Legnini: con l'Udc il test è L'Aquila
Il senatore Pd: dopo l'apertura di De Laurentiis aspettiamo scelte coerenti
PESCARA. L'apertura al centrosinistra del leader regionale dell'Udc, Rodolfo De Laurentiis, può esseer l'inizio di un laboratorio che muti radicalmente la politica abruzzese. E' ciò che pensa Giovanni Legnini. Il senatore abruzzese del Pd spiega perché in questa intervista.
Che giudizio dà dell'apertura al centrosinistra di De Laurentiis?
«Per valutare la portata della presa di posizione di De Laurentiis, che naturalmente apprezzo molto, occorre considerare l'anomalia delle scelte politiche compiute in questi tre anni dall'Udc abruzzese. Mentre a Roma e all'Aquila era saldamente collocata all'opposizione, in Abruzzo l'Udc stipulava solo alleanze organiche con il Pdl, in quattro Province su quattro e in quasi tutti i comuni grandi e medi della regione in cui si è votato. Ricordo che il centrodestra in Abruzzo, senza quelle alleanze, non avrebbe vinto in tre Province su quattro e in quasi tutti i comuni».
Cosa'è cambiato da allora?
«E' accaduto che, nella primavera scorsa, nella provincia più generosa di consensi per l'Udc, quella di Chieti, quell'alleanza ha subìto una sonora sconfitta politica: a Vasto, a Lanciano e a Francavilla. In più, il quadro politico nazionale è rapidamente peggiorato, per le note vicende che coinvolgono il governo, e l'Udc ha accentuato la sua posizione di opposizione. De Laurentiis ha il merito di aver rimesso la palla al centro».
In che senso?
«Sulla base di un giudizio chiaro riguardante i fallimenti dei governi di Roma e dell'Aquila, si apre al confronto con noi e l'intero centrosinistra. Quindi, si configura, anche in virtù delle reazioni da parte di altre forze di centrosinistra, una situazione politica più avanzata di quella nazionale».
Quello che starebbe nascendo è una sorta di laboratorio politico abruzzese?
«Chiamiamolo come vogliamo, ma se agli intendimenti e alle prese di posizione di questi giorni seguiranno fatti coerenti e concreti, allora si può aprire un laboratorio politico tutto proteso a un cambiamento forte e radicale della politica nella nostra regione».
Quali sono i fatti coerenti e concreti da cui dipende l'avvio dell'alleanza con l'Udc?
«Di solito si dice che prima vengono i programmi e poi le alleanze. Noi vogliamo seguire fino in fondo questo iter logico e politico. Faccio un esempio. All'Aquila non è indifferente dire se si voglia oppure no superare il commissariamento che blocca, da due anni, la ricostruzione, restituendo al Comune poteri veri e risorse certe. Un'alleanza all'Aquila deve fondarsi su una scelta di questo tipo e su un'idea più efficace di ricostruzione oltreché su un giudizio relativo a ciò che non è stato fatto in questi anni».
Non pensa che ci sia il rischio che questa alleanza, per come sta nascendo, possa essere percepita dagli elettori come un'operazione fra vertici politici, fra apparati di partito?
«Dobbiamo evitare che ciò accada perché sarebbe un errore e perché l'Abruzzo ha bisogno di grandi cambiamenti, e i grandi cambiamenti si producono quando c'è un movimento di idee molto forte che coinvolge i cittadini, le categorie e naturalmente la politica».
Quale può essere il terreno pratico di questo coinvolgimento?
«Gli esempi potrebbero essere molteplici. Riprendo l'esempio che ho fatto prima sul problema più rilevante che ha la nostra regione: la ricostruzione dell'Aquila che, dopo un'immensa tragedia, è una grande opportunità per l'intera regione. Non mi spiego perché non vengano fissate delle regole che consentano alle imprese abruzzesi di essere le prime protagoniste della ricostruzione, evitando una colonizzazione che è già in atto. Il Pil e l'occupazione nella nostra regione saranno segnati dalla qualità e dall'intensità del programma di ricostruzione. Ci vogliamo appassionare o no a questo tema?».
Il senatore Piccone del Pdl ha detto che l'apertura di De Laurentiis al centrosinistra finirebbe nel momento in cui Legnini si candidasse lui alla presidenza della Regione. E' una previsione sbagliata?
«Ringrazio Piccone. Conosco De Laurentiis e lo stimo e so che la contestazione che gli viene rivolta è priva di fondamento. La sua presa di posizione e la nostra disponibilità sono l'inizio non la conclusione di un percorso. Quindi, non mi sembra una fuga in avanti, ma un serio tentativo di allineare la posizione dell'Udc abruzzese a quella nazionale. I candidati a tutte le cariche elettive, compresa quella di presidente della Regione, si decidono a tempo debito. Chi fa il candidato due anni prima è difficile che arrivi alla mèta. Io credo che né De Laurentiis né il Pd abruzzese faranno errori di questo tipo. Il candidato presidente si indica dopo aver superato le tappe intermedie, che sono diverse: le elezioni amministrative dell'anno prossimo, quelle politiche e gli altri appuntamenti. E' dopo aver constatato i risultati di questo cammino che si decidono le candidature. L'importante, e parlo per me, è non anteporre le aspirazioni personali al progetto politico».
Che giudizio dà dell'apertura al centrosinistra di De Laurentiis?
«Per valutare la portata della presa di posizione di De Laurentiis, che naturalmente apprezzo molto, occorre considerare l'anomalia delle scelte politiche compiute in questi tre anni dall'Udc abruzzese. Mentre a Roma e all'Aquila era saldamente collocata all'opposizione, in Abruzzo l'Udc stipulava solo alleanze organiche con il Pdl, in quattro Province su quattro e in quasi tutti i comuni grandi e medi della regione in cui si è votato. Ricordo che il centrodestra in Abruzzo, senza quelle alleanze, non avrebbe vinto in tre Province su quattro e in quasi tutti i comuni».
Cosa'è cambiato da allora?
«E' accaduto che, nella primavera scorsa, nella provincia più generosa di consensi per l'Udc, quella di Chieti, quell'alleanza ha subìto una sonora sconfitta politica: a Vasto, a Lanciano e a Francavilla. In più, il quadro politico nazionale è rapidamente peggiorato, per le note vicende che coinvolgono il governo, e l'Udc ha accentuato la sua posizione di opposizione. De Laurentiis ha il merito di aver rimesso la palla al centro».
In che senso?
«Sulla base di un giudizio chiaro riguardante i fallimenti dei governi di Roma e dell'Aquila, si apre al confronto con noi e l'intero centrosinistra. Quindi, si configura, anche in virtù delle reazioni da parte di altre forze di centrosinistra, una situazione politica più avanzata di quella nazionale».
Quello che starebbe nascendo è una sorta di laboratorio politico abruzzese?
«Chiamiamolo come vogliamo, ma se agli intendimenti e alle prese di posizione di questi giorni seguiranno fatti coerenti e concreti, allora si può aprire un laboratorio politico tutto proteso a un cambiamento forte e radicale della politica nella nostra regione».
Quali sono i fatti coerenti e concreti da cui dipende l'avvio dell'alleanza con l'Udc?
«Di solito si dice che prima vengono i programmi e poi le alleanze. Noi vogliamo seguire fino in fondo questo iter logico e politico. Faccio un esempio. All'Aquila non è indifferente dire se si voglia oppure no superare il commissariamento che blocca, da due anni, la ricostruzione, restituendo al Comune poteri veri e risorse certe. Un'alleanza all'Aquila deve fondarsi su una scelta di questo tipo e su un'idea più efficace di ricostruzione oltreché su un giudizio relativo a ciò che non è stato fatto in questi anni».
Non pensa che ci sia il rischio che questa alleanza, per come sta nascendo, possa essere percepita dagli elettori come un'operazione fra vertici politici, fra apparati di partito?
«Dobbiamo evitare che ciò accada perché sarebbe un errore e perché l'Abruzzo ha bisogno di grandi cambiamenti, e i grandi cambiamenti si producono quando c'è un movimento di idee molto forte che coinvolge i cittadini, le categorie e naturalmente la politica».
Quale può essere il terreno pratico di questo coinvolgimento?
«Gli esempi potrebbero essere molteplici. Riprendo l'esempio che ho fatto prima sul problema più rilevante che ha la nostra regione: la ricostruzione dell'Aquila che, dopo un'immensa tragedia, è una grande opportunità per l'intera regione. Non mi spiego perché non vengano fissate delle regole che consentano alle imprese abruzzesi di essere le prime protagoniste della ricostruzione, evitando una colonizzazione che è già in atto. Il Pil e l'occupazione nella nostra regione saranno segnati dalla qualità e dall'intensità del programma di ricostruzione. Ci vogliamo appassionare o no a questo tema?».
Il senatore Piccone del Pdl ha detto che l'apertura di De Laurentiis al centrosinistra finirebbe nel momento in cui Legnini si candidasse lui alla presidenza della Regione. E' una previsione sbagliata?
«Ringrazio Piccone. Conosco De Laurentiis e lo stimo e so che la contestazione che gli viene rivolta è priva di fondamento. La sua presa di posizione e la nostra disponibilità sono l'inizio non la conclusione di un percorso. Quindi, non mi sembra una fuga in avanti, ma un serio tentativo di allineare la posizione dell'Udc abruzzese a quella nazionale. I candidati a tutte le cariche elettive, compresa quella di presidente della Regione, si decidono a tempo debito. Chi fa il candidato due anni prima è difficile che arrivi alla mèta. Io credo che né De Laurentiis né il Pd abruzzese faranno errori di questo tipo. Il candidato presidente si indica dopo aver superato le tappe intermedie, che sono diverse: le elezioni amministrative dell'anno prossimo, quelle politiche e gli altri appuntamenti. E' dopo aver constatato i risultati di questo cammino che si decidono le candidature. L'importante, e parlo per me, è non anteporre le aspirazioni personali al progetto politico».
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