Lavoro, 2020 posti in meno entro marzo
Abruzzo, previsioni Unioncamere sul 1º trimestre 2012: nel Chietino la flessione più forte
PESCARA. Nel primo trimestre del 2012 le imprese abruzzesi assumeranno 3.520 lavoratori, ma ne perderanno 5.540, con un saldo negativo di 2.020 addetti. E' la stima dell'indagine Unioncamente-Excelsior. A livello provinciale è Chieti ad avere le entrate più alte ma anche il peggior saldo negativo (a fronte di 1.140 assunzioni lasceranno il lavoro 1.760 unità), seguita da L'Aquila, Pescara e Teramo (vedi tabella). A livello settoriale, sarà soprattutto il settore delle costruzioni a ridurre maggiormente l'occupazione dipendente. In questo ambito, infatti, la variazione raggiungerà il -2,3%. In valori assoluti, saranno i servizi nel loro insieme a registrare la perdita occupazionale più consistente. Collegato alla difficile situazione delle imprese delle costruzioni, è l'andamento previsto dell'occupazione nelle industrie del legno e del mobile, dalle quali si attende il tasso di variazione negativo più consistente nella manifattura. Perdite superiori alla media sono attese soprattutto dal sistema moda e dalle industrie della lavorazione dei minerali non metalliferi. Su valori negativi ma inferiori alla media si dovrebbero invece posizionare la metallurgia e le industrie di fabbricazione di macchinari e attrezzature e dei mezzi di trasporto.
Nei servizi, le difficoltà delle famiglie e il conseguente calo dei consumi si rifletteranno soprattutto sull'andamento occupazionale del commercio (-0,6% per l'insieme del dettaglio e dell'ingrosso) e delle imprese della filiera turistica, dove il calo raggiungerà il -1,3%.
La quota più consistente di uscite è per scadenza di contratto. Saranno soprattutto gli occupati a tempo determinato i più colpiti dalla flessione occupazionale. L'indagine Unioncamere-Excelsior infatti prevede che il 46,7% delle uscite previste dalle imprese nel I trimestre di quest'anno sia motivato dalla scadenza del contratto in essere e dal suo mancato rinnovo. La quota sale al 50,9% nel settore dei servizi (è invece pari al 41,1% nell'industria), raggiunge il 48% nel caso delle medie e grandi imprese con oltre 50 dipendenti ed il 46,4% nelle micro imprese.
Il raggiungimento dei limiti di età pensionabile interesserà invece il 5,4% del totale delle uscite mentre a ragioni differenti dalle due precedenti si dovrà il 43,9% di uscite di personale.
A livello nazionale, a fronte di una riduzione di nuove assunzioni, aumenta anche la quota di figure che le imprese ritengono di difficile reperimento, che passa dal 17,5 al 18,6% delle entrate compressivamente programmate. Quota, inoltre, che aumenta nelle regioni del Nord e del Centro, mentre si riduce in quelle del Mezzogiorno. Si può quindi ritenere che le difficoltà di matching tra domanda e offerta di lavoro dipendano, in questa fase di perdurante debolezza della domanda, da un lato dal "volume" dell'offerta di lavoro (particolarmente consistente nel Mezzogiorno) e dall'altro dalla "qualità" della domanda, più elevata laddove ai processi di ristrutturazione delle imprese si accompagna un ricambio della forza lavoro.
Nei servizi, le difficoltà delle famiglie e il conseguente calo dei consumi si rifletteranno soprattutto sull'andamento occupazionale del commercio (-0,6% per l'insieme del dettaglio e dell'ingrosso) e delle imprese della filiera turistica, dove il calo raggiungerà il -1,3%.
La quota più consistente di uscite è per scadenza di contratto. Saranno soprattutto gli occupati a tempo determinato i più colpiti dalla flessione occupazionale. L'indagine Unioncamere-Excelsior infatti prevede che il 46,7% delle uscite previste dalle imprese nel I trimestre di quest'anno sia motivato dalla scadenza del contratto in essere e dal suo mancato rinnovo. La quota sale al 50,9% nel settore dei servizi (è invece pari al 41,1% nell'industria), raggiunge il 48% nel caso delle medie e grandi imprese con oltre 50 dipendenti ed il 46,4% nelle micro imprese.
Il raggiungimento dei limiti di età pensionabile interesserà invece il 5,4% del totale delle uscite mentre a ragioni differenti dalle due precedenti si dovrà il 43,9% di uscite di personale.
A livello nazionale, a fronte di una riduzione di nuove assunzioni, aumenta anche la quota di figure che le imprese ritengono di difficile reperimento, che passa dal 17,5 al 18,6% delle entrate compressivamente programmate. Quota, inoltre, che aumenta nelle regioni del Nord e del Centro, mentre si riduce in quelle del Mezzogiorno. Si può quindi ritenere che le difficoltà di matching tra domanda e offerta di lavoro dipendano, in questa fase di perdurante debolezza della domanda, da un lato dal "volume" dell'offerta di lavoro (particolarmente consistente nel Mezzogiorno) e dall'altro dalla "qualità" della domanda, più elevata laddove ai processi di ristrutturazione delle imprese si accompagna un ricambio della forza lavoro.
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