Maraini: basta violenze sulle donne
La scrittrice: siano ancora vittime di tanti soprusi
L'AQUILA «Le donne reggono metà del cielo», recita un proverbio cinese. Citazione cara a Dacia Maraini, scrittrice dei nostri tempi, emblema di un'emancipazione che propone un nuovo modello di donna, coraggiosa ed energica, con l'entusiasmo di chi vuole cambiare il mondo e il corso della propria esistenza. Ciò che traspare dai suoi racconti. Ed è così, ben lontana da stereotipi femministi, che la Maraini definisce la festa dell'8 marzo: un omaggio alla memoria di un gruppo di giovani americane, sottoposte a inaccettabili condizioni di lavoro in fabbrica, dove hanno trovato la morte. Eppure l'universo femminile, così intenso e variegato, fatica ancora oggi a ritagliarsi uno spazio nel mondo. Troppo spesso le donne diventano vittime di soprusi e inaudita violenza, con il bavaglio imposto da dogmi della società duri a morire. Dacia Maraini descrive così quell'universo.
L'8 marzo come espressione di un femminismo esasperato o rivendicazione di quel ruolo centrale che la donna ha faticosamente conquistato nella società e che, troppo spesso, le viene negato?
«Penso all'8 marzo come a una festa simbolica, da non demonizzare. Come nessuno demonizza il 1º maggio. Una giornata nata in ricordo di alcune donne americane, che hanno perso la vita in una fabbrica priva di uscite di sicurezza, dove lavoravano in condizioni disumane, per tirare avanti la famiglia. Nulla a che fare con il femminismo nel senso ideologico del termine: solo la rievocazione di un episodio triste e doloroso, che ripropone tutte le problematiche legate alla sofferenza della donna, oggi come ieri».
La sensibilità di Dacia Maraini alle tematiche femminili è spesso al centro dei suoi romanzi. Perché?
«L'emancipazione femminile nell'ultimo secolo ha compiuto passi da gigante, ma nel mondo ci sono ancora donne che non hanno il permesso di guidare, votare, parlare. Private di ogni diritto, subalterne al potere forte degli uomini. Ci sono centinaia di donne che vengono barbaramente uccise, stuprate, cadono per mano dei familiari in un vortice di violenza che, spesso, si consuma tra le mura domestiche. In molti non sopportano il ruolo assunto dalle donne, la loro forza crescente. L'aumento della violenza potrebbe essere interpretato come un'indicazione di fastidio verso quella che storicamente veniva considerata la parte debole e fragile della società».
Se non ora quando è l'associazione sorta in difesa delle donne e a sostegno di un modello diverso e più profondo di femminilità. Una donna, innanzitutto, pensante. Condivide le battaglie di piazza che l'associazione porta avanti?
«Un'iniziativa bellissima, nata da un gruppo di donne di diversa provenienza e appartenenza politica e religiosa, che lottano contro un modello degradante, lesivo della dignità della donna stessa. Sono con loro, anche se non figuro tra le promotrici. E' giusto che ogni tanto le donne si facciano sentire, che dicano all'opinione pubblica: siamo qui, esistiamo. Di donne pensanti, attive e impegnate nella vita sociale, fortunatamente, se ne contano moltissime».
Del recente episodio di violenza avvenuto in una discoteca di Pizzoli, ai danni di una giovanissima, cosa pensa?
«Conosco molti ragazzi indignati per quanto accaduto. Non bisogna mai generalizzare i comportamenti. Ritengo sia una questione di cultura, non di lotta tra sessi. L'alleanza tra uomo e donna è fondamentale per la crescita della società, non va mai sottovalutata. Esiste, tuttavia, una struttura violenta e prepotente che crede ancora in una razza debole e inferiore, quella femminile. Un modello da combattere».
Se dovesse scegliere due donne-simbolo, da portare come esempio di vita, chi citerebbe?
«Suor Rita Carretta, che ammiro molto. Lavora a Caserta e raccoglie le prostitute dalla strada, rischiando ogni giorno la vita. Su un altro piano, Emma Bonino, che fa politica da tanti anni in modo onesto e pulito».
I grandi temi sociali, l'essenza delle donne, la ricerca di un'identità perduta sono al centro delle sue opere. C'è un personaggio femminile che predilige?
«Tanti, ognuno per la sua naturale particolarità. Parlo sempre di donne coraggiose e volitive, energiche e passionali, piene di iniziativa. Spiriti liberi, amabili e imprevedibili».
L'8 marzo come espressione di un femminismo esasperato o rivendicazione di quel ruolo centrale che la donna ha faticosamente conquistato nella società e che, troppo spesso, le viene negato?
«Penso all'8 marzo come a una festa simbolica, da non demonizzare. Come nessuno demonizza il 1º maggio. Una giornata nata in ricordo di alcune donne americane, che hanno perso la vita in una fabbrica priva di uscite di sicurezza, dove lavoravano in condizioni disumane, per tirare avanti la famiglia. Nulla a che fare con il femminismo nel senso ideologico del termine: solo la rievocazione di un episodio triste e doloroso, che ripropone tutte le problematiche legate alla sofferenza della donna, oggi come ieri».
La sensibilità di Dacia Maraini alle tematiche femminili è spesso al centro dei suoi romanzi. Perché?
«L'emancipazione femminile nell'ultimo secolo ha compiuto passi da gigante, ma nel mondo ci sono ancora donne che non hanno il permesso di guidare, votare, parlare. Private di ogni diritto, subalterne al potere forte degli uomini. Ci sono centinaia di donne che vengono barbaramente uccise, stuprate, cadono per mano dei familiari in un vortice di violenza che, spesso, si consuma tra le mura domestiche. In molti non sopportano il ruolo assunto dalle donne, la loro forza crescente. L'aumento della violenza potrebbe essere interpretato come un'indicazione di fastidio verso quella che storicamente veniva considerata la parte debole e fragile della società».
Se non ora quando è l'associazione sorta in difesa delle donne e a sostegno di un modello diverso e più profondo di femminilità. Una donna, innanzitutto, pensante. Condivide le battaglie di piazza che l'associazione porta avanti?
«Un'iniziativa bellissima, nata da un gruppo di donne di diversa provenienza e appartenenza politica e religiosa, che lottano contro un modello degradante, lesivo della dignità della donna stessa. Sono con loro, anche se non figuro tra le promotrici. E' giusto che ogni tanto le donne si facciano sentire, che dicano all'opinione pubblica: siamo qui, esistiamo. Di donne pensanti, attive e impegnate nella vita sociale, fortunatamente, se ne contano moltissime».
Del recente episodio di violenza avvenuto in una discoteca di Pizzoli, ai danni di una giovanissima, cosa pensa?
«Conosco molti ragazzi indignati per quanto accaduto. Non bisogna mai generalizzare i comportamenti. Ritengo sia una questione di cultura, non di lotta tra sessi. L'alleanza tra uomo e donna è fondamentale per la crescita della società, non va mai sottovalutata. Esiste, tuttavia, una struttura violenta e prepotente che crede ancora in una razza debole e inferiore, quella femminile. Un modello da combattere».
Se dovesse scegliere due donne-simbolo, da portare come esempio di vita, chi citerebbe?
«Suor Rita Carretta, che ammiro molto. Lavora a Caserta e raccoglie le prostitute dalla strada, rischiando ogni giorno la vita. Su un altro piano, Emma Bonino, che fa politica da tanti anni in modo onesto e pulito».
I grandi temi sociali, l'essenza delle donne, la ricerca di un'identità perduta sono al centro delle sue opere. C'è un personaggio femminile che predilige?
«Tanti, ognuno per la sua naturale particolarità. Parlo sempre di donne coraggiose e volitive, energiche e passionali, piene di iniziativa. Spiriti liberi, amabili e imprevedibili».
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