altro tempo. Approntare un reparto di rianimazione, infatti, è molto complesso». In tutto questo ragionamento si inserisce la carenza di personale.
In teoria ci sono 4 infermieri per turno. «Ma dopo il tour del force e in imminenza dell’estate ho dovuto mandare un infermiere per turno in ferie. Quindi in teoria», spiega il caposala, «ogni infermiere deve assistere tre pazienti in condizioni critiche. I quattro pazienti terremotati, peraltro, hanno traumi da schiacciamento per cui devono essere sottoposti a dialisi. Un esempio: per cambiare le fasciature ai loro arti sono necessari due infermieri, per un’ora e mezza». Si tratta di malati che hanno bisogno di mille attenzioni. Non potrebbe essere altrimenti, ad esempio, con la donna con un grave trauma da schiacciamento rimasta sola perchè ha perso il marito e la figlia nel terremoto. O quella giovane rimasta tetraplegica, che ha perso una bimba di tre anni sotto le macerie e ha il resto della famiglia sparso in altri reparti e ospedali.
E se poi c’è un’urgenza o una consulenza in un altro reparto, cosa abbastanza frequente, la situazione collassa. «Finora abbiamo lavorato a ritmi infernali, saltando i riposi e raddoppiando le notti. Ora cerchiamo di dare a ognuno qualche giorno di ferie, ma è difficilissimo: rischiamo professionalmente tutti i giorni», incalza Cimini.
Una soluzione per ovviare al problema che attanaglia un reparto considerato il cuore dell’ospedale ci sarebbe. E il personale della rianimazione l’ha pure segnalata alla Asl, finora senza esito. «Ci sono tanti infermieri teramani che lavoravano all’ospedale dell’Aquila, ora inagibile», propone Cimini, «e tanti altri infermieri aquilani sfollati sulla costa teramana. Si tratta di persone che tornerebbero volentieri al lavoro all’ospedale di Teramo. Si potrebbe fare un avviso di mobilità verso la Asl teramana, in modo da rimpinguare il personale infermieristico. In rianimazione servirebbero almeno due infermieri in più, ma cinque sarebbero l’ottimale, tenendo conto che abbiamo un collega in malattia per una frattura».